L’amore si misura anche nell’accoglienza ai fratelli

Penso che l’accoglienza, intesa in senso profondo, riguardi direttamente la nostra fede. È infatti misura ed effetto dell’accogliere Dio nella nostra vita. Maria, la Madre del Signore né è il grande modello. Ella ci insegna anche che accoglienza ed ascolto stanno insieme: lei accoglie Gesù nel suo grembo perché ascolta la Parola. Per questo Maria è grande anzitutto per la fede: “Beata colei che ha creduto”. Una Chiesa che ascolta ed accoglie è appunto il titolo della lettera pastorale dell’Arcivescovo. Frutto dell’ascolto/accoglienza nella fede è l’amore (Maria genera Cristo al mondo) che si misura proprio nel generare nuovi cristiani e nell’accoglienza dei fratelli.L’accoglienza non è quindi solo una questione di forme esteriori, di tecniche comunicative o di qualche nuovo espediente pastorale ma un autentico cammino di conversione personale e comunitario. L’accoglienza del prossimo è qualcosa di profondamente interiore: saper far spazio nel nostro cuore all’altro, rispettarlo, valorizzarlo, farsi prossimo, prendersi cura delle sue sofferenze, delle sue ferite e fatiche. Nel vangelo Gesù usa il termine “avere compassione” che in italiano significa letteralmente patire/sentire-con l’altro. Detto questo, come tradurre in scelte pastorali concrete? Intanto convertirci: crescere nella fede e nell’amore, nutrendoci della Parola e diventarne autentici ascoltatori. Sarebbe già una grande cosa impegnarci tra di noi, stretta cerchia dei “praticanti” e collaboratori, ad accoglierci nel cuore: valorizzarci, ascoltarci, prendersi cura l’uno dell’altro, non mormoraci alle spalle ma  piuttosto “gareggiare nello stimarsi a vicenda”.  Una comunità risulta accogliente se in essa ci sono questi legami di amore. Se l’amore davvero circola tra noi questo attira gli altri, anche i lontani che osservandoci potranno dire: “Guarda come si amano!”. Accoglieremo anzitutto attirando con l’amore, un po’ come attira il profumo del pane quando passi davanti ad un forno. Sembrano discorsi astratti ma penso siano assolutamente necessari, altrimenti ogni iniziativa sarà solo formale e dal sapore dell’ipocrisia.  L’ideale in una parrocchia come la nostra, dove molte famiglie nuove vengono ad abitare o che vediamo per la prima volta in occasione della richiesta dei sacramenti, sarebbe avere dei gruppi di famiglie che si frequentano in nome della fede e dove si cerca di vivere questo amore. Ci proponiamo quest’anno di farne crescere alcuni.Pensiamo sarebbe utile un ministero dell’accoglienza durante la S. Messa: una o più persone all’ingresso accolgono le persone, offrono il foglietto  parrocchiale e il libretto dei canti, indicano i posti liberi a sedere ed il servizio di animazione in sacrestia per i più piccoli.   Senza dubbio sarebbe bello che le famiglie che frequentano si preoccupino di fare visita a quelle nuove del vicinato.  Assolutamente importante è la visita del parroco alle famiglie, a partire da quelle che chiedono i sacramenti per i loro figli, che vivono situazioni difficili, malattie o eventi luttuosi. Quando riesco a farlo devo dire che ne ricevo tantissimo e ho proprio sensazione di entrare nella “carne” della mia comunità. Senza dubbio è per me uno degli aspetti più belli e fecondi del ministero del pastore d’anime. Anche di questo, oltre alla conversione e crescita personale, mi propongo di farne un punto del programma annuale.