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L’entrata in guerra del Regno d’Italia contro l’Austria-Ungheria il 24 maggio 1915 fece sì che Mossa, appartenente ai territori imperiali e già in guerra dall’estate del 1914 e precisamente dal 28 luglio, si trovò con il fronte della guerra alle sue spalle verso occidente.Prima di quel 24 maggio 1915, consapevoli dell’intervento in guerra dell’Italia, poco più di un centinaio di persone del paese era riparato a Gorizia. Come riferisce Camillo Medeot nella sua opera “Storie di preti isontini internati nel 1915”, l’Amministratore della Parrocchia di Mossa, don Arturo Pinat “era rimasto al suo posto”1. Questa permanenza non fu dettata da imprudenza, ma dal fatto che una grossa parte della popolazione di questo paese era rimasta, inspiegabilmente, nelle proprie case. Un definitivo esodo di circa 450 mossesi avvenne il 4 febbraio del 1916 a distanza di nove mesi dall’entrata degli Italiani in paese dopo che diversi paesani di tutte le età morirono per i bombardamenti. Ricorda Camillo Medeot che “È singolare il fatto che il comando italiano abbia tollerato la presenza di parecchie centinaia di persone e per sette mesi quando Capriva, San Lorenzo di Mossa e Lucinico erano stati fatti completamente sgombrare”2.Prima di raccontare gli avvenimenti occorsi al Sacerdote Arturo Pinat sarà bene dire qualcosa della sua persona. Era nato a Gradisca d’Isonzo in giorno 31 gennaio del 1886, figlio di Giuseppe e di Anna Zanetti. Il suo atto di nascita è tutt’ora conservato presso l’archivio parrocchiale e trova la sua collocazione al Tomo, IV, pag. 197, n° 8/II. Fu battezzato, come era uso fino a non molto tempo fa, pochi giorni dopo, ovvero il 2 febbraio 1886 da don Antonio Marizza. Ordinato Sacerdote nel 1910 ebbe il suo primo incarico, nello stesso anno, come Cooperatore a Lucinico alle dipendenze di mons. Filipic Giovanni che morirà a Lubiana, da profugo, il 26 giugno 1917.Alla morte del parroco titolare don Domenico Mosetti, avvenuta il 12 settembre 1911, fu inviato a Mossa, quale amministratore, don Arturo Pinat.È qui, in Mossa che la guerra colse don Arturo praticamente impreparato a quella triste sorte che toccherà ad una sessantina di Sacerdoti internati in Italia dalle Autorità italiane in quel 1915. “Don Pinat accolse gentilmente gli ufficiali italiani, offendo loro da bere, ma prima dovette bere lui. Poi uno degli ufficiali salì sul campanile dopo aver detto al collega: – Tu stai attento al prete! -“ così racconta Medeot sulla base della testimonianza di una persona testimone del fatto ed ancora vivente nel 1969 (pag.101). Era il 25 maggio!Aldo Spallicci (1886-1973), romagnolo, volontario medico, aggregato all’11° Reggimento Fanteria Casale, nel suo opuscolo “Con l’11° Fanteria sul Monte Calvario”, scrivendo sull’organizzazione dello spionaggio organizzato dal nemico, ovvero dagli Austro-Ungarici, riferiva: “L’organizzazione dello spionaggio era fatta ottimamente dal nemico. Il prete aveva aiutato a completare l’opera. Il pievano di Mossa nascondeva il telefono nel tabernacolo, un altro in una botte. A Capriva quel degno sacerdote italiano insegnava ai fedeli alla vigilia della nostra guerra preci osannanti al venerando imperatore Francesco Giuseppe e vituperanti i falsi alleati italiani”.Con simili accuse era facile vedere nei sacerdoti e negli altri personaggi pubblici di queste nostre terre i nemici da eliminare quanto prima rendendoli almeno inoffensivi. Questa è stata la sorte di tanti sacerdoti italiani e sloveni allontanati dalle loro parrocchie e avviati nelle regioni remote d’Italia. Con don Pinat furono arrestate in quel lunedì 7 giugno 1915, altre quattro persone: la guardia comunale Camillo Braidot, detto “Bossar”, gli agricoltori Enrico Medeot e Domenico Zorzenon detto “Meni Azint” e l’oste di Blachis Giovanni Blanc. Risulta, comunque, che gli internati di quei giorni furono di numero maggiore. La precisione della data fu testimoniata dallo stesso don Arturo, pochi anni prima di morire interpellato su questo fatto da Augusto Pinat3.Don Arturo Pinat fu spedito a Cremona e da qui nel settembre del 1915, con il decano di Visco don Iustulin Mesrob ed il vicario di San Vito a Torre don Giovanni Evangelista Marangon, fu spedito a Marsala in Sicilia. Qui fu raggiunto dalla mamma Giovanna Zorzenon e dalle sorelle Lidia e Santina Medeot. Don Marangon l’anno seguente si staccò dal gruppo, mentre don Pinat e don Iustulin si trasferirono a Monte San Giuliano a 17 km. da Trapani e a 750 metri sul mare. Di quel periodo non abbiamo se non uno scritto, un foglio di quaderno, inviato a don Stacul Carlo in data 29 ottobre 1916 nel quale traspare la convinzione che l’esilio in Italia sarebbe durato poco: “Arrivato qui sotto l’azzurro cielo siciliano, speravo che le cose non andassero troppo per le lunghe, che quindi non era necessario scrivere qua e là: forse prima di aver risposta si doveva già far ritorno ai patri lidi…”4. Speranza disattesa dai fatti susseguenti. Durante la sua presenza a Monte San Giuliano, nonostante la partenza per Campobasso del decano di Visco, non fece alcun passo per essere traslocato altrove. Del periodo del suo internamento egli afferma che “non subì nessuna angheria” purtroppo riservate ad altri sacerdoti internati.Partì da Trapani il 6 marzo 1919, quattro mesi dopo la fine della del primo conflitto mondiale, e poté rivedere pochi giorni dopo, con profonda emozione, il paese di Mossa semidistrutta e quei parrocchiani che erano rientrati dai luoghi di profuganza. La presenza fu invero breve in quanto le non floride condizioni di salute lo costrinsero ad accettare, di li a poco, la più tranquilla vicaria di Fratta ove operò per circa un quarantennio.Don Arturo Pinat scomparve silenziosamente, dice il Medeot “senza dar fastidio a nessuno” a Gorizia, presso l’ospedale civile il giorno 21 maggio 1962. Riposa nel cimitero di Fratta, secondo le sue volontà, accanto alla mamma Anna.
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1 Camillo Medeot, “Storie di preti isontini internati nel 1915”, 1969, Quaderno di “Iniziativa isontina”, Gorizia, pag. 992 Ibidem, 1013 Ibidem, 1014 Lettera conservata presso l’Archivio Arcivescovile di Gorizia nel fascicolo “don Arturo Pinat”.