Una decisione di coscienza umanitaria
26 Settembre 2016
“Una decisione di profonda coscienza umanitaria” così, nell’introduzione al libro di Tania Zanuttini “Visco 1943 – Un campo di concentramento in Friuli, il prof. Boris Pahor intitola il suo contributo per esprimere la gratitudine a nome della comunità slovena e insieme per sottolineare l’importanza decisiva di una segnalazione documentata e di una memoria scritta per una ingiusta sofferenza. È stata grande festa venerdì scorso a Visco – ospiti del tendone della casa degli Alpini visto che la sala predisposta era incapace di accogliere tutti – per la presentazione del libro edito dalla Editrice Goriska Mohorjeva di Gorizia in collaborazione con l’Anpi della provincia di Udine, l’Associazione “Terre sul confine” e l’Eni di Buldo Orlando, per le stampe delle Poligrafiche S.Marco di Cormons. Il volume si apre con una foto straordinaria di Claude Andreini: quello che resta del campo di concentramento di Visco ripreso dall’esterno, attraverso il foro del portone di ferro corroso dalla ruggine. Immagine che parla da sola come si legge nella quarta di copertina: “storia, memoria, attesa di futuro; separazione ed empatia; indifferenza e partecipazione; autentico, posticcio ignorante; urlo e carezza; essere e dover essere; tempo e attesa; richiamo a riempire vuoti con passione; a togliere confini – ama a parlare di essi – dal buono a quello dell’odio; per evitare tempo sospeso che galleggi sul nulla”. Didascalia commentata dall’autore che non ha perso tempo per denunciare assenze e dimenticanze.All’interno troviamo il lavoro della giovane appassionata ricercatrice: la tesi di laurea divisa in tre capitoli; il primo dei quali riguarda il sistema dei campi di concentramento ed internamento in Italia; il secondo la politica verso gli slavi in Italia ed il terzo, particolarmente significativo, la raccolta delle testimonianze (dodici) di coloro che – nati fra l’anno 1921 2 il 1936 – costituiscono la memoria del campo di Visco. Il volume si conclude con alcune appendici e, in particolare, con la autorevole testimonianza del prof., Boris Pahor, scrittore classe 1914.Nell’occasione della presentazione dell’opera hanno offerto il loro contributo, coordinati dal prof. Ferruccio Tassin, il presidente dell’Anpi di Udine Dino Spanghero, il presidente dell’editrice mons. Renato Podbersig, il prof. Mattiussi, segretario del Centro studi e l’autrice del lavoro Tania Zanuttini. Al centro di tutte le parole ed i pensieri la precisa intenzione di assicurare i dati indispensabili per una memoria che rischia di essere negata: i campi di concentramento, pur nelle loro differenze, costituiscono non solo un dato certo ma anche l’esito finale di un progetto che aveva a cuore proprio la cancellazione precisa di identità e culture diverse.Un progetto per il quale pervicacemente si è lavorato da parte di un regime che aveva proclamato le leggi razziali e si rischia di lavorare ora pretendendo di imporre il silenziatore a realtà come quella di Visco con il pretesto di guardare ad altro.La ricchezza delle testimonianze, insieme con la passione dei ricercatori e difensori non di un luogo ma di un “segno”, costituiscono la migliore riprova che la battagli contro i rischi di revisionismo e negazionismo, si vincono mettendo tra le mani della gente testi come “Visco 1943” che , insieme alla freschezza della autrice, segnano un cammino di speranza. Anche da queste colonne viene logico l’auspicio che quel portone torni ad essere aperto e perché il campo di concentramento di Visco resti quello che è: un libro aperto per chi vuole cogliere la lezione della storia. E per non dimenticare.
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