Minori e affido
4 Luglio 2016
Quando la famiglia si trova in gravi difficoltà e non riesce a garantire un contesto adeguato alla crescita della prole, il Servizio sociale pubblico, oltre all’impegno a sostenere la stessa famiglia, ha davanti due strade: inserire il minore in una comunità o affidarlo temporaneamente ad una famiglia disponibile ad accoglierlo.Dalle premesse alle “Linee guida per l’Affido Familiare in Friuli Venezia Giulia”, approvate dalla Giunta regionale il 12 giugno 2015, abbiamo la dimensione quantitativa di questo problema riferita al triennio socioeducativo 2011-2013: “l’affido ha riguardato un numero crescente di minori – soprattutto adolescenti di nazionalità italiana, distribuiti pressoché equamente tra maschi e femmine – che dai 393 nel corso del 2011 sale ai 411 nel corso del 2012 ai 436 nel corso del 2013. L’accoglienza in comunità nel corso dell’ultimo triennio ha interessato un numero di minori in lieve diminuzione: nel corso del 2011 i minori accolti in comunità sono stati complessivamente 476, di cui 372 in comunità della regione e 104 in comunità fuori regione, nel corso del 2012 sono stati complessivamente 488, di cui 379 in comunità della regione e 109 in comunità fuori regione, e nel corso del 2013 sono stati complessivamente 465, di cui 377 in comunità in regione e 88 in comunità fuori regione”.Di questo complesso argomento, che ha rilevante peso sociale anche se in genere non è molto conosciuto, si è parlato il 21 maggio scorso nell’auditorium della Regione a Udine in una giornata formativa promossa dall’Associazione “Il Focolare o.n.l.u.s,” in partenariato con il “Garante regionale dei diritti della persona”. Il diritto del bambino a crescere in una famiglia è stato ribadito da Fabia Mellina Bares, che nel Garante regionale ha funzione di garanzia per bambini e adolescenti.Purtroppo, ha notato, l’esistenza del diritto non significa che ciò avvenga e questo si evidenzia quando la famiglia naturale, per i più diversi motivi, entra temporaneamente in difficoltà e non è nelle condizioni di accompagnare il minore in una crescita equilibrata nell’esperienza di diritti e doveri necessaria ad entrare responsabilmente nella società.La risposta a queste difficoltà temporanee passa o attraverso istituzioni come comunità e collegi o, rimanendo nel tessuto sociale, attraverso l’inserimento in famiglie disponibili, preparate e sostenute dal Servizio sociale o da associazioni di volontariato, in collaborazione tra loro.La giornata aveva il significativo sottotitolo “Progetto famiglie accoglienti” e su questo lo psicologo Marco Chistolini si è soffermato sottolineando che “senza famiglie disponibili l’affido non si fa”. L’affido è una pianta delicata, ha detto, e va gestito con una attenta collaborazione tra Servizi e famiglie, con progetti chiari ed adeguati.È da tener presente, ha ribadito Chistolini, che l’affido non è una adozione ed ha come punto finale il recupero ed il sostegno alla famiglia di origine del minore in vista di un suo rientro. La famiglia che accoglie il minore, affidataria, ha necessità di essere accompagnata anche durante la nuova esperienza di vita familiare e in questo, oltre alle forme istituzionali di sostegno, risultano particolarmente importanti le associazioni di volontariato sociale.Ne hanno parlato al convegno Cristina Riccardi dell’Associazione “Amici dei bambini” di Milano e Deborah Rossit, psicologa e collaboratrice dell’Associazione “Il Focolare” che ha sede a Campolongo Tapogliano ed Alda Brunetti che, presidente di quest’ultima associazione, ha illustrato l’esperienza della sua famiglia nell’accoglienza di minori in affido.Davanti al problema dei minori che, molte volte in via giudiziale, non possono rimanere temporaneamente nella famiglia di origine ci sono, oltre alle risposte dei Servizi pubblici, sensibilità e disponibilità di famiglie che concorrono ad affrontare un problema di rilevante peso sociale. Non ci sono solo questioni economiche (i costi che i Comuni sostengono per l’affido in comunità sono elevati e comunque superiori a quelli di un affido familiare), c’è soprattutto l’obiettivo di garantire ai minori una adeguata crescita e formazione evitando, per quanto possibile, il rischio dell’emarginazione e del disagio sociale.Tutela del minore, sostegno alla sua famiglia, collaborazione con le famiglie affidatarie, sono obiettivi che le Linee Guida regionali tengono ben presenti. Lo ha sottolineato Chiara Tunini, dell’area delle politiche sociali e sociosanitarie riferite ai minori nella competente Direzione centrale della Regione. Ha pure annunciato che alla fine di quest’anno è prevista una verifica delle Linee Guida, al fine di adeguarle all’evolversi delle situazioni e delle esperienze in corso, con una attenzione particolare al ruolo del servizio pubblico e del volontariato sociale che in questi anni ha dimostrato di saper crescere anche nel settore dell’affido familiare.
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