Quattro ambulanze notturne per l’intero territorio provinciale
24 Ottobre 2014
Lo scorso 2 ottobre il “Disegno di Legge Telesca” è stato approvato dal Consiglio Regionale con 27 voti a favore, 4 astenuti e 15 contrari.Già dai prossimi mesi quindi assisteremo a quella che si preannuncia come una “rivoluzione”, che vedrà la conferma di alcuni nosocomi e l’accorpamento o declassamento di altri.Innanzitutto la riforma porterà ad un trasferimento delle risorse dall’ambito ospedaliero a quello territoriale, con lo spostamento di 100 milioni di euro dal primo verso il secondo. Dei 2,2 miliardi attualmente spesi in Sanità, ripartiti al 50% sugli ospedali e al 45% sul territorio, vedranno l’inversione delle due percentuali, portando così appunto una disponibilità di 100 milioni di euro in più a livello territoriale. Il restante 5% sarà mantenuto per la prevenzione.
Come si configurerà la nuova sanità regionale
La riforma pone la suddivisione della Regione su tre strutture principali, i cosiddetti “hub” (= perno, snodo), collocati a Pordenone, Trieste e Udine. A questi tre ospedali di primo livello faranno riferimento i “secondari” o “spoke” (= raggio, derivazione), ossia quelli che serviranno ad un bacino di utenza compreso tra gli 80 mila ed i 150 mila abitanti. Di questi “spoke” faranno parte le strutture ospedaliere di Gorizia e Monfalcone, che faranno capo a quella di Trieste, Latisana, Palmanova, San Daniele e Tolmezzo con riferimento a Udine, San Vito al Tagliamento e Spilimbergo con dipendenza da Pordenone.Le nuove “Aziende per l’Assistenza Sanitaria” passeranno dalle attuali 6 a 5, per la precisione saranno la n.1 Triestina, n.2 Isontina – Bassa Friulana, n.3 Collinare – Alto Friuli, n.4 Friuli Centrale, n.5 Friuli Occidentale. Per le due Aziende Ospedaliero – Universitarie ci sarà una gestione commissariale, che dovrebbe venire stipulata in un protocollo con la Regione nei prossimi mesi, che le porterà ad assumere la nuova configurazione come “Aziende Sanitarie Universitarie Integrate” entro i prossimi due anni.All’interno della riforma è prevista anche la nascita dell’Ente per la gestione accentrata dei Servizi Sanitari, che dovrebbe fungere da “snodo” per la gestione degli appalti per i lavori pubblici e la parte amministrativa.Al momento dell’approvazione della riforma, le contestazioni si sono avute riguardo l’articolo 34 della Legge, che tratta della riconversione delle strutture ospedaliere: la parte montana si troverà ad avere come punto di riferimento il solo ospedale di Tolmezzo, dal momento che Gemona, insieme con Cividale, Maniago, Sacile e parte dell’ospedale “Maggiore” di Trieste vedranno una riconversione per lo svolgimento di attività distrettuali sanitarie e sociosanitarie, assumendo la nuova definizione di “Presidi Ospedalieri per la Salute”.I posti letto vedranno una riduzione di circa 600 posti rispetto ai 4.700 esistenti (entrando nello specifico saranno 3 ogni 1000 abitanti per le casistiche “acute”, 0,7 ogni 1000 abitanti per la parte riabilitativa, ripartiti tra strutture ospedaliere e residenze intermedie).
Cosa cambia per l’isontino
Oltre al citato passaggio a strutture “spoke” degli ospedali di Gorizia e Monfalcone, ci sarà anche una riorganizzazione dei reparti – non un vero e proprio ridimensionamento quindi -.Il cambiamento che ha fatto maggiormente discutere negli scorsi mesi è quello del Punto Nascite, che da Gorizia passerà interamente sotto gestione del “San Polo” di Monfalcone. Saranno mantenute invece alcune peculiarità che, all’interno della riforma, farebbero capo agli ospedali di primo livello: Urologia, Neurologia, Cardiologia permarranno a Gorizia; Pediatria, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Laboratorio di Analisi e Microbiologia saranno conservate da Monfalcone.Tra le “perdite” l’amministrazione comunale del capoluogo isontino ha segnalato due ambulanze in meno, che porteranno ad una copertura notturna con quattro mezzi su tutto il territorio provinciale e la mancata decisione nella riforma riguardo i servizi di TAC a 64 strati (più specifica), trombolisi e assistenza domiciliare. L’amministrazione monfalconese invece attende di sapere come verrà gestita la situazione del Centro Amianto, che vorrebbe vedere inserito come servizio all’interno della riforma regionale.
Notizie Correlate