Aggregazione giovanile a Piazzutta negli anni ’50
18 Luglio 2016
Tra le cose più attraenti che avevamo preparato per il pubblico giovanile c’era la famosa, già citata, sala giochi che tenevamo aperta al pomeriggio. Offriva il suo bel ping-pong e l’immancabile calcio-balilla, oltre ad altri giochetti da tavolo e la compagnia degli amici. Risultò subito molto affollata, con le sue offerte ludiche e le occasioni d’incontro che offriva, movimentava un po’ tutti in un euforico e gioioso stare insieme. Nel suo ambito ogni tanto venivano organizzati dei tornei, sempre molto graditi. Chi teneva in piedi l’insieme dei vari divertimenti erano gli amici della nostra associazione cattolica, la “Giosuè Borsi”, così da noi chiamata dal nome del giovane scrittore al quale s’ispirava, morto a Gorizia durante la Grande Guerra. Di lui si riportava una frase programmatica che campeggiava sullo stipite della porta della nostra sede, invitava a “Fare della propria vita il proprio capolavoro”. Un invito che noi membri dell’AC di Piazzutta avevamo preso sul serio e volevamo in ogni modo onorare, perciò cercavamo con ogni forza di prodigarci al meglio.C’era Bruno che sovrintendeva a tutto, l’Edo Ferfoglia che pensava a organizzare le gare, gli altri, in particolare Aldo Lipizer e Pierin Grusovin, che cercavano di animare le varie iniziative. A me era stato affidato il compito di pensare ai più piccoli, tanto che alla fine diventai Delegato Aspiranti, il responsabile dei ragazzi della Giac tra i dodici e i quindici anni. Con loro, oltre ai giochi giornalieri, facevo da narratore nelle “adunanze”, l’accompagnatore in chiesa, il direttore del coro nei canti che spesso ci divertivamo ad intonare.La nostra vita, come si vede, non era certo monotona e, quando non avevamo altro da fare, c’intrattenevamo a pensare come avremmo potuto occupare l’estate nel migliore dei modi. Con i più grandi invece, nei giorni di vacanza, al pomeriggio, uscivamo insieme in bicicletta a intraprendere qualche salutare scampagnata, allietata da un’immancabile sosta conviviale, tanto per rinsaldare la nostra amicizia e renderla più profonda. Durante il pieno dell’estate poi, ci spingevamo fino al mare, a Grado, stando insieme per tutto il giorno a fare vita in comune, dopo una veloce sgroppata di ben quaranta chilometri! Al ritorno, tanto per onorare la nostra prestanza atletica, ci sfidavamo in forsennate corse ciclistiche, regolarmente vinte dall’Edo, il più sportivo ed allenato di noi. Per i più piccoli a loro volta, durante le vacanze estive, organizzavamo quello che in gergo Giac veniva chiamato il “Grest”, il modo di vivere le attività estive da parte degli Aspiranti. Avevamo pensato di preparare un vero e proprio campo di tipo scoutistico, sotto le tende, allestito nel cortile della casa parrocchiale, nel quale svolgere varie attività. In una occasione trasportammo le tende dalle parti dell’Isonzo, sulle cui rive trascorremmo un’avventurosa giornata. Naturalmente i ragazzi ne approfittarono per fare il bagno, tuffandosi nel fiume, alcuni anche senza saper nuotare! Ciò mi mise in difficoltà e mi preoccupò non poco, sconsigliandomi dal ripetere l’impresa.Durante il periodo delle vacanze estive, don Cesco era più spesso presente tra noi, maggiormente libero dai propri impegni; si operava insieme, si giocava e si improvvisavano corali, belle cantate. Non mancava anche l’assistenza spirituale dei don, perché le nostre iniziative puntavano a rendere piacevole e fruttuosa la convivenza, ma anche cristianamente formativa.
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