Disputa a cinque per concerto barocco
27 Marzo 2017
Non è frequente, purtroppo, vedere affollata la sala del Comunale di Monfalcone per le serate musicali. Ma se il pubblico, come venerdì 3 marzo, è costituito da quei coraggiosi decisi a ribellarsi alle banalità e a “staying curious” per la gioia della mente, il dato è già confortante. Di scena, una serata a tema: “La difesa della viola da gamba contro le pretese del violoncello”-, un rapido “excursus” nel panorama musicale di un’epoca inquieta, il tramonto del periodo barocco, tra il ’600 e il’700, eppure di straordinaria ricchezza culturale, in cui le dispute degli intellettuali francesi o “querelle” riguardavano anche la musica. La serata a tema ha descritto una disputa fra gli strumenti musicali, quasi personaggi vivi e caratterizzati, sulla fonte d’uno scritto ironico, stilato a metà ’700 da Hubert Le Blanc. I brani del concerto sono stati introdotti dalla voce recitante di Luciano Bertoli che ha illustrato le varie fasi della competizione musicale, esponendo come il linguaggio dell’armonia sia rappresentato da strumenti elettivi per ogni popolo e nazione: l’estroversione del violino e del violoncello esprime il linguaggio musicale degli italiani, mentre i tedeschi prediligono il flauto. Il clavicembalo -declinato fino alla spinetta e al virginale – rappresenta l’omaggio degli inglesi alla loro regina musicofila e interprete, Elisabetta I^. Dal canto loro, i francesi preferiscono “lo strumento più affine alla voce umana” – secondo il teorico secentesco Marin Mersenne per interposto Jordi Savall – anch’esso caro a un re, Luigi XV, cioè la viola da gamba.Verso la fine del XVII secolo, soppiantata sempre più dal pretenzioso violoncello, la negletta viola si difende e, su consiglio della dea Musica apparsa in suo aiuto, si pone a praticare negli ambienti aristocratici sia l’armonia di carattere “maschile”- privilegiante l’incisività del suono” – sia l’armonia di carattere” femminile” – fondata sul valore della risonanza-. Ecco, dunque, la parte della viola sostenuta da Vittorio Ghielmi, squisito ricercatore di estreme finezze timbriche, impegnato sulle note d’uno tra i più autorevoli cultori dello strumento, Marin Marais in programma coi suoi “Pezzi per viola” dal Libro IV, autentiche gemme di umbratile ma vibrante sensibilità, tutte giocate sulle dinamiche sfumate, in cui la ricchezza cesellata degli abbellimenti diviene parte costitutiva della linea melodica esposta egregiamente da Ghielmi nel suo dialogo col liuto, “re degli strumenti” (Le Blanc), in questo caso rappresentato da Luca Pianca, ideale e speculare interlocutore.Dal canto suo, il timbro sanguigno del violoncello di Enrico Bronzi duettava col clavicembalo di Lorenzo Ghielmi, impeccabile nel suo virtuosismo sicuro e nitido, d’efficace controparte. L’autore, in questo caso, era Francesco Geminiani nelle cui Sonate op.5 nn.2 e 6 , il fervore della materia sonora, come nei “Pezzi per viola e basso continuo” di Antoine e Jean-Baptiste Forquerai, – ancora con Vittorio Ghielmi – preannuncia una carica eversiva che già attacca gli ambienti di corte. E finalmente, ecco il testa a testa fra i due antagonisti nelle variazioni su tema dalle “Folies d’Espagne”, raccolte da Bronzi, Guglielmi e Pianca, marcate dal genio di Vivaldi.Consensi fervidi. Bis con l’”Aria”tratta dalla Sonata a 3 “Les Nations” di Francois Couperin, concertata all’occasione per i quattro affiatatissimi interpreti.
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