Le migrazioni: una responsabilità per i credenti
21 Ottobre 2015
Nelle prossime settimane, ritorneremo su queste colonne sull’incontro tenutosi il 18 ottobre a Trieste dal titolo “Dov’è tuo fratello? Le migrazioni: una responsabilità per i credenti e gli uomini di buona volontà!”. Nel frattempo un piccolo cappello introduttivo perché parlando di immigrazione e accoglienza crediamo sia importante lanciare subito dei riverberi. Intanto una premessa: il convegno inter-diocesano, viene organizzato annualmente dalle presidenze adulti di Azione Cattolica della regione Friuli Venezia Giulia, con l’intento di offrire sul territorio regionale un’opportunità straordinaria di formazione e approfondimento.Il relatore coinvolto quest’anno è mons. Giancarlo Perego che dopo aver assunto importanti incarichi per la Caritas diocesana (diocesi di Cremona) e nazionale, dal 2009 è direttore nazionale della fondazione Migrantes, costituita dalla CEI per accompagnare e sostenere le Chiese particolari nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri e per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di accoglienza nei loro riguardi. La capacità di snocciolare numeri e informazioni non sempre dimostra competenza e soprattutto non sempre è utile ma quando questi numeri vengono utilizzati da un uomo appassionato per ribaltare completamente la prospettiva nei confronti di un problema, quando questi numeri cambiano gli occhi con cui guardi ciò che accade ma, soprattutto, questi numeri ti mettono di fronte alla drammaticità delle condizioni di vita di troppi uomini: questi numeri vanno detti, questi numeri vanno gridati. E di numeri mons. Perego ne ha detti tanti.Quanto è grande la dispercezione del fenomeno migratorio in Italia ed Europa, quanta fatica stiamo facendo per affrontare appena il margine di una accoglienza che vede coinvolti principalmente paesi molto più poveri e precari dei nostri (porto solo ad esempio il caso del Libano che ha più profughi che abitanti). Ciò che l’Europa sta affrontando, ha ribadito più volte mons. Perego, non è un’emergenza ma un fenomeno strutturale al quale non ci siamo debitamente preparati. E allora ci si interroga su quanto siamo male informati e quanto invece è importante sapere per affrontare il tempo che stiamo vivendo. Difficile accettare che al mondo 160 milioni di persone siano vittime di tratta e che dal 1950 ad oggi il numero di schiavi sia di 5 volte superiore a quanti coinvolti nel periodo storico tra il 1500 e il 1860; che 22 milioni e 400 mila persone nel mondo debbano emigrare per causa dei disastri climatici i quali sono aumentati del 200% negli ultimi 5 anni e che chi scappa da una guerra, in questo momento, lo fa da ben 33 paesi nel mondo.E noi cosa pensiamo? Cosa facciamo? Ci chiediamo: “dov’è nostro fratello?” e proviamo in ogni modo a fare spazio nella nostra vita? O siamo parte di quel 52% di cattolici che frequenta settimanalmente la messa ma inneggia il motto di “tornino a casa loro”?!Mons. Perego ci ha salutati lasciandoci 4 parole su cui riflettere: relazione, accompagnamento, tutela e cittadinanza. Quattro atteggiamenti da condividere e far nostri, per dare spazio e accoglienza a “nostro fratello”, nella nostra vita. Perché ci ha dimostrato che il problema non terminerà quando i giornali smetteranno di parlarne, terminerà solamente quando sarà la fraternità il valore centrale su cui fondare l’intera società.
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