Un centro regionale unico per l’amianto

Quasi 2000 morti in regione, oltre 500 a Gorizia dal 1994 al 2013, di cui la maggior parte nel monfalconese, e altri ne seguiranno nei prossimi anni poiché il mesotelioma si manifesta anche dopo molti anni. È questo il terribile bilancio di questa malattia professionale che ha colpito lavoratori e famigliari di cantierini e di altre aziende.Ora si vuole costituire uno strumento che sul piano regionale dovrà affrontare questo fenomeno. A dire il vero, la regione già dal 2001 con una specifica legge si poneva il problema di dare “disposizioni in materia di sorveglianza, prevenzione delle situazioni da rischio amianto”, ma solo con delibera del giugno 2012 si danno indicazioni all’azienda sanitaria isontina di “esercitare funzioni di rilevanza regionale finalizzate al contenimento dei rischi da amianto attraverso l’attività di prevenzione e supporto alla popolazione “.La Direzione dell’Ass in attuazione della delibera della Giunta Regionale individua un’attività di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro ed una di sorveglianza ex esposti amianto e di supporto alla popolazione finalizzata al contenimento dei rischi da amianto. Veniva dato avvio alla prima, mentre alla seconda, quella di interesse regionale si parte ora con una richiesta di finanziamento alla Regione. Ci auguriamo che il finanziamento ci sia, anche se la delibera del giugno 2012 dice che per le funzioni di carattere regionale non vi sono oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale e, con i tagli alla sanità, le prospettive non sono rosee.Ma cosa dovrebbe fare il Centro Regionale Unico per l’amianto? Ne abbiamo parlato con il consigliere regionale Diego Moretti che sta seguendo il problema. “A mio avviso – sostiene Moretti – andrebbero accolte alcune indicazioni venute dalle diverse mozioni approvate in questi anni dai Consigli Comunali del monfalconese. Mi risulta che la nuova Direzione Generale dell’Azienda Sanitaria ha istituito un gruppo di lavoro che sta lavorando proprio per riempire di “contenuti” il CRUA. A livello ospedaliero andranno coinvolti i professionisti delle Unità operative coinvolte nella diagnosi e nel trattamento delle malattie asbesto correlate con il supporto di professionisti di altre aziende, così come anche a livello anche a livello regionale andrebbero definite alcune linee di intervento e ricerca, che sia realistico sviluppare nel CRUA, in cooperazione con le strutture di ricerca regionali, poiché è del tutto evidente che la ricerca va fatta nei centri specializzati e Monfalcone non potrà che essere un punto di raccordo e di documentazione. Mi sembra naturale, proprio per dare “sostanza” al CRUA, concentrare a San Polo tutta la filiera diagnostica, terapeutica e riabilitativa dei pazienti con malattie neoplastiche attribuibili all’esposizione industriale, con il necessario raccordo operativo con Trieste. C’è poi il settore dell’assistenza, del supporto ai malati e famigliari e l’attività di sorveglianza preventiva da sviluppare con attività di ricerca confrontando la pratica normale con quella sperimentale” “Mi auguro – conclude Moretti – che si passi dalla manifestazione di intenti alla messa in pratica, reperendo i finanziamenti, delineando da parte degli esperti i contenuti operativi e avviando le attività da svolgere, ad iniziare da quelle rivolte alle persone esposte che presentino sintomi di sospetto clinico e richiedano approfondimenti sanitari.”