E il logos si fece cultura
7 Aprile 2017
È stato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura, introdotto dal gran cancelliere della facoltà e patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia e dal vice- gran cancelliere e vescovo di Padova mons. Claudio Cipolla, a tenere la Lectio Magistralis di inaugurazione del dodicesimo anno accademico della Facoltà Teologica del Triveneto il 28 marzo scorso a Padova. Il tema delicato e attualissimo nella riflessione teologica e nella vita del credente è stato una dissertazione intorno ai rapporti fra fede e cultura oggi, alla luce dell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Francesco; un tema, come ha detto il patriarca Moraglia “sempre essenziale per la comunità cristiana e che oggi risulta particolarmente complesso”.Ravasi, in stile prettamente didascalico ma impregnato della profondità ed ampiezza di vedute e orizzonti tipici del suo modo di esplicitare il pensiero ha trattato il tema dividendolo in tre punti: cultura, Vangelo e gli spunti dati da Evangelii Gaudium.Per quanto riguarda la cultura ha brevemente tracciato la storia del termine, facendo notare che nella classicità per esprimere questo concetto venivano usati il termine latino humànitas e quello greco paidèia. Nella modernità il lemma “Kultur” nasce nella Germania del ’700 e viene a significare una certa aristocrazia del pensiero, mentre il termine assume la connotazione antropologica attuale solo negli anni ’50 del secolo scorso quando, per la vastità e fluidità del tema, assume più di duecento significati diversi. San Giovanni Paolo II per primo, parlando alle Nazioni Unite cerca di raccordare i temi Fede e Cultura, dicendo che ogni cultura è un tentativo di dare risposte alla fede, al bisogno innato di trascendenza che caratterizza ogni uomo. In questo contesto si inserisce il Vangelo che entra nelle culture ed acquista significato nella cultura che lo elabora: ecco il processo dell’inculturazione: processo delicato però ,che come un pendolo rischia di cristallizzarsi nell’uno o nell’altro estremo. Da una parte il rischio è il fondamentalismo, quando prevalgono le identità nazionalistiche ed etniche e dall’altra è la multiculturalità, concetto statico verificabile nelle grandi metropoli definite spesso da sociologi o politici con orgoglio “multiculturali” ma in realtà composte da tante individualità che non dialogano. Alla multiculturalità è da preferirsi l’interculturalità dove dialogo, fede e ragione elaborano un sereno confronto. Per quanto riguarda il termine Vangelo, Ravasi parafrasando il prologo di Giovanni con un’immagine di Guardini ha detto che il termine carne, dal greco “sarx” può essere tradotto come cultura, esplicitando il fatto che nell’incarnazione vi è un entrare di Cristo nelle culture del mondo: “Il verbo si fece cultura” (cfr. Gv 1,14). Gesù stesso è inserito nella cultura giudaica del tempo, lontana da quella greca del ragionamento logico e speculativo: eppure il Cristianesimo ha trovato nelle categorie del pensiero greco la più alta e feconda unione fra fede e cultura, proprio perché il cristianesimo stesso è sale, lievito, seme che entra nella cultura, anche quando secolarizzata. Questo concetto è ben espresso -continua Ravasi- dal Papa nell’esortazione apostolica in questione, dove legge nei modelli culturali odierni tre grandi sfide per il dialogo fede e ragione: quella del secolarismo, in cui si riduce la fede all’ambito privato e la categoria della verità non è più fondamentale, quella dell’indifferenza che esalta l’apparenza e non la sostanza e l’interiorità e quella della “cultura del benessere” senza fini ideali che va a creare una “cultura dello scarto”. Per un efficace evangelizzazione nelle culture secondo il papa è necessario un “dialogo nella carità”ovvero un dialogo capace di inserire il Vangelo nelle culture senza dimenticare le solide basi di partenza che le culture stesse offrono. Un ultimo accenno del cardinale è stato sulla “via pulchritudinis” già sperimentata da Agostino: l’uomo ama ciò che è bello e l’uso delle arti ha il fine di trasmettere la fede attraverso il linguaggio parabolico: un altra sfida per la contemporaneità.
Una Facoltà in continua crescita
Conta 2.132 studenti, di cui circa 1650 laici e laiche: di questi 382 frequentano i corsi di teologia nei tre cicli di baccellierato (251), licenza in teologia pastorale e spirituale (102) e dottorato (29) attivi nella sede di Facoltà a Padova, 1537 nei 10 Istituti Superiori di Scienze Religiose collegati e 212 nei 5 Istituti teologici affiliati. Solamente alcuni numeri per indicare la forza della Facoltà Teologica del Triveneto, che ha celebrato nei giorni scorsi il dies accademicus e il 12° anno di fondazione.Il preside monsignor Roberto Tommasi ha iniziato la sua riflessione partendo dal messaggio dell’Evangelii Gaudium di papa Francesco: “La chiesa, impegnata nell’evangelizzazione, apprezza e incoraggia il carisma dei teologi e il loro sforzo nell’investigazione teologica, che promuove il dialogo con il mondo della cultura e della scienza. Faccio appello ai teologi affinché compiano questo servizio come parte della missione salvifica della chiesa” (n. 133). Tali indicazioni, ha precisato Tommasi, “ci invitano a compiere il nostro lavoro sentendoci parte alla missione evangelizzatrice della chiesa” e inoltre “come comunità accademica non possiamo dimenticare che proprio l’intenzione di porre la teologia a contatto con la realtà della vita nella sua molteplicità prismatica fu ed è l’idea di fondo, espressa fin dai documenti costitutivi e dalle prime iniziative di studio e di ricerca, che ha animato ed anima il lavoro della nostra Facoltà concretizzandosi in quella prospettiva di teologia pratica che ne caratterizza la ricerca, l’insegnamento e lo sforzo di ascolto rispettoso e di dialogo con la chiesa, la società e la cultura”.Successivamente il professor Tommasi ha evidenziato in modo incisivo alcuni limiti e alcune prossime sfide a livello triveneto. Da un lato “La ricchezza curricolare ed extracurricolare di offerta formativa se da un lato rappresenta un elemento di ricchezza, dall’altro introduce il rischio, avvertito da qualche studente, di una certa frammentarietà del percorso formativo e di una fatica nel pervenire ad una sintesi degli studi teologici”. Un problema da tenere in dovuta considerazione, ha affermato il preside “ma non si può dimenticare che nella complessità e pluralismo che caratterizza un tempo come il nostro e ancor più il futuro che oggi possiamo immaginare, la sfida da affrontare da parte dello studente e dello studioso di teologia (e di ogni altro campo del sapere) che non voglia cadere vittima di semplificazioni e unilateralità, è e sarà quella di imparare a mettere in dialogo/confronto in modo competente le prospettive entro cui si presentano le diverse questioni, interpretazioni e temi al fine di realizzare quell’ascolto rispettoso della realtà nella sua complessità pluriforme che solo conduce ad incontrare il manifestarsi della verità nella sua sinfonicità”.Quindi si sono analizzate le prossime sfide riguardanti la nuova configurazione territoriale degli Istituti di Scienze Religiose, che se a livello nazionale passeranno da 88 a 44, nel Triveneto passeranno da 10 a 7 Dovrebbero quindi nascere l’Istituto promosso dalle diocesi di Belluno/Treviso/Vittorio Veneto con sede a Treviso e quello promosso dalle diocesi di Gorizia/Trieste/Udine con sede a Udine. Un Istituto interdiocesano che prenderà il posto degli attuali ISSR di Udine e di Trieste. Nascerà inoltre un nuovo Istituto a Trento. Tommasi non ha mancato di evidenziare che “A monte di tutto ciò vi è comunque anche una questione che forse si sarebbe dovuta affrontare da tempo e che nel prossimo futuro andrà affrontata per il bene delle nostre istituzioni. Alludo al nodo della distinzione/separazione tra i percorsi di Teologia e Scienze Religiose che così come si configura attualmente risulta da più prospettive problematico e non del tutto razionale e rispondente alle esigenze”.Un passaggio importante, che andrebbe a sanare una distinzione avvertita con difficoltà anche da molti studenti e che diventa un’autentica sfida per il futuro della Facoltà.
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