Fusioni e Uti: il referendum
22 Marzo 2015
Si tratta di un progetto, quello della fusione, che se, al termine del lungo iter, avrà esito positivo rappresenterà la conclusione di una storia iniziata negli anni ’70 quando Rolando Cian, fondatore della CISL e della DC isontina, pose il problema della sostanziale unità territoriale del mandamento monfalconese, della necessità di avviare una politica di servizi in comune e, in particolare, che tra Monfalcone, Ronchi e Staranzano vi era una continuità urbanistica che andava gestita con uno stesso piano regolatore. Nacque così, con l’apporto anche dell’allora leader del PCI Spartaco Zorzenon, la fase della gestione dei servizi attraverso i consorzi: urbanistico,culturale, trasporti e servizi.La fusione tra i tre comuni sembra quindi un passo naturale anche perché si inserisce in un clima in cui vi è consapevolezza nell’opinione pubblica della necessità che la spesa pubblica vada tagliata e che non sempre “piccolo è bello” perché dimensioni maggiori significano anche economie di scala, possibilità di maggiore efficienza, risparmi anche nei costi della politica. A tutto ciò si aggiungono gli incentivi che lo Stato e l’amministrazione regionale erogherà ai comuni che procederanno alla fusione.Le resistenze vengono da timori di perdere una identità storica e, anche, da questioni di equilibri di potere tra le diverse comunità ma lo statuto della nuova città potrà essere lo strumento con cui dare una risposta adeguata a questi problemi evitando anche che Monfalcone la faccia da padrone.Qualche complicazione per la comprensione del problema da parte dei cittadini viene dal fatto che in questi giorni si parla anche di unioni dei comuni (UTI – unioni territoriali intercomunali) nuovi organismi previsti da una recente legge regionale dopo l’abolizione delle provincie.La regione è stata divisa in più ambiti (per Gorizia: destra e sinistra Isonzo) che andranno a costituire le Unioni a cui verranno devolute competenze attualmente in capo alle provincie e, in parte, anche ai singoli comuni. L’organismo che gestirà l’ambito sarà presieduto da uno dei sindaci e non dovrà avere costi di struttura. Restano, a differenza della fusione, i consigli comunali e i sindaci mentre le giunte potranno essere ridotte considerato che molte competenze passeranno all’unione. L’unione avrà un proprio statuto e dovrà darsi un piano con l’obiettivo di mettere assieme servizi, personale e strutture per avere un contenimento dei costi. All’interno dell’unione vengono, come si è detto, agevolate con finanziamenti specifici le fusioni. Tutti (salvo rare eccezioni) hanno esaltato l’abolizione delle provincie ma il dibattito che si è aperto nell’Isontino proprio sulla suddivisione della provincia in due ambiti sembra invece voler riproporre un ritorno indietro seppure sostituendo il nome provincia con quello di unione.Le ragioni che vengono addotte sono sostanzialmente di natura economica. Si dice cioè: se manteniamo l’unità saremo più forti. È un ragionamento che potrebbe avere qualche fondamento se non tenesse conto che lo scopo dell’unione è solo quello di avere efficienze dei servizi e contenimento dei costi.A questo punto sarebbe bene che si andasse al più presto a predisporre almeno le bozze degli statuti e dei piani dell’unione per consentire ai cittadini di farsi una idea precisa di queste novità e ai singoli comuni di superare le paure di una forte perdita di autonomia e di valutare i benefici che una gestione comune di alcuni servizi può comportare.
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