Rave party: fra musica e stupefacenti

E’ fallito il tentativo di un ventiquattrenne monfalconese di organizzare un rave party nel quartiere di Straccis a Gorizia, fermato ancor prima del suo inizio dall’intervento della Questura.L’evento, che avrebbe dovuto svolgersi un paio di settimane fa, è stato intercettato dagli uomini della Polizia nel corso dei controlli di routine sui canali social. “Da qualche anno si monitorano fonti quali Facebook, Twitter, principalmente come controllo antiterrorismo e immigrazione clandestina – ha spiegato Luigi Di Ruscio, vicario del questore – ma, nel corso dei monitoraggi, si intercetta anche il “tam – tam” legato all’organizzazione di eventi non autorizzati o allo spaccio di sostanze stupefacenti”. Incrociando i dati trovati e confrontando le “amicizie” su Facebook si è riusciti ad individuare organizzatore e luogo dell’evento, che avrebbe dovuto chiamarsi “Family Party Reloaded”. “Ci siamo allarmati perché il rave avrebbe dovuto svolgersi all’interno di un magazzino, pericoloso a livello di sicurezza perché non adatto al ballo e a contenere un gran numero di persone”. All’organizzatore – I.V.J le iniziali – è stato quindi emanato un decreto di diffida, mentre il gestore dell’associazione Maine, che gestisce il capannone, è stato contattato ed ha visto emanata nei suoi confronti una diffida nel cedere in uso il locale per questo tipo di eventi.Il ragazzo però, fallito il tentativo a Straccis, ha tentato di spostare il rave a Marghera ma un tempestivo allerta alla Questura di Venezia ha permesso di bloccare nuovamente la realizzazione dell’evento. Nel frattempo era stata anche effettuata, con l’intervento del Commissariato di Polizia di Monfalcone, una perquisizione in casa del ventiquattrenne, nel corso della quale sono stati trovati 21 grammi di ecstasy, 1 grammo e mezzo di oppio e 1 grammo di cocaina, sostanzialmente la “spesa” per il party. Il giovane – che aveva già precedenti per droga – è stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.Le indagini ora sono portate avanti dalla Polizia Locale per quanto riguarda la sicurezza e l’aspetto urbanistico del locale, mentre la Guardia di Finanza si sta occupando di tutti gli accertamenti a livello fiscale.”Il capannone – ha aggiunto Di Ruscio – è spesso usato per fini associativi e feste private, come dovrebbe essere; però, nel momento in cui un evento si pubblicizza diventa pubblico e non più privato, portando appunto con se problematiche e pericolosità relative alla sicurezza e allo spaccio. Avremmo potuto intervenire a festa già avviata, con un’operazione, ma abbiamo preferito agire in maniera preventiva per evitare la diffusione di cattivi comportamenti. Se i ragazzi vogliono organizzare una festa, un rave, con la loro musica, possono farlo; ma in sicurezza e senza agenti dopanti altamente pericolosi”.

Per gli adulti? Un universo sfuggente ed indefinito – di Gabriella Burba

Tra le inquietanti notizie di cronaca su omicidi efferati e tentativi di suicidio, messi in atto da giovani e anche da ragazzini, il rave party sventato dagli agenti di polizia di Gorizia trova spazio solo per pochi giorni sui quotidiani locali senza suscitare grande allarme sociale, anche perché, questa volta, un’azione preventiva ha evitato l’assunzione di sostanze stupefacenti già pronte per essere distribuite ad almeno 300 giovani che avevano aderito all’iniziativa, pubblicizzata su Facebook.  E, infatti, i resoconti giornalistici parlano di indagini che poco hanno a che fare con aspetti psicologici ed educativi del mondo giovanile, essendo piuttosto rivolte alla verifica delle norme di sicurezza del sito e del rispetto di adempimenti fiscali. I problemi sottesi a questo tipo di incontri rischiano così di rimanere nell’ombra senza un’assunzione di consapevolezza e di responsabilità nei confronti di una generazione con evidenti sintomi di disagio, che non trova uno spazio pubblico di confronto, elaborazione, prospettive di soluzione. Probabilmente, per buona parte degli adulti, lo stesso termine rave party adombra un universo sfuggente e indefinito, di cui ben poco si sa. Il verbo inglese rave significa delirare, vaneggiare, entusiasmarsi, mentre rave party comincia a essere utilizzato dalla fine degli anni ’80 negli USA per descrivere le prime feste con musica elettronica (techno o acid-house), inizialmente espressione di protesta verso la crisi sociale indotta dalle politiche neoliberiste, che poi, espandendosi in altri Paesi, fra cui in primis l’Inghilterra, assumeranno caratteristiche di illegalità sia per il consumo di droghe sia per la violazione di tutte le norme riguardanti autorizzazioni, diritti d’autore, condizioni igienico-sanitarie. Negli ultimi anni, i social network sono diventati lo strumento privilegiato di comunicazione di date e luoghi dei rave a larghe platee di possibili utenti: qui si rivela l’aspetto ambivalente delle nuove tecnologie dell’informazione, idonee contemporaneamente a pubblicizzare eventi illegali e a permetterne la conoscenza e il conseguente intervento alle forze dell’ordine.  Cosa spinge migliaia di giovani alla cultura dello sballo, rincorso peraltro non solo nei rave ma anche in luoghi legali come le discoteche, le piazze, gli appartamenti di amici e, persino a quanto pare, i cortili delle scuole? Parecchi anni fa, nel 2008, il settimanale Panorama pubblicò un’intervista a 5 ragazzi intitolata “Giovani da rave party: voci dal girone dell’autodistruzione.” Ecco alcuni stralci delle loro testimonianze: “Chiamateci pure nomadi dello sballo. Ci muoviamo dalla spiaggia all’hangar come un’onda di ratti che strisciano lungo i muri… Il rave come un volo di libertà? Il rave è un sabba dove il giorno si fonde nella notte, dove la bellezza della giovinezza si perde dentro la dannazione della droga. Al rave non ci vai per stare con gli altri. Ma contro gli altri. Io, per esempio, ci vado contro mio padre: lui fa l’avvocato dei palazzinari romani e guadagna miliardi… Per lui sono solo uno zero. Allora per convincerlo che ha ragione vado a gonfiarmi d’alcol… Sogni di giustizia, sogni di uguaglianza, sogni morti. Oggi il serpente della droga comanda il branco.”Come in tante altre storie diverse, di suicidi, bullismo, anoressia e bulimia, raccolte sotto l’etichetta generica di disagio giovanile, emergono la solitudine, il disorientamento, il vuoto esistenziale, la rabbia contro una società ingiusta e spesso ipocrita, da cui non si vedono vie d’uscita e possibili realizzazioni alternative. Recentemente, come già è stato segnalato in uno degli ultimi numeri del giornale, un gruppo di adulti impegnato nel campo dell’educazione e del volontariato sociale ha inviato una lettera aperta a tutte le istituzioni del Friuli Venezia Giulia che hanno il compito di occuparsi dei giovani per riportare al centro dell’attenzione l’esigenza di uscire da logiche emergenziali, frammentarie e occasionali, centrate sulla prevenzione del disagio, perseguendo invece una continuità condivisa, strategica, quotidiana di impegno educativo che sostenga i ragazzi nell’affrontare gli inevitabili disagi della vita  in un contesto di ascolto, dialogo, solidarietà intergenerazionale. In conclusione, i redattori della lettera sottolineano la necessità di coniugare il tema dell’educazione dei giovani con quello del modello di convivenza che vogliamo costruire, senza arrenderci passivamente alle derive della società liquida, dell’individualismo, dell’anonimato: “L’idea di fondo è che si possa rigenerare senso di comunità a partire da un comune senso di responsabilità nei confronti delle giovani generazioni. I progetti, gli interventi, i servizi, le politiche per gli adolescenti diventano allora politiche di comunità per e con gli adolescenti (per e con le giovani generazioni), politiche che sono espressione di partecipazione e di impegno dei cittadini, sollecitati a cercare insieme la risposta alla domanda in quale comunità/società vogliamo vivere.”Questa la sfida, alta, impegnativa, ma ineludibile, a cui anche una notizia presto dimenticata come quella dello sventato rave party di Straccis ci richiama.

Scheda

Rave party è un termine utilizzato dalla fine degli anni ’80 per descrivere una particolare tipologia di feste, caratterizzate da musica elettronica. I generi più frequenti sono acid house, tekno, jungle, drum & bass, goa, tutti caratterizzati da un ritmo incalzante della musica, accompagnato spesso da giochi di luce.Il termine è oggi usato per indicare tutte le feste per le quali non vengono richieste autorizzazioni e assolti gli obblighi quali il pagamento dei diritti d’autore e il rispetto di normative igienico – sanitarie. Spesso inoltre vedono un largo consumo di sostanze stupefacenti tra i partecipanti, anche per riuscire a sopportare i ritmi frenetici della musica, che si protraggono per tutta la notte se non per giornate intere.