Carcere minorile: testimoni di una realtà dimenticata

“Eravamo dieci ragazzi, tutti maggiorenni, desiderosi di scoprire una realtà spesso troppo distante dalla nostra quotidianità. Ho avuto modo di trascorrere cinque giorni a Bologna, passando le ore della mattinata a fare servizio nel carcere, rapportandomi con circa 20 ragazzi tra i 14 e i 25 anni. Non è stato facile attraversare ogni mattina massicci portoni blindati che si chiudevano alle mie spalle, depositare quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano, fare il controllo documenti e tante altre procedure che servivano ad introdurmi in un ambiente dove le restrizioni sono la quotidianità”.Quello che l’ha resa particolarmente entusiasta è stato avere la possibilità di scoprire la storia di quei ragazzi, più travagliata di quanto pensasse, attraverso il gioco e il dialogo: “Mi sono confrontata con mentalità completamente diverse dalla mia, che hanno portato a scelte sbagliate per la Legge, ma perfettamente coerenti e logiche per quei ragazzi, perché rappresentavano spesso l’unica strada possibile. Sono certa che per quanto male possano aver fatto, avremo sempre qualcosa da imparare da loro. Soprattutto da coloro che pur avendo sbagliato, hanno avuto il coraggio di ricominciare e di intraprendere una strada nuova, più difficile ma sicuramente più libera”.Giulia è rimasta inoltre molto sorpresa dal fatto che si è resa conto del significato della parola “libertà” proprio quando si trovava dietro alle sbarre: “Se il giorno prima di partire qualcuno mi avesse chiesto se la vera libertà si ha dove non ci sono restrizioni avrei risposto di sì senza esitazione; oggi darei la risposta opposta: essa sta dove sono presenti limiti che ci aiutano a rispettare noi stessi e soprattutto gli altri, rendendo universali regole che spesso non lo sono”. La giovane scolta vorrebbe far trasparire un messaggio importante: “Ciò che conta adesso è riuscire ad essere testimoni di una realtà spesso dimenticata, perché tante volte non si considera il fatto che l’ambiente carcerario dovrebbe avere come scopo primario l’educazione e non solo lo sconto di una pena”.