I cristiani dell’Iraq pagano gli errori della Primavera araba
30 Aprile 2015
“La Primavera araba ha avuto un impatto negativo per noi. Se solo avessimo avuto l’opportunità di lavorare in armonia con il mosaico di religioni e gruppi etnici che compongono la nostra regione, avremmo visto prendere forma una forza capace di guidare la regione verso la pace, la stabilità e il progresso”. È uno dei passaggi principali del discorso tenuto dal patriarca caldeo Louis Raphael I Sako al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che ha dedicato una sessione alla persecuzione dei cristiani e delle altre minoranze religiose in tutto il Medio Oriente. Una prima assoluta che arriva dopo che le comunità cristiane locali avevano ripetutamente denunciato l’inazione della comunità internazionale.Nel suo intervento Sako ha raccontato il dramma dei profughi e dei rifugiati cristiani, fuggiti in seguito alle violenze dei fondamentalisti islamici e oggi costretti a vivere in centri di accoglienza e campi profughi. “Per quanto concerne il mio Paese – ha detto il patriarca – vi chiedo pieno sostegno al governo centrale e al governo regionale curdo nella liberazione di tutte le città irachene e, per quanto concerne in special modo noi cristiani, yazidi e Shabaks, la città di Mosul e tutte le cittadine e villaggi della piana di Ninive”.Per il patriarca è necessario garantire “una protezione internazionale per i suoi abitanti e approvare una legge sulla proprietà immobiliare che assicuri i loro diritti nella loro terra, e che permetta loro di rientrare nelle loro abitazioni e riprendere la propria vita in condizioni di normalità. Vi è anche una precisa responsabilità del governo centrale di garantire loro un risarcimento adeguato per i danni subiti”. Da Sako è giunto anche un distinguo relativo a coloro che compiono questi atti terroristici che, ha sottolineato, “non vanno generalizzati e associati, per esteso, a tutti i musulmani. Difatti vi è una maggioranza silenziosa e pacifica di musulmani che respingono la politicizzazione della religione; essi accettano di vivere una vita normale con gli altri, all’interno dello stato civile e seguendo i dettami del diritto. La pace e la stabilità non possono essere raggiunte solo grazie alle azioni militari; da sole, infatti, esse non sono in grado di smantellare questo modo totalizzante di pensare che distrugge esseri umani e pietre, in altre parola la civiltà”. Questo implica che “la comunità internazionale – ivi compresa la Lega araba e l’Organizzazione della cooperazione islamica – prenda azioni legali decise e misure definitive. Tutto questo può essere raggiunto attraverso risposte di tipo politico, culturale ed educativo”.Queste soluzioni devono essere “adeguate per proteggere il mosaico nazionale che è formato da ciascun individuo, persona e gruppo, senza distinzioni di natura etnica o religiosa. È loro preciso compito quello di proteggere i diritti di tutti i cittadini e rafforzare le relazioni fra loro”. Non meno urgente per il patriarca caldeo è “fornire risposte concrete ai bisogni dei rifugiati e alle loro crescenti sofferenze”. Sako ha avanzato proposte concrete per garantire la convivenza futura tra le persone e per contrastare il fondamentalismo e il terrorismo di matrice religiosa. Tra queste, applicare “norme che promuovano l’uguaglianza, una legge che punisca nazioni e singoli individui che sostengono gruppi terroristi a livello finanziario, intellettuale o con le armi, incoraggiare i leader religiosi ad adottare un tono moderato nei discorsi, che rafforzi il senso di cittadinanza fra gli individui, la riforma dei programmi educativi, che possano favorire i principi del rispetto fra cittadini e la promozione della tolleranza e della comunicazione e l’esegesi dei testi religiosi, secondo il principio della tolleranza zero nell’estrapolare i testi religiosi dai loro contesti”.
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