La fede “immediata” del Messico
15 Giugno 2017
È rientrato per un breve periodo don Aldo Vittor, Fidei Donum della Comunità Missionaria di Villaregia e incardinato nella Diocesi di Gorizia, che da quattro anni opera alla periferia di Città del Messico, nella zona della Diocesi di Texcoco (a nord – est della capitale), nella parrocchia di Cristo Rey. L’abbiamo “intercettato” prima del suo ritorno in terra messicana, dove lo aspettano molti progetti, e ci siamo fatti raccontare direttamente dalla sua voce come stia procedendo questa sua certamente impegnativa, ma bellissima esperienza di missione.
Don Aldo, di cosa ti occupi prevalentemente all’interno della parrocchia?
Da quando sono sacerdote, sono entrato appoggiando il lavoro del parroco, occupandomi principalmente di adolescenti e giovani. Accompagno anche la Pastorale Giovanile Universitaria della Diocesi: una volta alla settimana celebro la Messa e li aiuto nella gestione della realizzazione delle missioni. In comunità mi occupo poi della parte dell’Evangelizzazione, organizzando tutta l’attività della Settimana di Animazione missionaria, anche nelle parrocchie esterne, e dando un aiuto alle parrocchie più povere – nella zona della montagna, nello Stato di Puebla, dove c’è anche qualche comunità indigena – nei periodi di Natale e Pasqua.
Come partecipano i giovani alla vita della Chiesa? C’è coinvolgimento?
Sono davvero molto partecipi. In tutto il Messico c’è l’usanza, soprattutto in Settimana Santa, che tutti i giovani aiutino recandosi in missione nelle parrocchie dove c’è bisogno. Vengono formati affinché possano accompagnare una consacrata o un seminarista in tutte le parti liturgiche, in quelle zone dov’è più complicato che un sacerdote arrivi. Quest’anno, con una cinquantina di ragazzi, ho collaborato con la parrocchia di un sacerdote che ha 13 cappelle, piuttosto grandi e distanti tra loro; a me è stata affidata una zona – dove ho celebrato tutta la Settimana Santa – e i “miei” giovani erano dislocati in tutte le altre cappelle e hanno animato la Settimana visitando le famiglie e organizzando la liturgia. È un’attività molto comune e fa piacere vedere questa sensibilità diffusa tra i ragazzi.Ci sono poi tante altre attività, come i Ritiri di Evangelizzazione e quest’anno le Opere Pontificie Missionarie – che organizzano ogni 2 anni un incontro, il Congresso Nazionale dell’Infanzia e Adolescenza missionaria – ci hanno chiesto di preparare qualcosa sul tema “Maria Missionaria, Famiglia Missionaria”; abbiamo preparato una rappresentazione, perché adatta a coinvolgere anche i più piccoli, che è piaciuta molto e ora la stiamo portando in varie parti.
Numericamente, quant’è grande la parrocchia di Cristo Rey e come viene vissuta dagli stessi parrocchiani?
La mia parrocchia conta circa 25.000 abitanti e 5 chiese: una “sta bene” dal punto di vista economico, le altre scendono, fino ad arrivare alle ultime nate che sono più povere e in un contesto vincolato alla presenza di alcuni movimenti politici. L’ultima nata è quella di Victor Puebla che, quando sono arrivato, non aveva una chiesa, solo un terreno. Un po’ alla volta l’abbiamo migliorata, all’inizio con una tenda provvisoria, ora con una tettoia… La comunità cresce, sia numericamente che a livello di partecipazione, è molto viva e animata e con l’aiuto di tanti sta nascendo la chiesa.Poi, riguardo a come venga vissuta la Chiesa dai fedeli: in Messico si celebrano tantissime Messe; oltre alle domenicali, al sabato si celebrano le Messe “speciali” e private, per il compimento dei 3 anni, dei 15 anni, per i compleanni, per gli anniversari di matrimonio, di battesimo… Gran parte del lavoro pastorale per noi sacerdoti è celebrare le Messe. Anche la tradizione legata ai defunti è molto sentita: si celebra prima una Messa funebre, seguita 9 giorni dopo dalla “Levantada de la Cruz” (l’alzata della Croce), e quindi Messe per il primo mese dalla morte fino all’anno, seguiti da una messa commemorativa ogni anno. Inoltre, ogni mercoledì viene celebrata una Santa Messa, alla quale segue un’ora di Adorazione. Partecipa sempre molta gente – anche 300/400 persone – perché ha realmente una sensibilità molto alta per la preghiera.
Qual è una cosa che, alla tua partenza, non avevi proprio immaginato di trovare?
Dal punto di vista del sacerdote, sicuramente le tante Messe che vengono richieste dalle persone e che – diversamente da come celebriamo qui in Italia, dove tutte le Messe fanno parte dell’orario comune della parrocchia – sono Messe speciali e private, alle quali partecipano in tantissimi perché c’è un grande senso della festa, del celebrare, sia per gli eventi positivi che quelli più tristi della vita. Poi si vive moltissimo la vita della Chiesa, un esempio: per il Santo Patrono c’è il Novenario, con nove giorni di Messe svolte per le strade della parrocchia, con un padrino – in genere una famiglia – che si fa carico di allestire la tenda, le sedie, tutto l’occorrente per la celebrazione e di allestire un piccolo momento conviviale al termine della funzione. Molto molto sentita è poi la cerimonia per la Madonna di Guadalupe, con altri nove giorni di celebrazioni… A fine anno almeno 1/6 dei giorni è dedicato a queste funzioni extra domenicali! Ci sono poi molti momenti di Adorazione notturna, momenti di Adorazione riservati ai bambini… i messicani sono molto devoti all’adorazione dell’Eucarestia, così come sono molto devoti ai Santi e alla Madonna di Guadalupe, per la quale letteralmente si ferma tutto il Messico per l’adorazione.
La cosa invece che più ti ha stupito, quella diciamo di maggior impatto?
L’impatto più forte credo sia il cambio della cultura, un vantaggio perché fa scoprire che cambiare e conoscere altre culture apra e faccia relativizzare molte cose che, nel contesto in cui abitavi prima, vivevi come problemi; permette di leggere i fatti della vita da un altro punto di vista. Un esempio è l’approccio alla Fede, che in Messico è diverso rispetto all’Europa o l’Italia: noi abbiamo un approccio molto “ragionato”, la Fede è un tema sul quale ragionare; l’esperienza che sto facendo in Messico è che la Fede non è un problema dal punto di vista intellettuale: Dio c’è. Punto. Il rapporto con la Fede è più immediato e vissuto in modo innato, spontaneo, meno “fisso” sui precetti e coinvolge molti aspetti della quotidianità.Un ulteriore impatto l’ho vissuto rientrando a casa: venendo da una realtà popolosa – Città del Messico da sola fa quasi 9 milioni di abitanti – e con tutte le problematiche delle grandi città (delinquenza, inquinamento, sovrapopolamento…), mi fa quasi strano vedere le recinzioni delle case non troppo alte, le finestre senza le reti di protezione, camminare senza dover prestare continuamente attenzione a ciò che si porta con sé… Qui la vita è più facile, il contesto è meno violento e pericoloso.
Cosa ti aspetterà al tuo rientro? Quali progetti da seguire?
Rientrando mi aspetta una nuova esperienza di missione: partirò per alcuni giorni per il Chiapas, dove un sacerdote segue circa 70/80 comunità, sparse sul suo territorio, prevalentemente indigene. Io e alcuni volontari ci recheremo lì intanto per un’esperienza conoscitiva, faremo però anche alcuni interventi che ci sono stati richiesti in ambito nutrizionale. Vedremo così che tipo di attività possono essere impiantate, conosceremo una realtà diversa, dove c’è più bisogno di un’esperienza missionaria e vedremo come poter seguire una collaborazione.L’altro impegno sarà con le Opere Pontificie Missionarie messicane per un progetto per unire vari istituti missionari, al fine di cercare di appoggiare una zona più necessitata del Messico, dove alcuni vescovi stanno chiedendo sostegno. Il progetto sta per entrare in fase di studio per vedere se anche noi li potremo appoggiare.C’è infine la Missione Rurale, che ho già conosciuto a Puebla: hanno i campi, quindi hanno da mangiare, ma presenta una forte povertà a livello di strutture e infrastrutture.
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