La centralità dell’impegno per la pace

Sabato 16 settembre ha avuto luogo all’ossario di Kobarid – Caporetto l’incontro organizzato dall’associazione Concordia et Pax, presenti sacerdoti e laici delle due comunità. L’associazione che da decenni è impegnata nella comunità italiana e slovena a proporre incontri, preghiere e riflessioni sulle vicende che hanno lacerato e diviso le due comunità nel 19° e 20° secolo.Ha aperto l’incontro la prof.ssa Liliana Ferrari dell’ISSR di Gorizia, la quale ha brevemente ricordato le vittime della “rotta di Caporetto”: in pochi giorni 20.000 morti, 50.000 feriti, 250-300.000 prigionieri ed oltre un milione di profughi civili. Le  vittime militari finali: da 8 a 9 milioni ma si arriva anche a 12 milioni di morti, mentre si parla di 9 milioni di morti fra i civili.Le cause furono un gigantesco e spaventoso errore di calcolo sulla guerra: un rapido aggiustamento degli equilibei europei per spartirsi quanto restava dell’Africa e dell’oriente ottomano per alcuni, arginare l’influenza del vicino per altri, la certezza di guadagnare qualcosa, di tenerla sotto controllo, di confinarla in casa d’altri per tutti.Da riflettere perchè fu in termini politici una operazione “vincente” di consenso per tutti, dopo 50 anni di bombardamento ideologico sugli interessi nazionali, dell’intangibile diritto di raggiungere i “propri confini”, ecc.  Non si trattava di pensiero di “destra” ma di pensiero liberale  democratico, e finì per piacere anche ai cristiano sociali ed a parte dei socialisti. Si scomodarono, l’antica Roma e Venezia, per non parlare della grande Serbia. Era un’ubriacatura degli stati e degli “interessi nazionali”, naturalmente contrapposti. Il militarismo ed il nazionalismo con le loro parole d’ordine erano penetrati nella società, anche nei  movimenti giovanili dei cattolici in Europa: ai cattolici ed agli evangelici si sommava il pretesto missionario.La Civiltà Cattolica, rispecchiò la linea della Santa Sede, contraria alla guerra. Ma lentamente entrò nella comunicazione il termine “i nostri” parlando degli eserciti. In Friuli i redattori democratici cristiani del “Giovane Friuli” con disinvoltura definivano “nemici storici” gli austriaci. La prima guerra non risolse nulla, produsse solo sentimenti di rivalsa e politiche di snazionalizzazione coatta. La relatrice ha concluso osservando che come sempre: “sono pochi quelli che attaccano senza poter accampare un bel po’ di buone e rispettabili ragioni, difendersi da pericoli reali, potenziali, comunque rappresentati, è una di queste”.La concelebrazione della S. Messa presieduta dai Mons. Carlo Redaelli ha chiamato a riflettere sulle vicende e la storia della nostra realtà goriziana. Ma proprio la nostra popolazione, la Chiesa goriziana in particolare e tanti uomini di buona volontà hanno saputo proporre e cogliere la lezione di vita e la speranza in termini politici cercando di riproporre e ricostruire in ogni evento la convivenza, la collaborazione e la pace. Fare memoria delle “sconfitte” e delle “vittorie”, ribadire l’inutilità della guerra e la centralità dell’impegno per la pace secondo i principi più volte richiamati della memoria, del perdono, della riconciliazione nella giustizia per tutti. Il prossimo appuntamento è il 21 di ottobre ad Idria ad una conferenza pubblica di  approfondimento sulla vita e l’opera di Monsignor Francesco Mo¤nik. Con la applicazione del trattato di pace, il nostro territorio, da sempre unito, vide la nascita di un confine da tutti sentito allora, in forma contrapposta, ingiusto e lacerante. La divisione, anche perchè cortina diferro, coinvolse la Chiesa goriziana che si vide chiamata al governo di una situazione provvisoria difficilissima tra le aspirazioni nazionali ed il regime che si stava instaurando nella vicina Jugoslavia. Mons. Francesco Mo¤nik, per le sue sensibilità e competenze, venne chiamato a questo delicato compito. il tema sarà ” la figura, la vita e l’opera di Monsignor Francesco  Mo¤nik tra dialogo, riconciliazione e impegno cristiano”.