La crisi ha colpito duro i settimanali diocesani
4 Gennaio 2015
Il 2014 probabilmente passerà alla storia come uno degli anni più bui della Fisc. Qual è lo stato di salute attuale dei settimanali?“Il 2014 è uno degli anni più bui a motivo della crisi economica che incide anche sulla vita delle nostre redazioni. Diminuisce la pubblicità, diminuiscono gli abbonamenti e le vendite in edicola, nonostante la carta stampata locale tenga molto di più rispetto a quella nazionale. E, purtroppo, diminuiscono in maniera costante e rapida, fino ormai all’estinzione, i contributi pubblici all’editoria. Tutti questi fattori stanno mettendo in crisi l’intero sistema, compresi i nostri giornali”.Una situazione complessa, insomma, in cui il nodo più intricato è rappresentato dai tagli al Fondo per l’editoria. Certo è che, complice anche la crisi, l’opinione pubblica non vede con favore il sostegno pubblico ai giornali…“I contributi non sono un regalo di Stato a una casta di privilegiati. Lo ribadisco per l’ennesima volta, ma non mi stancherò mai di ripeterlo, perché quanto passa nell’opinione pubblica non corrisponde alla realtà. Si tratta di un sostegno al pluralismo nell’informazione. Invece, continua a passare un ostracismo basato sull’emotività e non sul ragionamento. La verità sta tutta nella risposta a una semplice domanda: è meglio avere due o tre giornali tra cui scegliere quando si va in edicola o alcune decine? È preferibile una sola voce o diverse voci?”.In che modo i settimanali si stanno riposizionando rispetto a questi sostegni che vengono meno?“Da tempo siamo convinti che bisogna pensare ai nostri giornali come se i contributi non esistessero. Il guaio è che il taglio drastico è avvenuto in un periodo terribile e senza preavviso. L’ultima sforbiciata è relativa ai contributi 2013 già messi in bilancio. Su questi, diversi giornali hanno avuto anticipazioni bancarie. Solo qualche settimana fa il governo, per vie informali, ha fatto sapere che l’intero Fondo era di 20 milioni di euro, poi raddoppiati per raggiungere circa il 50% della dotazione dello scorso anno. Questo significa che noi, confinati in quella che io chiamo riserva indiana del 5% (quella dei periodici non profit), dovremo dividere 2 milione di euro: circa 1 milione per i 70 settimanali Fisc che prendono contributi. Tre anni fa, nonostante i tagli, eravamo a 3,9 milioni di euro per i soli giornali Fisc”.Ci sono margini per poter sperare in un’inversione di tendenza?“Il territorio, che da sempre ci caratterizza, può costituire la nostra carta vincente. E poi ci sono la passione per il nostro lavoro e per l’uomo, quello che vive nelle periferie, senza dimenticare le questioni italiane e del mondo intero. Grazie al Sir, intuizione geniale dei nostri fondatori, possiamo spaziare su ogni argomento. Nulla è escluso dall’interesse dei nostri giornali, come nulla è escluso dall’esperienza cristiana. Ed è proprio su questa che dobbiamo fondare l’inversione di tendenza. I nostri giornali devono farsi sempre più compagni di viaggio, devono farsi prossimi all’uomo di oggi, spesso smarrito, disorientato, in cerca di senso”.Come sarà il 2015 per i settimanali? Come vede il futuro al netto dei vari problemi?“Il nostro futuro sarà sempre accanto alla gente e alla ricerca della verità. Non potrà mai essere diverso il nostro modo di lavorare. Per tanti dei nostri giornali è così da oltre 100 anni. La nostra storia e la nostra tradizione sono certamente importanti, ma vanno interpretate nel contesto di questi anni difficili. In ogni caso, l’anelito alla felicità che alberga in ogni cuore umano rimane inalterato, da sempre. È lì che possiamo farci prossimi, alla maniera del buon samaritano”.
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