Per l’Europa il futuro “della comunione”
31 Marzo 2017
Teologo e artista, il gesuita padre Marko Ivan Rupnik è senza dubbio un “uomo europeo”.Un titolo che gli spetta senz’altro per avere percorso centinaia di migliaia di chilometri su e giù per il Vecchio Continente per seguire la realizzazione delle opere curate dall’”Atelier dell’Arte spirituale” da lui diretto presso il Centro “Aletti” di Roma, per guidare corsi di Esercizi spirituali o per tenere sempre affollate conferenze dal Mar Baltico al Mediterraneo…: ha avuto modo così di conoscere da vicino e nel profondo gli uomini e le donne di culture, lingue e religione differenti che, alle diverse latitudini, abitano l’Europa in questo primo scorcio del Terzo millennio.Ma la capacità di cogliere la complessità europea, gli viene, probabilmente, in primis dall’essere – lui sloveno che ha a lungo operato in una terra di confine come Gorizia presso il Centro dei gesuiti “Stella Matutina” – un “figlio di Aquileia”; figlio spirituale di quella terra dove – come ricordava il cardinale Špidlík – è ancora possibile sentire respirare all’unisono i due polmoni dell’Europa: quello dell’Oriente (ortodosso e slavo) e quello dell’Occidente (cattolico e riformato, latino e tedesco).Lo abbiamo incontrato al termine della “Due giorni” che l’ha visto a Gorizia in occasione delle celebrazioni per i santi patroni della città, i martiri aquileiesi Ilario e Taziano.
Padre Marko, a 60 anni dalla firma del Trattato di Roma, ha ancora un senso parlare di Unione Europea? Dinanzi alla brexit ed alla tendenza degli Stati ad innalzare sempre nuovi muri ai propri confini, ha ancora un futuro il sogno di un’Europa unita?
Penso che l’Europa abbia un solo futuro che vorrei definire non “dell’unità” ma della “comunione” europea. E questo nonostante stia attraversando oggi tensioni e difficoltà che potremmo definire “tipicamente europee”. C’è una tendenza degli Stati a raggrupparsi, a creare conglomerati grossi e l’Europa o riesce a superare il proprio individualismo oppure sarà superata.Proprio per questo i cristiani, senza clamori e senza fare la voce grossa ma lavorando in silenzio, debbono divenire il lievito della comunione fra i popoli europei. Dobbiamo presentare un modo di vivere capace di andare oltre queste individualità autoaffermative: in caso contrario ci troveremo dinanzi ad un futuro veramente drammatico. Siamo caduti nella trappola di esagerare la divinità come dominante e dobbiamo fare i conti con l’esaurirsi dell’antropocentrismo radicale in un’angoscia: la terza forza – come ricordava Vladimir Soloviev – dovrà essere una forza pacifica che non cercherà una propria forma dell’esistenza. Una forza che non cercherà nessun potere per sé e non farà nel proprio nome ma diverrà un tramite, cercando, piuttosto, di offrire la propria vita.Sono convinto che oggi l’Europa abbia bisogno di qualcuno che le dia la vita.Se ci guardiamo intorno vediamo una stanchezza ed una fragilità diffuse: abbiamo fatto crescere una generazione viziata, incapace di affrontare le prove della vita quando questa diventa dura ed esigente. Abbiamo proposto alle nuove generazioni un’educazione formativa ma non di probazione: ci sono stati decenni di benessere e. come dicevano alcuni sanno, l’uomo si abitua a tutto tranne che al benessere.
L’Europa appare sempre più stanca ed oggi anche incapace di affrontare il tema delle migrazioni….
Da quando il nostro pianeta esiste, esistono le migrazioni. Si tratta “semplicemente” di una questione di vita dietro di cui è inutile cercare di individuare chissà quali progetti ideologici o strategici: quando una bottiglia è colma, l’acqua uscirà inevitabilmente fuori. È un dato di fatto. Punto.Nel Vangelo troviamo tre parole greche che esprimono la vita.Bios è la vita biologica: esistono zone del mondo dove possiamo trovare una forte vitalità proprio a questo livello della natura umana.Poi troviamo la “psiche” e ci spostiamo su un livello più “problematico”: qui, in gioco, c’è la voglia di realizzare la vita biologica. Però se la “bios” manca viene meno anche questa forza che però può essere solo una forza egoista: se, però, in questa forza manca la vita essa si traduce solo in un gonfiore inconsistente e si trasforma in una patologia.La terza parola è “zoé”, la vita secondo Dio: una vita di accoglienza e di inclusione dell’altro. Sin dagli albori della nostra civiltà c’è sempre qualcuno che accoglie e qualcuno che viene accolto ed entrambi escono profondamente segnati e mutati da questo incontro.Io penso che la Storia sia guidata dalla Provvidenza e non dalla strategia.I flussi migratori odierni dicono all’Europa un qualcosa di importante e che non può essere visto solo come problematico o negativo. Essi ci ricordano che non siamo riusciti a promuovere un vero progetto di integrazione culturale nei tanti decenni in cui abbiamo accolto le migrazioni nel nostro Continente.Dobbiamo essere in grado di porre in essere un progetto reale per creare uno Stato che non sia solo etnico ma che diventi, innanzitutto, casa di chi lì abita e lavora.E questo sarà il futuro.Non sono più pensabili gli Stati individuali monolitici perché il mondo ormai ha preso un’altra strada. A chi mi racconta di avere partecipato ad un incontro internazionale “cattolico” io obietto che, partecipando alla messa, ho incontrato tutte le etnie che sono battezzate perché l’Eucarestia è convocazione di tutto il Corpo di Cristo. Siamo stati abituati a vivere secondo un modo interculturale ed internazionale perché la Chiesa così è strutturata: oggi, quindi, dobbiamo aiutare l’Europa a diventare pacificamente una casa per quelli che vi vivono e lavorano. Certamente la legge deve perseguire i criminali ma chi vuole lavorare onestamente e dare il suo apporto alla creazione di questo nostro mondo deve poter trovare qui la sua casa. In Europa è sempre avvenuto questo: solo negli ultimi secoli abbiamo vissuto la realtà dei gruppi etnici monolitici. Ma, ormai, in futuro non sarà più così!
Ricorre proprio in questi giorni il quarto anno dall’elezione di papa Francesco. Il cammino di riforma della Chiesa da lui avviato è irreversibile?
Sono trascorsi quasi 16 secoli dal Concilio di Calcedonia (celebrato nel 451) eppure non l’abbiamo ancora pienamente compreso: scivolando nelle ideologie, nelle divisioni, negli scontri… abbiamo, infatti, tradito la libera unione del divino e dell’umano nell’amore della Persona di Cristo. Figuriamoci quindi come ci comportiamo nei confronti del Concilio Vaticano II che è concluso da ben minor tempo!Io penso che il cammino che Francesco indica alla Chiesa richiederà una fatica enorme per proseguire ma non potrà essere fermato. E questo perché la Chiesa è comunque un flusso di vita!Noi siamo vicini alle zone carsiche: tu puoi anche far inabissare un fiume ma puoi essere certo che spunterà da qualche altre parte. La storia della Chiesa ci insegna continuamente che tutti i problemi vitali se vengono respinti ritornano sempre e chiedono di essere considerati.La Chiesa è un flusso di divina umanità: umanità vissuta in modo divino e filiale; umanità impregnata dal territorio, dall’ambiente, dalla cultura… Il modello di Chiesa voluto da Costantino è ormai passato. Non vogliamo accettare questa constatazione? Non c’è problema visto che sarà la storia stessa a metterci dinanzi ai fatti.L’assenza di vocazioni sacerdotali, ad esempio, è un fatto che deve aiutarci a leggere quello che Dio ci sta dicendo, in questo momento. Perché se ci affidiamo ad un modo diverso di strutturare la Chiesa, i sacerdoti sono assolutamente sufficienti a differenza di quanto avviene se continuiamo a far nostro il modello costantiniano di Chiesa. Ripeto: è la storia stessa che ci metterà davanti alle cose, anche se noi siamo testardi e non vogliamo prenderne atto!Prendiamo l’Est Europa. Ho parlato di queste cose personalmente tante volte con papa Wojtyla. Dio ha fatto vivere all’Est Europa una prova durissima sotto il comunismo affinchè tutta la Chiesa imparasse qualcosa: per evangelizzare, per portare avanti la missione che Dio le ha affidato, la Chiesa non ha bisogno di palazzi, di scuole, di università, di fondi finanziari… Nel periodo del Comunismo la Chiesa ha saputo sopravvivere perché ha offerto una testimonianza davvero esemplare.Però, quando il Comunismo è terminato, cosa è successo? Abbiamo voltato pagina e siamo corsi in Occidente per acquisirne i modelli.Abbiamo dimenticato la sollecitazione dei profeti dell’Antico testamento a leggere sempre gli eventi secondo la volontà di Dio: “Cosa voleva dirvi Dio con quanto vi è successo?”.Penso che Francesco – come avvenuto anche per i suoi tre predecessori ma in maniera se possibile ancora più esplicita – sia totalmente schierato con questa lettura profetica: “Cosa Dio ci sta dicendo in questo momento?”.Non possiamo immaginare ancora una Chiesa eurocentrica. Il Vecchio Continente non rappresenta più una forza di riferimento per il resto del mondo: non lo è a livello politico, economico, culturale…La cristianità asiatica, ad esempio, è mille miglia lontana dai nostri modelli. Un sacerdote thailandese, cinese, cambogiano o indonesiano che studia all’estero quando ritorna a casa con vesti e modelli acquisti a Roma piuttosto che in Francia o in Germania o negli Stati Uniti deve fare i conti molto spesso con un fallimento: i suoi conterranei lo guardano e gli chiedono cosa c’entrino quelle vesti e quei modelli pastorali con il loro cammino di vita.
La necessità di un anno dedicato alla Misericordia non significa forse il fallimento dell’immagine di Dio che troppe volte la Chiesa trasmette? Non dovrebbe essere automatico per un credente ricordare che il nome di Dio è Misericordia?
La storia degli ultimi secoli testimonia, purtroppo, che questo non è avvenuto ed è stato doloroso constatare che bisognava “fermarsi” per prendere proprio atto che il nome di Dio è Misericordia. Noi abbiamo impostato una cristianità dove la distanza che separa l’uomo da Dio, io voglio coprirla con il mio impegno. Nessuno c’è ancora riuscito ma noi continuiamo a credere che questo sia possibile!San Gregorio di Narek – probabilmente il più profondo studioso della Misericordia nella tradizione della Chiesa armena – ci ricorda che la Misericordia è quella dimensione di Dio che muove Dio a coprire la distanza fra il Dio vivente e l’uomo morto. È Dio che scende verso l’uomo ma noi questo non lo capiamo perché abbiamo basato tutta la nostra vita sui muscoli.Tristemente non mi sorprende che concluso l’Anno della Misericordia voluto da papa Francesco noi giriamo tranquillamente pagina.Un giorno un cardinale mi ha chiesto: “Devo parlare della Misericordia. Come mi consiglia di trattare il tema?”. Gli ho risposto che facendo lui parte del “governo” della Chiesa poteva cercare di far comprendere cosa c’entri la Misericordia con il modo di governare la Chiesa, le istituzioni ecclesiali, le parrocchie, le realtà pastorali…Non riusciamo proprio a capire che la Misericordia deve essere il nostro “modello” di riferimento!
Papa Francesco parla spesso della terza guerra mondiale combattuta a pezzi e lancia il suo anatema contro i produttori di armi. Un linguaggio “libero” e non vincolato da diplomatici silenzi…
Papa Francesco è molto intuitivo ed è anche uomo di ascolto che impara velocemente: da ogni colloquio lui esce sempre molto arricchito; impara moltissimo dal confronto completando in questo modo pian piano la visione che si costruisce su un determinato argomento. Può sembrare strano ma non è preoccupato di quello che dice: in questo dimostra una “creatività” già presente in lui quando era cardinale, vescovo o semplice gesuita e questo lo rende particolarmente attraente fra la gente.Credo che ciò che lo renda così sia l’estrema libertà: lui è un uomo libero che non difende mai se stesso.Certamente gli fa male sentire tante resistenze contro le riforme ma lui si è consegnato totalmente a Dio e questo lo rende libero.
È stato scritto che il dialogo fra Cristianità e Islam è possibile solo sino a quando il rapporto numerico è di parità. Quando l’Islam prevale il dialogo verrebbe meno: è proprio così?
Dobbiamo tenere conto che l’Islam sta vivendo una transizione molto problematica ed una crisi profonda e radicale che le altre religioni in questo momento non conoscono. L’evoluzione dell’Islam può, quindi, offrire grandi sorprese e radicamenti imprevedibili.
Questa intervista esce contemporaneamente questa settimana su Voce Isontina e su Novi Glas.
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