Dall’indifferenza alla misericordia

Venerdì 1 gennaio, nel giorno in cui la liturgia della Chiesa fa memoria di Maria Madre di Dio e celebra la Giornata mondiale della Pace, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la liturgia eucaristica in cattedrale. Pubblichiamo di seguito i passi centrali dell’omelia di mons. Redaelli.Sono sicuro che molti di noi quest’oggi si sono sentiti almeno telefonicamente con amici e parenti e in particolare con i propri fratelli per uno scambio di auguri. E se per qualche motivo non si ha avuto la possibilità di sentirsi – magari per vecchie situazioni di conflitto o di incomprensione -, resta il fatto che il nostro cuore è comunque vibrato per qualcosa, forse solo per il ricordo nostalgico di quando, da piccoli, si era sempre insieme e ci si aiutava e proteggeva l’un l’altro. In ogni caso, tra fratelli e sorelle non c’è posto per l’indifferenza: del resto si è dello stesso sangue.Nella seconda lettura di oggi, san Paolo ci ricorda però che siamo fratelli non solo secondo il sangue, ma con tutti. A dir la verità, l’apostolo non afferma che siamo fratelli, ma esplicita ciò che ci rende realmente fratelli e sorelle, cioè il fatto di essere figli di Dio. Una figliolanza adottiva dovuta al fatto che “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. Così afferma l’apostolo, e aggiunge: “E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre!”. Il fondamento del fatto di essere fratelli e sorelle è dovuto all’avere lo stesso Padre, lo stesso Fratello: Gesù Cristo (il Verbo che si è fatto carne), lo stesso Spirito che abita i nostri cuori. Se sì è fratelli non si può essere indifferenti, come Dio, Padre, Figlio e Spirito non è indifferente a ciascuno di noi.Il tema della indifferenza è quello scelto da papa Francesco per questa 49° “Giornata mondiale della Pace”: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace” è il titolo del suo messaggio. Ne riprendo alcuni passaggi. Anzitutto l’elencazione di alcune forme di indifferenza. “La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. [..] L’uomo pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti”.C’è poi l’indifferenza nei confronti del prossimo che assume diversi volti, descritti dal papa. Una prima modalità è di “chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione [..]. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a sé stesso”. Ci sono quindi – si tratta sempre di parole di papa Francesco – alcuni che “semplicemente si compiacciono incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una “educazione” che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi”.Un’altra forma di indifferenza – dice il papa – “si manifesta come mancanza di attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana. […] Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete”. Papa Francesco termina così l’elenco delle modalità dell’indifferenza: “Vivendo in una casa comune, non possiamo non interrogarci sul suo stato di salute, come ho cercato di fare nella “Laudato si’”. L’inquinamento delle acque e dell’aria, lo sfruttamento indiscriminato delle foreste, la distruzione dell’ambiente, sono sovente frutto dell’indifferenza dell’uomo verso gli altri, perché tutto è in relazione. Come anche il comportamento dell’uomo con gli animali influisce sulle sue relazioni con gli altri, per non parlare di chi si permette di fare altrove quello che non osa fare in casa propria”.La conclusione da trarre è che “in questi ed in altri casi, l’indifferenza provoca soprattutto chiusura e disimpegno, e così finisce per contribuire all’assenza di pace con Dio, con il prossimo e con il creato”.Come si fa a superare l’indifferenza e a lavorare per la pace? Papa Francesco suggerisce un percorso che fa riferimento all’anno santo da poco iniziato: passare dall’indifferenza alla misericordia con una vera conversione del cuore. Occorre cioè passare dall’atteggiamento di Caino che dichiara di non essere il custode del fratello – che anzi uccide – a quello di Dio che già l’Antico Testamento presenta come non indifferente alle sorti del suo popolo schiavo in Egitto o in esilio e, infine, all’atteggiamento misericordioso di Gesù. “Nel suo Figlio Gesù – afferma papa Francesco –, Dio è sceso fra gli uomini, si è incarnato e si è mostrato solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato. Gesù si identificava con l’umanità: “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Egli non si accontentava di insegnare alle folle, ma si preoccupava di loro, specialmente quando le vedeva affamate (cfr Mc 6,34-44) o disoccupate (cfr Mt 20,3). Il suo sguardo non era rivolto soltanto agli uomini, ma anche ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle piante e agli alberi, piccoli e grandi; abbracciava l’intero creato”. E “Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre (cfr Lc 6,36)”. La conclusione è chiara: “La misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni. Da ciò dipende il nostro destino eterno”. Partendo dalla misericordia che diventa solidarietà si può promuovere realmente la pace a livello anzitutto degli stati. Papa Francesco offre indicazioni molto concrete circa alcune categorie di persone verso cui gli stati devono agire, oltre che verso altre nazioni, per costruire la pace: detenuti, migranti, persone prive di lavoro, terra e casa, ammalati. Ma la conversione alla misericordia riguarda anche ognuno di noi nella concretezza della vita: “nello spirito del Giubileo della Misericordia, ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si manifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro”. Accogliamo questo invito di papa Francesco: quest’anno sia per tutti un tempo in cui sconfiggere l’indifferenza con la misericordia.

† Vescovo Carlo