Con Maria Teresa d’Austria, da Aquileia a Gorizia

Il 13 maggio di 300 anni fa veniva alla luce, come secondogenita di Carlo VI d’Asburgo ed Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, Maria Theresia Walburga Amalia Christina von Habsburg.Grazie alla Prammatica Sanzione emanata dal padre quattro anni prima della sua nascita (documento che andava a sostituire la legge salica della primogenitura maschile per quanto riguarda la successione al trono asburgico) nel 1740, prima ed unica donna della casa d’Austria, ereditò il governo dei territori della monarchia asburgica passando alla storia come Maria Teresa d’Austria e fondando assieme al marito Francesco Stefano di Lorena  il casato degli Asburgo-Lorena, che governò la vecchia provincia goriziana fino al primo conflitto mondiale.Lasciando ad altri il compito di formulare un giudizio complessivo sul suo operato di governo, teso sempre e comunque al benessere ed alla crescita dei suoi popoli, Gorizia e l’arcidiocesi goriziana hanno un debito grande verso la sovrana che tanto amò la città e ne favorì la crescita e vuole ricordarla nel trecentesimo anniversario della sua nascita. Per questo motivo presso le sale della Biblioteca del Seminario Teologico Centrale in via del Seminario 7 martedì 16 maggio alle 16.30 sarà inaugurata la mostra “Maria Teresa: da Aquileja a Gorizia” contestualmente all’iniziativa “un pomeriggio in biblioteca” con interventi di Isabella Sgoifo responsabile della Biblioteca e Vanni Feresin paleografo e archivista.La mostra sarà divisa in tre settori tematici, il primo riguardante il Patriarcato di Aquileja e le sue testimonianze documentarie e storiche, il secondo riguardante Maria Teresa imperatrice e fondatrice della Principesca Arcidiocesi di Gorizia, il terzo invece vedrà l’esposizione dei pannelli fotografici della mostra “Gorizia prima e dopo…correva l’anno 1916” ideata nell’agosto dello scorso anno dal Centro per la Conservazione e la Valorizzazione delle Tradizioni Popolari di Borgo San Rocco in occasione del centesimo anniversario della caduta di Gorizia e della fine della dominazione asburgica.

Dal patriarcato di Aquileia…Come scrive il professor Luigi Tavano “(…) quando si parla di chiesa goriziana, e non solo in campo storiografico, il riferimento usuale è ad Aquileia cristiana e alla sua eredità storica; riferimento motivato dalle origini e dall’autorità del cristianesimo nella sua area, legittimato dalla sua stretta dipendenza dalla grande tradizione ecclesiastica aquileiese, in un creativo intreccio di culture che configura il Goriziano da tredici secoli” (Luigi Tavano, La diocesi di Gorizia 1750 – 1947. p.13); volendo ricordare l’Imperatrice come donna di governo e di fede che dopo la soppressione del Patriarcato di Aquileia ebbe un ruolo determinante nella erezione dell’Arcidiocesi Goriziana non si può non partire dal Patriarcato stesso, fonte viva della tradizione cristiana mitteleuropea irrorata dal sangue del vescovo Ermacora, del diacono Fortunato e dei martiri aquileiesi che con la loro testimonianza fecondarono queste terre e dalla grandezza di Cromazio e Valeriano, attorno alla cui cattedra episcopale fiorì la grande Aquileja Cristiana. Ed è proprio con Cromazio che Aquileja acquista una propria indipendenza e perde la diretta subordinazione dall’autorità milanese, imperiale ed episcopale.Del periodo del patriarcato, con tutte le sue contraddizioni storiche e politiche ci rimane la grande eredità del rito Aquileiese detto patriarchino, tipico delle zone poste sotto la giurisdizione patriarcale e soppresso nel 1596 durante il Concilio Provinciale tenuto a Udine sotto il patriarcato di Francesco Barbaro, quando si optò per l’allineamento totale con il rito latino.Di questo grande patrimonio presso la biblioteca saranno visibili molte testimonianze antiche: dalla penultima edizione del Messale Proprio Aquilejese di cui il 5 agosto prossimo ricorreranno i cinquecento anni dalla pubblicazione ai grandi codici musicali riccamente decorati del tredicesimo secolo contenenti antifone, inni e sequenze della liturgia patriarchina (in foto è visibile l’inizio della sequenza “plebs fidelis” in onore dei santi Ermacora e Fortunato).Nel corso del ’700 però venne alla luce ormai l’oggettiva inadeguatezza e l’impossibilità di un effettivo esercizio dell’autorità pastorale del Patriarca sui suoi territori, che negli ultimi anni del patriarcato fu quasi sospesa anche a causa delle rivalità politiche fra Austria e Venezia. Verosimilmente già verso la fine del ’500, quasi un secolo dopo l’estinzione della dinastia comitale goriziana “si parlò chiaramente di istituire un vescovado a Gorizia per le genti che, escluse dalle cure del patriarcato, mancavano di direttive, di controlli, di una disciplina rigorosa basata sulla base delle prescrizioni tridentine”, come afferma il professor Sergio Tavano in “Maria Teresa e il Settecento Goriziano”.Queste motivazioni spinsero Benedetto XIV già nel 1749, ad erigere un vicariato apostolico che comprendesse tutto il territorio del patriarcato appartenente alla Casa d’Austria. A questa decisione seguì, su precisa richiesta della sovrana,  la soppressione del patriarcato il 6 luglio 1751 contemporaneamente all’erezione della Arcidiocesi di Gorizia, che venne meglio definita nel motu proprio Sacrosantae Militantis Ecclesiae del 18 aprile 1752.

…all’Arcidiocesi di Gorizia…Con la nomina di Carlo Michele dei conti d’Attems prima a Vicario Apostolico e poi ad Arcivescovo di Gorizia si apre la stagione esaltante dell’autonomia e della crescita della Chiesa Goriziana, della quale Maria Teresa fu protagonista. Al Thesaurus Ecclesiae di Aquileia diviso fra Gorizia e Udine nel 1751 si aggiunsero un ostensorio di argento dorato, un crocefisso d’argento, un pastorale d’argento, sei candelieri, due ampolle e piattello, il cerimoniale romano, due messali, cinque pianete di colori diversi con i piviali, le dalmatiche e le mitrie coordinate, tutti omaggi dell’imperatrice alla nuova cattedrale. Per tutta la vita Maria Teresa ebbe in grande considerazione la fornitura di suppellettili liturgiche nelle proprie chiese: soprattutto dopo la morte del marito Francesco Stefano nel 1765, dopo aver iniziato ad usare il lutto come abito quotidiano diede ordine ai propri sarti di convertire i propri vestiti colorati in pianete affinché tutto ciò di cui disponeva nella propria vita matrimoniale andasse solo a maggior gloria del Signore.

(1. continua)