Un luogo nel quale mi sono sentita a casa
18 Gennaio 2015
31 dicembre 2014: si parte! Niente cenone, niente pailettes, niente brindisi, niente fuochi d’artificio … la fine di un anno e l’inizio di qualcosa di più.Atterraggio a Tel Aviv: ore 02.00 … aeroporto deserto ma un ricordo preciso: gli sguardi dei miei compagni di viaggio; assonnati sì, ma curiosi, attenti, emozionati … eravamo arrivati. Il nostro viaggio era terminato … ma stavamo già ripartendo per cominciare il nostro pellegrinaggio.Un’immagine di quella notte: il muro. Ho concretizzato un pensiero: “Ma io non sono in Terrasanta? La Terrasanta non dovrebbe essere il luogo dove io posso rivolgere la mia mente al cielo, dove posso staccare cuore e occhi da qualunque cartografia moderna e dove posso vivere da pellegrina i miei giorni … e invece l’immagine di soldati israeliani al check-point tra Gerusalemme e Betlemme mi ha purtroppo subito presentato la Terrasanta della storia contemporanea: una storia di conflitti, di morti, di feriti e di intere generazioni cresciute nell’odio e nella paura.Vedo luoghi, ascolto letture bibliche, mi guardo intorno incuriosita da tutto, tocco pietre di un passato lontano almeno quanto il racconto che sto ascoltando e allora provo ad immaginare chi 2000 anni fa in quei luoghi ci viveva.La sensazione al calare del sole del primo giorno di pellegrinaggio è quella di essere nel posto giusto. Quando ti trovi davanti alla grotta a Betlemme e sai che quella non è “UNA GROTTA”, ma è “LA GROTTA”, dimentichi la razionalità e lasci spazio a un’emozione grande, prorompente, che conservo nel cuore … il mio pensiero da questo momento in poi è stato: “ma allora questi posti esistono veramente!”.Le storie raccontate collimano perfettamente con i luoghi visitati e adorati e la mia sensazione è sempre più quella di essere a casa poiché sento sprofondare le mie radici in quei luoghi e in quei racconti.Luoghi isolati e magici come il Monte Tabor, maestosi come Cafarnao, incantati come il monte delle Beatitudini e imprevedibili nella loro bellezza come il lago di Tiberiade.Nazaret mi stupisce un po’, forse un po’ mi delude, troppo nuova … e non ha nemmeno il carattere di una città orientale, ma appena mi accosto ai luoghi, anche qui la tradizione racconta di fatti svolti nel Vangelo che lascerebbero senza parole anche il più moderno San Tommaso: la fonte di Maria, la grotta dell’Annunciazione, la bottega di Giuseppe.Ed ecco due momenti per me molto importanti che lasciano un indelebile segno nel percorso: il rinnovo delle promesse matrimoniali a Cana – dove sono stata contemporaneamente sposa e testimone – e la conferma della nostra fede nel rito battesimale sul fiume Giordano.Il pellegrinaggio continua.Avvolta da una sottile nebbia, quasi diafana e immateriale, soffusa di una strana luce dorata che si ritrova sempre in questo cielo di oriente, mi appare Gerusalemme. Chi è seduto al mio fianco scorge già le tracce più vive della guerra crociata e io sorrido pensando ai versi del Tasso nella Gerusalemme liberata.Le mura sono imponenti e massicce e al loro interno sono custoditi luoghi come il Cenacolo che sono indescrivibili ma che lasciano il segno.Piove ed è buio quando attraversiamo la bellissima e maestosa porta di Damasco per la prima volta, la via si restringe, diviene irregolare, sporgono piccole botteghe (chiuse a quell’ora) e tanti archi. Le stradine si incrociano come in un misterioso labirinto. Scendiamo una via a gradini e sbocchiamo in uno spiazzo, è così popolare eppure è così nuovo per me: è il Muro Occidentale del Tempio di Salomone, quanto resta della potenza e della gloria del regno Giudeo. Ci sono uomini e donne di ogni età e di ogni condizione che piangono e pregano. Ho pregato anch’io.È surreale come nell’arco di cento metri ci siano luoghi di culto importanti per i Musulmani, gli Ebrei venerano ciò che resta dell’antico Tempio e noi abbiamo percorso la Via Dolorosa fino al luogo dove è stato sepolto Gesù.Tutta la Via Crucis serpeggia nel labirinto delle botteghe arabe per stretti vicoli pieni di persone e bancarelle. Ma che importa? L’immaginazione e il raccoglimento ci aiutano e la strada del nostro pellegrinaggio giunge con emozione al Golgota e al Santo Sepolcro.Entriamo: quello che vedo davanti ai miei occhi sono ori, icone di riti latini, greci, armeni, copti … e fra tutte queste ricchezze un sarcofago di pietra: il Sepolcro. Ed è qui davanti che dimentico tutte le sovrastrutture, a contatto con questa pietra mi commuovo ma sento una gioia profonda che leggo anche nei volti dei miei compagni di viaggio e ne trovo conferma anche nelle prime parole pronunciate dall’Arcivescovo Carlo nella Messa celebrata proprio qui: Buona Pasqua! Unica conclusione possibile del nostro pellegrinaggio … e così “…i luoghi diventano insieme tappe e dimore del cammino della vita, soste fugaci e radici che inducono a sentirsi a casa nel mondo (cit. “Infinito viaggiare”, Magris)”.
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