La lezione che viene del mondo del lavoro
20 Aprile 2017
La tradizione degli incontri dell’arcivescovo nelle fabbriche della diocesi nel tempo pasquale ha trovato anche quest’anno una felice conferma. La storia della celebrazione della Messa nelle fabbriche opifici e aziende ha una storia lunga: iniziata a Ronchi alla fine degli anni cinquanta in occasione dell’occupazione dello stabilimento del Cotonificio, ha trovato continuità per la iniziativa dell’arcivescovo Pangrazio e altrettanto impegno in ormai cinquantacinque anni di vita comunitaria con gli arcivescovi Cocolin, Bommarco, De Antoni.Conoscere ambienti di vita e di lavoro, situazioni e storie in modo diretto e partecipato, soprattutto incontrare le persone – dirigenti e sindacalisti, operai e amministratori – è l’obiettivo di questa iniziativa che si svolge in maniera molto semplice e fraterna. In alcune situazioni l’arcivescovo Carlo Redaelli ha la possibilità di celebrare la messa e di condividere la preghiera con la partecipazione di un gruppo, in altre situazioni si inserisce nel ritmo della fabbrica incontrandosi con la gente impegnata nel lavoro nei singoli reparti, ed avendo così la opportunità di scambiare un saluto ed un augurio. In molti casi, il lavoro si ferma – su richiesta degli operai – per un momento di riflessione e di scambio di pensieri con la distribuzione di una immagine illustrata dall’arcivescovo e conclusa con la recita del Padre nostro e la benedizione.L’incontro pasquale, che quest’anno ha trovato interessante allargamento presso altre aziende rispetto al passato, ha consentito anche di condividere insieme la passione per il lavoro ben fatto e per conoscere altissime qualità e specializzazioni che trovano riferimento in aziende pubbliche o private. Dal mondo del lavoro, pertanto, viene a tutti, in specifico alla comunità cristiana, molti insegnamenti e testimonianze: l’impegno per conservare il lavoro da parte di aziende familiari che hanno celebrato in questi anni cinquanta anni di attività e che possono vantare collaborazioni a grandissimi livello tecnico. Un impegno che sollecita tutti e che merita riscontro proprio là dove nasce la voglia di lavorare, di misurarsi con difficoltà di osare e di continuare -generazione dopo generazione- in una testimonianza di grande attendibilità. E di futuro anche per le giovani generazioni.In secondo luogo, gli ambienti di lavoro e di vita, consentono di fare esperienza di forti solidarietà ed amicizia come è accaduto a Cormons dove abbiamo visto abbracci e saluti fraterni fra colleghi di lavoro verso un collega pensionato che ha dato tutta la vita per l’azienda. Una esemplarità che merita riconoscimento e citazione. La molteplicità delle lingue e delle provenienze non spegne ma accende il senso di solidarietà. La celebrazione della messa al Cantiere di Monfalcone – ed in altre aziende – ricorda la molteplicità di presenze e di amicizie, ma anche l’incontro di una molteplicità di esperienze, di lingue e di provenienze. Anche l’adesione dell’Iman. A Monfalcone si può sperimentare l’unità del mondo, l’integrarsi di dialetti e culture diverse, ma anche il rinnovarsi di situazioni: nel ricordo del caduto sul lavoro, sono stati ricordati anche gli incidenti e le vittime di ogni parte del mondo, specie quelle del terrorismo. Ma non sono stati dimenticati i problemi reali: dalle condizioni dure del lavoro complicato alle modificazioni in atto che portano spaesamento e difficoltà fino alla difficoltà di educare alla solidarietà ed alla rappresentanza sindacale, alla esigenza di non perdere quelle che erano le qualità del lavoro rispetto alle modificazioni in atto.Soprattutto, la permanenza al cantiere ricorda a tutti – come amano a dire i cantierini” di ieri e di oggi – che le “barche escono perché qualcuno (tanti) hanno lavorato e sodo, non certo per le chiacchere di qualcuno”: come a dire che, per un anno intero, a Monfalcone hanno lavorato fino a settemila persone per completare l’ultima nave crociera di proprietà cinese. Un grande risultato al quale in tanti hanno partecipato (dagli accordi imprenditoriali, fino ai tecnici e alle maestranze canterine e delle ditte private) e che meritava (e merita) di essere sottolineato da visite illustri e commenti giornalistici che, assecondando qualche parte politica, sembrano dare spazio più alle polemiche sui posti-macchina che al grande lavoro di una comunità di uomini e di donne. Molto meglio sarebbe interrogarsi dove e come in così tanti hanno dormito e mangiato; quando e come avvengono i pagamenti a seguito dei contratti e quanto è entrato anche nelle tasche degli ultimi e dei primi, compresi i concittadini. Il compiacimento, giusto e sacrosanto, per il raggiungimento di così significativi traguardi non può dimenticare fatica, impegno e dedizione. Oltre che un giusto desiderio di riscatto e di progetto per la vita personale e comunitaria. Incontri e gesti pasquali che, come si vede, si intersecano dentro alla settimana santa e hanno la potenzialità di renderla più reale e viva, pasquale con le sue grandezze e richieste.
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