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4 Maggio 2016
La stagione primaverile da sempre rappresenta per l’uomo un tempo fondamentale e propizio dell’anno: la natura si risveglia dal torpore invernale, il clima è più mite e le prime foglie fanno capolino sugli alberi. Il buon andamento dei fenomeni atmosferici di questa stagione è necessario per la riuscita dell’annata agricola e per la regolare maturazione di ciò che in inverno è stato seminato. Ed è proprio in questa delicata stagione che nacquero quelle che fino agli anni ’50, e da tempo immemorabile, erano prassi regolare nelle comunità rurali: le rogazioni. Il termine che deriva dal verbo latino “rogare”che significa “chiedere” si può tradurre come “preghiera di richiesta”: nelle modalità e nei tempi di cui in seguito renderemo conto, la Chiesa ha formulato dei particolari riti in cui chiede al Signore di stendere la sua mano sui campi per poter fare godere gli uomini di un raccolto abbondante e per salvarli dalle calamità naturali che possono capitare. Le rogazioni si dividono in rogazioni maggiori, celebrate il 25 aprile, festa di San Marco, e rogazioni minori, celebrate nei tre giorni precedenti la festa dell’Ascensione. In molti paesi purtroppo non si celebrano più, in altri la tradizione è ancora tenuta in vita – seppure con qualche cambiamento rispetto al passato-, è il caso dell’antica Pieve di Mossa, dove tuttora il paese di ritrova per le rogazioni minori.
Le rogazioni maggioriLa rogazione maggiore ha come origine la festa pagana delle “Ambravalia” processioni propiziatorie in onore di Cerere, con le quali si imploravano la fertilità dei campi e l’abbondanza del raccolto, anche tramite sacrifici. La più importante fra queste processioni si svolgeva proprio nel giorno del calendario corrispondente al 25 aprile. Nei secoli dell’inculturazione del Cristianesimo appena liberalizzato in Europa dopo l’editto di Milano questa festa venne introdotta nel culto cristiano, con lo scopo di chiedere al Signore, e non più alla divinità pagana, di guardare con benevolenza alle campagne per ottenere buoni raccolti; il concilio di Orleans del 511 ne approvò ufficialmente la pratica che fu favorita specialmente da San Gregorio Magno, che fra l’altro coniò il termine “rogazione” e la divisione fra rogazioni maggiori e minori. Dal nono secolo, per volere di papa Leone III la pratica si diffuse in tutte le comunità di Roma e successivamente di tutto l’Occidente cristiano, e prevedeva una processione penitenziale da celebrarsi nelle campagne il 25 aprile al fine di chiedere la protezione da tempeste e calamità naturali, anche piantando delle croci di legno e rami d’ulivo nel terreno.Anche nel paese di Mossa, fino all’anno 1970 il giorno di San Marco era caratterizzato dalle Rogazioni maggiori.Il corteo processionale partiva dalla chiesa posta sulla “Zenta” (fino al 1915, anno della distruzione, successivamente dalla chiesa parrocchiale) e raggiungeva la chiesetta del Preval, dove veniva celebrata la Messa. Fino al secondo conflitto mondiale potevano celebrarvi, in determinate occasioni durante l’anno liturgico, anche alcuni paesi del Collio sloveno come Vipolzano o Cerò e il 25 aprile era appunto una di queste. Il corteo dei fedeli mossesi, preceduto dal sacerdote con la croce e dai chierichetti, che arrivava vicino alla chiesetta si incontrava “su la crosara” con quello proveniente dai paesi sloveni: i due cortei erano quasi in competizione perchè quello che arrivava per primo al punto predefinito aveva diritto di celebrare subito la Messa, mentre l’altro doveva attendere il proprio turno.Le fonti ricordano uno stendardo particolare, su cui era raffigurato da un lato s. Andrea, patrono di Mossa, dall’altro s. Marco, che veniva portato in processione fino al secondo dopoguerra; si portavano inoltre i candelieri di argento e i “ferai” (lampioni). Durante il percorso, lungo un paio di chilometri, venivano cantate le litanie dei santi e si facevano quattro soste sugli angoli, durante le quali il sacerdote leggeva l’inizio del Vangelo di Giovanni e impartiva la benedizione propiziatoria per il buon andamento dei raccolti. La partecipazione era massiccia, particolarmente da parte dei contadini. Dal secondo dopoguerra, quando la chiesa del Preval non era più aperta al culto, e fino al 1970 (ultimo anno in cui è documentata la rogazione) il percorso comprendeva parte di Miezavilla e di Vallisella, girando intorno al “Picol” e il rito risultava molto semplificato: non si effettuavano soste e non si costruivano più altari. Con la ricostruzione della chiesa del Preval, riconsacrata nel 1995 l’Arciprete don Mauro Belletti inserì nuovamente, ma solo per alcuni anni, questa festa, celebrandola in modo ulteriormente semplificato, con una processione che dalla chiesa parrocchiale arrivava in Preval, dove veniva celebrata la Messa.
Le rogazioni minoriAnche l’origine delle rogazioni minori è antichissima e trova le sue basi nella Chiesa di Vienne del quinto secolo, governata dal vescovo Mamerto. Negli anni ’70 del quattrocento, la comunità venne colpita da disastrose calamità naturali come terremoti e nubifragi, che aggiunti all’invasione dei Burgundi, tribale popolo scandinavo, gettarono la popolazione nello sconforto più totale. Il vescovo, per risollevare il morale dei suoi fedeli indisse tre giorni di espiazione e digiuno in cui cantare i salmi per placare la giustizia divina, che secondo l’opinione comune si era abbattuta sulla provincia. Ben presto questo culto si diffuse fra le comunità vicine tanto chè venne regolamentato dal concilio di Orleans del 511, che prescrisse l’astinenza dalle carni durante i tre giorni e i salmi e le litanie da cantarsi durante le processioni, a cui dovevano assistere obbligatoriamente tutto il clero e il popolo della città. Piano piano le rogazioni si diffusero in tutta la chiesa d’Occidente.Le rogazioni minori si svolgevano nei tre giorni consecutivi precedenti l’Ascensione: lunedì, martedì e mercoledì, fino a quando l’ascensione veniva celebrata di giovedì. Il rito prevedeva che il popolo, il celebrante e i chierichetti si ritrovassero di buon mattino (fra le cinque e le sei) presso la chiesa parrocchiale per poi raggiungere i confini della parrocchia, compiendo ogni giorno un percorso diverso. A Mossa la processione passava per le diverse borgate per giungere a una chiesetta dove si celebrava la Messa. Il primo giorno la processione andava in Zenta e per la strada campestre raggiungeva la cappella del cimitero, il secondo giorno attraversava Ciavèz di Sot fino alle chiesetta dei Baroni Codelli (privata e aperta oggi al culto solo in questa occasione); il terzo giorno si giungeva fino in Preval, finchè c’era la chiesa: poi passava invece per il Blanchis, compiendo lo stesso percorso delle rogazioni maggiori e si concludeva con la Messa celebrata nella chiesa parrocchiale. La funzione di tale benedizione era quella di propiziare una buona annata agricola e quindi un buon raccolto, portando ai campi il benessere e allontanandone la grandine. La partecipazione dei contadini era massiccia anche per quanto riguarda gli uomini ed è documentata anche la partecipazione degli studenti della scuola del paese, che nei primi del ’900 partecipavano al rito accompagnati dal maestro.
Gli appuntamenti di quest’annoAnche quest’anno, come da secolare tradizione la comunità di Mossa guidata dall’amministratore parrocchiale mons. Arnaldo Greco si riunirà per celebrare le rogazioni, con una novità rispetto agli anni precedenti: il giorno d’inizio slitterà al giovedì prima dell’Ascensione per permettere la conclusione comune delle celebrazioni il sabato, assieme ai fedeli della comunità di Lucinico. Giovedì 5 maggio, primo giorno di rogazioni, il rito inizierà alle 6,45 presso la chiesa del Preval, con la benedizione al paese e la santa Messa. Venerdì 6 maggio con lo stesso orario il rito verrà celebrato presso il giardino della famiglia Codermaz in “Vallisella” con la benedizione alla campagna e la celebrazione eucaristica, mentre la conclusione, come già accennato, avverrà sabato 6 maggio con inizio all’ora consueta presso la chiesetta di San Rocco a Lucinico: in questo modo i fedeli dei due paesi potranno celebrare assieme la conclusione di questo sentito e antico momento di preghiera.
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