Simonetta Venturin: novità alla direzione de “Il Popolo”
2 Marzo 2017
Da qualche mese alla guida del settimanale della diocesi di Concordia – Pordenone c’è Simonetta Venturin, giornalista che ha “preso il testimone” da don Bruno Cescon, direttore del giornale per un ventennio. Un ruolo importante quello di Venturin, non solo per essere alla guida di un settimanale cattolico, ma anche per essere un direttore donna in un universo – quello dell’editoria – in cui le donne al “comando” di una testata sono ancora poche.Con la sua nomina, tutti e cinque i settimanali cattolici della regione aderenti alla Fisc sono guidati da laici: oltre a Voce Isontina, infatti, “La Vita Cattolica” di Udine è guidata da Roberto Pensa, “Vita Nuova” di Trieste da Stefano Fontana, “Novi Glas” da Jurij Paljk. Un significativo unicum nel panorama dell’editoria cattolica nazionale.In occasione dell’8 marzo, Festa della Donna, ci siamo fatti raccontare da Simonetta di questa sua nuova esperienza, del suo percorso e anche del significato che oggi giorno questa ricorrenza può assumere.
Simonetta: giornalista, direttrice di un settimanale, donna. Qual è la, chiamiamola “sfida”, che senti di voler affrontare in questo tuo incarico che da qualche mese ricopri? Cosa ti piacerebbe riuscire a portare avanti che ancora non è stato fatto?
Una sola: fare un buon giornale. Contano testa e cuore. La sfida, se vogliamo proprio chiamarla così, è essere un valido direttore. Non essere un direttore donna.
Parliamo un po’ di te: come ti sei avvicinata a questa professione? Quali i tuoi sogni/desideri da ragazza e studentessa?
Ho sempre letto esageratamente tanto e a forza di leggere ho cominciato a desiderare anche la scrittura. Gli scrittori erano, e restano, i miei eroi e le mie eroine. Ma c’è anche la realtà che bussa alle nostre finestre, alza la voce, si impone. E’ iniziata allora un’attenzione anche al mondo dei giornali. Crescendo le due cose si sono mescolate: libri e scrittori, giornali e giornalisti. Ma abili di penna.
Pensavi già a tutto questo?
Sono stata aiutata dalla mia maestra che, già alle elementari, ci faceva seguire le inchieste del momento: dalla diossina di Seveso al sequestro di Aldo Moro. Compravamo giornali diversi, leggevamo le cronache e gli approfondimenti. Facevamo ricerche sulla attualità. Ha tracciato una strada, l’ha resa familiare.
Con il tuo incarico da direttrice ricopri ora un ruolo che, ancora oggi e soprattutto all’interno del mondo dei settimanali cattolici, è spesso coperto da figure maschili. C’è qualcosa secondo te che “un occhio” femminile può portare in più in questo ambito? O pensi che in questo particolare settore non ci siano grosse differenze di “vedute”?
Una scelta dettata dalla continuità più che dalla rivoluzione. Scrivo per Il Popolo dal 1998, dal 2001 sono in redazione. La mia esperienza è maturata alla scuola di don Bruno Cescon, mio direttore e direttore del settimanale diocesano per vent’anni. Quanto a differenza, certo che ce ne sono. Per quanto mi riguarda sento tutta la responsabilità dell’incarico e cerco di restituire in qualità quanto mi è stato dato in fiducia.
8 marzo, Festa della Donna: che significato e che messaggio possiamo dare oggi a questa ricorrenza? E che significato ha invece per te?
Le mimose mi piacciono. Se stanno ad indicare un’oasi di gentilezza ben vengano. Certo, stridono con la statistica italiana di una donna uccisa ogni tre giorni. E semmai servono ancora di più per questo. Se c’è bisogno di un significato nuovo, che siano un no collettivo alla violenza. Auguro a tutte le donne di recuperare un po’ delle virtù scomparse: discrezione, grazia, gentilezza, tenerezza, attenzione. Da dare e da ricevere. Mi spiego: da una parte ci sono le donne che sembrano averle un po’ dimenticate. Pesa, e in parte le assolve, il gravoso carico di impegni: casa, famiglia, lavoro. Dall’altra, però, va anche detto che non ci vengono che sempre rivolte.
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