La devozione a San Biagio martire
1 Febbraio 2016
Il giorno tre febbraio la Chiesa Cattolica fa memoria di San Biagio, Vescovo e Martire, medico di origine armena, sucessivamente episcopo di Sebaste che subì il martirio nel 316 durante la persecuzione ordinata da Licinio. Questa persecuzione avvenne tre anni dopo l’Editto di Costantino, con il quale venne liberalizzato il culto cristiano, poichè Licino, che aveva il governo delle regioni orientali dell’Impero si mise contro l’imperatore stesso e per prima cosa decise di riprendere le persecuzioni contro i cristiani.Da secoli viene invocato contro il mal di gola poichè la tradizione racconta della guarigione da parte del Santo di un bambino al quale si era conficcata una spina di pesce nel cavo orale. Proprio per questo motivo, nella giornata di S. Biagio, i testi liturgici riportano la possibilità di benedire la gola dei fedeli con due ceri incrociati, benedetti il giorno antecedente, 2 febbraio, in occasione della Presentazione di Gesù al Tempio, chiedendo per mezzo di questo gesto la salute non solo della gola ma della persona, con le sue necessità, che riceve la benedizione.Nelle terre d’Istria il Santo è patrono in varie città come Grisignana, Ragusa di Dalmazia e Dignano, che ospita il duomo palladiano dedicato proprio al martire armeno. Proprio in questa città la benedizione veniva e viene impartita mediante l’olio d’oliva benedetto, unto sulla gola dei fedeli.
Il culto del santo alla CampagnuzzaDopo il trattato di pace che assegnò il territorio dell’Istria alla Jugoslavia e il conseguente esodo di molti cittadini di quelle terre, a seguito dell’insediamento di un buon numero di Istriani provenienti da Pola, Capodistria, Dignano e molte altre città nel territorio della “Campagnuzza” che li accolse nel “Villaggio dell’Esule” andò formandosi anche una comunità cristiana compatta, guidata da don Luciano Manzin (1911-1969), originario di Albona d’Istria.Non essendoci alcun luogo di culto in quella zona, la comunità iniziò a ritrovarsi per pregare in una baracca, adattata a cappellina provvisoria, nei pressi del cortile del convitto “F. Filzi”. Fin da subito la giornata di ricordo del Santo Martire fu solennizzata e grazie all’intelligenza della guida spirituale della comunità si continuò a perpetuare il rito della benedizione della gola con l’olio, come da tradizione dignanese.Così annota il parroco il 3 febbraio 1952 “Per la prima volta è stata celebrata la festa di s. Biagio Vescovo e Martire. Sono accorsi numerosi istriani e specialmente dignanesi anche dai paesi e città vicine. Oratore ufficiale il Reverendissimo Mons. Antonio Angeli già parroco di Dignano e di Pola. Celebrò la Messa il Rev.mo. Mons. Giuseppe Chiavalon già canonico di Albona d’Istria. Dopo la Messa è stata fatta l’unzione della gola con l’olio benedetto. La funzione è piaciuta molto sia agli abitanti del villaggio, sia agli altri fedeli intervenuti in buon numero.” e ancora, nel 1955 “S.Biagio è stato celebrato con solennità. La festa piace sempre più. Tutti anche gli uomini sono venuti a ricevere l’unzione della gola. Il coro di Campagnuzza, istruito dal giovane collegiale Perini Umberto, di Rovigno, alunno del “F. Filzi”, ha cantato la Messa Te Deum Laudamus del Perosi. Anima del coro, tra gli altri, il signor Giovanni Mapelli.”Anche i fedeli non esuli ma residenti in parrocchia che frequentavano le celebrazioni infatti accolsero ben volentieri l’antica usanza proposta da don Manzin, che in occasione della festa del 1963 afferma “nonostante il tempo orribile la chiesa era piena. Ormai la festa di S. Biagio fa parte della tradizione della parrocchia ed è conosciuta anche dai fedeli delle parrocchie confinanti.” Oltre che dal parroco, nei primi anni di vita della comunità il rito fu presieduto da altri sacerdoti di origine istriana ma anche da eminenti figure del presbiterio goriziano, come Mons. Giusto Soranzo, vicario generale e Mons Luigi Ristits, canonico teologo del Capitolo.In seguito alla morte del primo parroco, avvenuta nel 1969, il sacerdote don Cesare Scolobig, incaricato a guidare la comunità, pur non essendo di origini istriane decise di mantenere questa usanza così tanto sentita dai fedeli e parimenti fecero i successori, fino al 2012.
La pala d’altare di Emma Galli Dopo alcuni anni di utilizzo della cappella provvisoria nei pressi del “Filzi”, il 5 agosto 1961 venne consacrata la chiesa parrocchiale, intitolata alla B.V. della Misericordia ed era desiderio del parroco don Manzin dare un segno visibile della devozione della comunità al santo martire, che assieme a S.Eufemia è compatrono della parrocchia. Per concretizzare la devozione ai due santi vennero quindi acquistate due raffigurazioni di Biagio ed Eufemia realizzate ad olio su tela dalla pittrice Emma Galli, di origine triestina ma goriziana d’adozione.Come ricorda il parroco nelle cronache l’acquisto del dittico fu possibile soprattutto grazie all’interessamento di mons. Cibin, già parroco di Rovigno, poi canonico teresiano, che contribuì in prima persona a parte della spesa. Nell’opera, quasi a grandezza naturale, il vescovo martire è rappresentato in abiti pontificali rossi, indossa la mitria e il pallio e regge con la mano sinistra il pettine di ferro, simbolo del martirio.La pala fu quindi collocata su un altare laterale, sotto al quale erano già state depositate, all’interno del muro, le terre dei cimiteri delle città istriane. Quella nicchia all’interno della nuova chiesa diventò così ben presto una sorta di piccolo santuario dove gli esuli potevano pregare per i propri defunti incontrando con lo sguardo i patroni delle loro patria amata ma lontana. Il 26 novembre 1961 avvenne la benedizione dell’opera e la celebrazione della messa solenne da parte del canonico Cibin che affermò commosso “[…]Dinanzi a questo altare ci sembrerà di essere a casa nostra. È la carità del loco natio che ci fa parlare e che non deve essere soffocata. Non si può dimenticare la terra che ci vide nascere; una terra nobilissima, cristiana fin dai primi secoli, terra di uomini illustri, terra di fervidi e puri patrioti, terra di naviganti, terra ricca di storici monumenti sacri e profani, una terra che noi abbiamo amato come la madre, con i suoi sfolgoranti tramonti e con il dialetto veneto delle sue genti. Vivo in noi è l’amore per la terra perduta. Ma ormai anche l’amore per la terra che ci ospita si manifesta con affetto riconoscente. Noi siamo contenti di essere a Gorizia, la città giardino, circondata dai monti imporporati dal sangue dei gloriosi caduti della guerra di redenzione 15/18 […] ” Questo discorso, riportato per intero nel numero del 5 dicembre 1961 dell’”Arena di Pola” fa trasparire sì la nostalgia per la patria lontana ma soprattutto la grande riconoscenza verso la città di Gorizia che seppe accogliere la popolazione esule incentivando la costruzione del villaggio e del luogo di culto per la comunità, in nome della convivenza e del rispetto reciproco.
L’istituzione del “Premio San Biagio”Un altro segno tangibile del legame della parrocchia con il Santo è la consegna del “Premio San Biagio”, istituito dal Consiglio Pastorale nel settembre 2007 e conferito dal 2008 per quattro anni consecutivi, nel giorno della ricorrenza liturgica del Santo. Lo scopo del riconoscimento era quello di attestare l’impegno di singoli o associazioni che hanno speso il loro tempo per il bene del prossimo nei vari ambiti della vita comunitaria. Ai premiati, oltre ad una pergamena commemorativa, veniva consegnata una riproduzione del volto dipinto sulla pala della Galli eseguita con la tecnica del decoupage dalla goriziana Gabriella Grendene-Brajnik.
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