La luce della speranza
1 Febbraio 2016
Domenica 24 gennaio pomeriggio, il piazzale interno della “Risiera di San Sabba” -uno dei luoghi più oscuri della città di Trieste- è stato illuminato da una luce particolare, la luce portata dalla presenza, dalla preghiera, dal canto e dalle candele di oltre 700 giovani delle Diocesi della nostra Regione: la “luce della Speranza”!All’interno del cammino verso la prossima GMG 2016 di Cracovia, i Servizi per la Pastorale Giovanile delle Diocesi di Concordia-Pordenone, Gorizia, Trieste e Udine hanno voluto offrire ai loro ragazzi, un momento di riflessione e di preghiera in occasione della settimana in cui si è celebrata la “Giornata della memoria”.Qualcuno passando per la strada che separa la Risiera dallo Stadio, sentendo le grida dei tifosi e i rumori festanti di chi incitava la propria squadra, vedendo questa marea di giovani entrare nella Risiera si sarà forse chiesto: “ma perché questi giovani vivono la loro Domenica pomeriggio in un modo così “fuori dall’ordinario”?La risposta potremmo trovarla nelle parole che don Nicola Ban, incaricato della PG di Gorizia, a rivolto ai presenti introducendo il momento di preghiera tenutosi nel cortile del Campo: “In questo anno della misericordia abbiamo voluto trovarci insieme come giovani del Friuli Venezia Giulia per meditare assieme sulla misericordia. Ma per farlo seriamente dobbiamo confrontarci anche con il male e con il male assurdo, banale, disumanizzante… Oggi siamo qui per chiederci assieme che cosa significhi parlare di misericordia davanti all’ingiustizia e alla violenza. Siamo qui per guardare al passato così da poter spalancare gli occhi sul nostro presente. Anche il nostro presente necessita di riconciliazione e di misericordia. Ci auguriamo che l’evento di oggi susciti alcune domande in noi, smuovendo il nostro cuore dall’indifferenza!”.Questo “Evento della Memoria” è stato anche un incontro preparatorio per i tanti giovani che dalle nostre Diocesi, nel mese di Luglio, partecipando alla GMG, avranno modo di visitare anche il Campo di sterminio di Auschwitz.Il pomeriggio si è articolato in alcuni momenti particolarmente intensi che potremmo riassumere quattro verbi: Ascoltare, Osservare, Riflettere, Pregare.Ascoltare. Nella Parrocchia di Valmaura, introdotti ed accompagnati da Giovanni Lesa -collaboratore della PG di Udine- i giovani hanno avuto modo di ascoltare, nella prima parte del pomeriggio, una profonda e toccante testimonianza, quella di Emo Giandesin, un uomo che nel fiore della sua giovinezza ha vissuto il dramma della guerra venendo internato per sei mesi nel campo di sterminio di Dachau. Emo ha condiviso con i nostri giovani l’orrore della guerra: il dramma della separazione da chi ami, la disumanizzazione di cui è capace la violenza e l’odio, ma anche la forza dell’amore, della speranza e del perdono!Osservare. Dopo il dialogo con Emo i giovani si sono recati alla “Risiera di San Sabba”. Non si è trattato di una visita turistica. I nostri giovani, guidati da dodici loro compagni preparatisi accuratamente per questo, hanno osservato ed ascoltato il loro cuore ed i loro pensieri camminando lungo corridoi e stanze impregnate di sofferenza e lacrime.Riflettere. Un’altra testimonianza è stata offerta durante la visita al Campo di sterminio di Trieste: quella di Abdul, un giovane insegnante che ha dovuto fuggire dal suo paese per evitare persecuzioni e morte. La sua colpa, agli occhi di coloro che gli hanno incendiato la scuola, la casa e che poi lo hanno minacciato di morte, è stata quella di voler educare i bambini del suo paese. Aiutarli a crescere come uomini liberi, capaci di guardare all’altro -anche se diverso da me per lingua, cultura o religione- non come ad un nemico da temere, ma come ad un fratello con cui costruire un mondo migliore. Grazie ad Abdul i nostri giovani hanno potuto meditare come i drammi di odio, guerra e violenza del passato, purtroppo, sono sempre pronti a riemergere se i cuori non si educano nella Fede al comando dell’Amore per Dio e il prossimo!Pregare. Il momento più toccante è stato sicuramente la veglia di preghiera per la pace tenutasi nel cortile della Risiera, lì dove un tempo sorgeva il “forno crematorio”. Un momento intenso, sia per i contenuti che il Vescovo di Trieste mons. Crepaldi ha consegnato a tutti noi, sia per la profondità dei testi offertici da don Ivano e dalla PG di Concordia -Pordenone, sia per i canti con cui il Coro Diocesano ha accompagnato la preghiera.Il messaggio principale, il senso di tutto il pomeriggio trascorso assieme è riassumibile con le parole che il Vescovo ha consegnato ai giovani: “cari ragazzi, queste mura ci interrogano e sollecitano l’esercizio della nostra responsabilità umana e cristiana. Quelli che qui hanno sofferto e sono morti; quelli che qui hanno subito umiliazioni degradanti e spaventose; quelli che qui si sono visti rubare ogni parvenza di umana dignità ci domandano: cosa vuoi fare tu della tua vita? Come vuoi impegnare la tua vita? Sul fronte dell’odio o sul fronte dell’amore? Sul fronte della divisione o su quello della riconciliazione? Su quello della guerra o su quello della pace? Su quello della fraternità umana o su quello della sopraffazione? Tante domande a cui bisogna dare una risposta! Cari Amici, per noi cristiani la risposta è obbligata: la risposta è Cristo ed il suo Vangelo di Giustizia e di Pace che, nella fede, abbiamo fatto nostri. Dobbiamo fare nostre soprattutto le parole di Gesù cristo: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Questa beatitudine ci dice che la pace è dono messianico ed opera umana ad un tempo… È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato!”.Lasciatemi, a conclusione di questa condivisione su un pomeriggio veramente speciale, dire un personale “Grazie”.Grazie innanzitutto al Signore per quanto attraverso il suo Vangelo, le testimonianze di Emo ed Abdul e le parole del nostro Vescovo, ha seminato nei cuori di ciascuno di noi. Grazie a Giovanni, don Nicola, don Ivano e don Davide -con i quali ho avuto la gioia di organizzare questa giornata- per la bella collaborazione e testimonianza di comunione ecclesiale!Ma il grazie più grande desidero dirlo ai nostri giovani, che con la loro presenza, la loro riflessione e la loro preghiera hanno irradiato della “Luce della Speranza” la Risiera e tutti noi!Grazie!E proprio a loro vorrei lasciare ora la parola: chi meglio dei diretti interessati, i nostri giovani, può trasmetterci cosa realmente ha significato questo pomeriggio vissuto assieme alla Risiera di San Sabba?Chiedo a loro di condividere con noi la bellezza di questa giornata.E intanto a tutti auguro: Buon Cammino verso la GMG di Cracovia!
Com’è stato possivile tutto questo?
Essere testimoni noi stessiLa Risiera di San Sabba da fuori potrebbe sembrare un edificio qualunque, sito in un quartiere cittadino, invece dentro nasconde gli eventi più orribili.Solo percorrere il lungo e stretto corridoio iniziale, circondato da alte mura di cemento, ti dà un senso di annullamento; questo luogo ti porta a immaginare le inumane sofferenze fisiche e morali a cui erano sottoposte le persone rinchiuse lì dentro. Quando ti rendi conto di dove sei e pensi a ciò che realmente è accaduto tra quelle mura, emergono tutta una serie di stati d’animo che ti opprimono. Ti domandi “come è stato possibile tutto questo?”… ma non trovi risposta e non riesci a capire come l’uomo possa scendere a tali livelli di follia e disumanità nei confronti di un suo simile.Significativa e toccante è stata la testimonianza di un sopravvissuto a un campo di sterminio. Ascoltare il racconto di chi ha vissuto sulla propria pelle quelle atrocità e che, con grande forza e dolore, ricorda i momenti più brutti delle sua vita è una cosa che ti colpisce nel profondo.Dobbiamo fare tesoro di testimonianze come questa, anche perché ormai saranno sempre di meno; perciò non dobbiamo dimenticare ciò che è stato ma anzi raccontarlo a nostra volta alle persone che verranno dopo di noi, in modo da formare delle coscienze. Io, da maestra, mi sento in dovere di raccontare questi fatti ai bambini, adeguandoli alle loro possibilità di comprensione e di empatia, con la speranza che questo semino col tempo maturi.Anche se una tragedia di così grandi proporzioni non si ripeterà più, anche oggi ci troviamo di fronte a diverse problematiche e il fenomeno del razzismo, per esempio, è un pericolo in agguato perché purtroppo la diversità è vissuta sempre come una minaccia alla propria identità. Primo Levi ammonisce dicendo “Quando si pensa che uno straniero o uno diverso da noi è nemico, si pongono le premesse di una catena, al cui termine c’è il lager, il campo di sterminio”. Se si riuscisse invece a percepire la “differenza” non come un limite, ma come un valore e una risorsa, l’incontro con l’altro non sarebbe mai discriminazione bensì un’opportunità di ricchezza.
Chiara – Gorizia
Il conformismo che rende schiaviQuando mi soffermo a riflettere sugli orrori dell’Olocausto, la mente corre ai campi di concentramento in terra tedesca e polacca, luoghi testimoni della più cruenta violenza razionale e organizzata allo sterminio di massa. Non ripenso certo alla mia terra, anche se proprio a Trieste, nel centro della città, conserviamo un segno indelebile e tangibile degli stessi delitti, la Risiera di San Sabba. Pur avendone sentito parlare, non mi era mai capitato di visitarla. E l’occasione è arrivata domenica scorsa grazie all’incontro organizzato dalla Pastorale Giovanile delle quattro Diocesi del Friuli-Venezia Giulia in prossimità della Giornata della Memoria, per mantenere vivo in noi giovani il ricordo di quelle stragi e pregare insieme per la pace. Lo stabilimento, dichiarato nel 1965 Monumento Nazionale con decreto del Presidente della Repubblica e ristrutturato su progetto dell’architetto Romano Boico, riesce a trasmettere ancora oggi, a settanta anni di distanza, l’isolamento, la solitudine ed il terrore vissuto da tanti prigionieri nell’angosciante attesa di conoscere il proprio destino. L’altissimo muro di cinta, la cella della morte, finestre murate e stanze spoglie costituiscono oggi lo scheletro di un’eredità pesante.Sebbene i documenti ufficiali siano stati distrutti, si stima che le esecuzioni nel complesso siano state almeno cinquemila e che i cadaveri siano stati bruciati in un forno crematorio costruito nel campo nel 1944. Ripenso alle torture, agli odori, alla desolazione, alla possibilità che simili atrocità si ripetano.Dopo la visita alla Risiera mi incammino con gli altri giovani presenti verso la Chiesa della Beata Vergine Addolorata di Valmaura dove ascoltiamo la testimonianza di un ex-deportato nel campo di progionia di Dachau, il Sig. Emo Giandesin, che oggi vive a Carlino. Il Sig. Giandesin sale sull’altare e ci invita a fare domande, ma nessuno interviene prontamente, tanto che lo stesso meravigliandosi esclama: “Ragazzi, non ho avuto paura io delle SS e voi avete paura di me?”. Sorrido per l’umorismo del Sig. Giandesin e poi penso che in realtà ci sia ben poco da sorridere, quell’uomo simpatico e distinto che ci guarda dall’altare ha perfettamente ragione. Se davvero ci fossero le condizioni per la costituzione di un movimento nazionalista e totalitario, la mia generazione avrebbe il coraggio ed il senso critico necessario per opporvisi? La paura del giudizio e dell’esclusione sa renderci schiavi e perfettamente uguali in un conformismo senza sapore..In realtà di fronte a tanta violenza gratuita e sistematica tutte le domande sembrano banali e ho solo voglia di chiedere al Sig. Giandesin se dopo tanti anni gli sia capitato di rincontrare o di cercare qualche ex prigioniero conosciuto a Dachau. Lo stesso mi risponde con un velo di amarezza che l’unico amico che aveva al campo, originario di Tarcento, non ha avuto la sua stessa fortuna e che di quanto gli sia capitato non abbia in realtà neanche parlato con la propria famiglia per molti anni. L’incontro si conclude alla Risiera di San Sabba con un invito a noi giovani a pregare per la pace in tutti i Paesi segnati attualmente da conflitti interni e internazionali. Il messaggio passa dalla memoria alla misericordia, nel solco del cammino giubilare proposto da Papa Francesco che culminerà a Cracovia con la Giornata Mondiale della Gioventù. Colgo l’occasione per ringraziare i volontari che hanno condotto le visite alla Risiera, in particolare Michela de Fornasari e Luca di Palma, don Nicola Ban e quanti hanno lavorato per organizzare questo importante momento di ritrovo regionale.
Lucia – San Lorenzo Isontino
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