“Amoris laetitia”
11 Aprile 2016
La pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale “Amoris laetitia, sull’amore nella famiglia” di Papa Francesco pone il sigillo sul cammino sinodale degli ultimi tre anni. Sia ben chiaro: i paragrafi, che scandiscono il documento, non segnano una conclusione, ma un nuovo inizio. Il cerchio, quindi, non si chiude, ma si apre ancora. E in questo aprirsi, ricomprende tutto il lavoro svolto…Basta soffermarsi sul titolo del documento che rimanda, in modo chiaro ed efficace, ai temi delle due assemblee sinodali: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” e “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. L’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della sua vocazione, la riflessione sulla sua missione hanno come punto focale l’”Amoris laetitia”.Tornano alla mente, ora, con un accento rinnovato le parole conclusive della Relazione finale del Sinodo del 2015: “Ci auguriamo che il frutto di questo lavoro, ora consegnato nelle mani del Successore di Pietro, dia speranza e gioia a tante famiglie nel mondo, orientamento ai pastori e agli operatori pastorali e stimolo all’opera dell’evangelizzazione. Concludendo questa Relazione, chiediamo umilmente al Santo Padre che valuti l’opportunità di offrire un documento sulla famiglia, perché in essa, Chiesa domestica, risplenda sempre più Cristo, luce del mondo”. Oggi, prendendo a prestito il titolo dell’Esortazione, potremmo dire: perché in essa risplenda sempre l’”Amoris laetitia”.Di che documento si tratta? Innanzitutto va chiarito che è un insegnamento di carattere pastorale. Lo stile e l’approccio del testo risentono, pertanto, di tale impostazione o, meglio, di tale preoccupazione, che non va vista affatto come una contrapposizione al diritto. Al riguardo, vale la pena ricordare un principio basilare: la Verità non è astratta, ma si integra nel vissuto concreto – umano e cristiano – di ciascun fedele. È nella dottrina, dunque, che è insito il sigillo pastorale originario e costitutivo. L’obiettivo è chiaro: inculturare il Vangelo nell’oggi, perché sia significativo e raggiunga tutti. E questo, a maggior ragione, quando si parla di famiglia: sono passati 35 anni dalla “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II e il contesto, da allora, è completamento mutato. In altre parole: è necessario inculturare i princìpi generali affinché possano essere compresi e praticati. Papa Francesco lo spiega, in modo efficace, nella “Evangelii gaudium” quando chiede di “essere realisti e non dare per scontato che i nostri interlocutori conoscano lo sfondo completo di ciò che diciamo o che possano collegare il nostro discorso con il nucleo essenziale del Vangelo che gli conferisce senso, bellezza e attrattiva”.Tutto ciò, in materia di pastorale familiare, richiede tre atteggiamenti di fondo che si completano e si richiamano a vicenda: discernimento, accompagnamento e integrazione. E non è un caso che in cima ci sia proprio il discernimento. È un metodo di lettura della storia e di progettazione pastorale. Il discernimento spirituale, sintetizzava Papa Francesco alla comunità degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” (nell’incontro svoltosi il 14 giugno 2013), “cerca di riconoscere la presenza dello Spirito di Dio nella realtà umana e culturale, il seme già piantato della sua presenza negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali”.Insomma, discernere è un’esigenza reale della comunità cristiana nella sua multiforme presenza nella società. Discernere, però, non per dividere, ma per unire ed edificare sempre più una Chiesa madre, che non ha paura di mangiare con il figlio peccatore, che vede i problemi e che aiuta a guardarli nella luce del Vangelo. Una Chiesa che conosce e parla il linguaggio della misericordia, il solo in grado di dare risposta al desiderio di salvezza che c’è nel cuore di ogni persona.
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