“Sul campo dell’oratorio giocavamo scalzi”

Bruno Pizzul è tornato a calcare il campo del ricreatorio. Lo ha fatto in occasione dei suoi 80 anni perché il Ric è stato scelto come cornice a uno dei tanti appuntamenti mediatici che hanno visto in questi giorni Bruno all’attenzione dell’Italia tutta. È stato un pomeriggio di festa, con una partita fra i Pulcini della Cormonese e dell’Udinese, una piccola folla ad applaudire e l’immancabile torta da immortalare per le telecamere della “Vita in diretta”.  Bruno guarda il campo. “Ma 70 anni fa non era certo bello come adesso – dice guardando il soffice tappeto sintetico del campo -; allora il terreno era in pendenza e pieno di sassi. E si giocava tutti scalzi. Noi ragazzi avevamo adottato quella che oggi chiamano la par condicio. Era appena finita la guerra, c’erano fame e miseria e non tutti ragazzi avevano le scarpe, e allora per non far pesare le differenze tutti giocavamo scalzi”. Tempi lontani, pieni di speranza dopo che una tragica guerra da queste parti aveva lasciato tanti morti e tanto odio. Bruno ricorda l’allora cappellano don Rino Cocolin, che in un’intervista a Massimo Castellani dell’”Avvenire” ha definito “un uomo illuminato e di dialogo”. Quel giovane prete, che 20 anni più tardi sarebbe diventato vescovo, “capì che i ragazzi dovevano rimanere uniti, superare le divisioni che c’erano tra tante famiglie cormonesi”. E le partite di calcio aiutarono a superare i rancori e a cementare molte amicizie tra i ragazzi. Racconta ancora Bruno: “Don Rino trovò un pallone, era un po’ scucito e con qualche gobba, ma era l’unico allora disponibile per i ragazzi di Cormons”. Poi, con un riferimento all’attuale mondo del calcio: “Allora c’era un pallone per 100 ragazzi, oggi ci sono 100 palloni per un ragazzo”.E sul quel campo pieno di sassi cominciò l’avventura calcistica di Bruno Pizzul, indossando le maglie dell’Alba, sorta per volontà proprio di don Rino, e della Cormonese per approdare al “Cibali” di Catania e terminare indossando ancora la casacca grigiorossa a metà degli anni Sessanta. Una carriera calcistica, lo ammette lo stesso Bruno, modesta, ma che lo aiutò in quella che fu la sua vita da telecronista.  Se per Bruno il calcio è stato, e lo è ancora, il centro della sua vita professionale. non si possono tralasciare alcuni aspetti della sua vita prima che prendesse in mano un microfono e diventasse “la voce della Nazionale”. Bruno non si è mai tirato indietro, è sempre stato in prima fila contribuendo con il suo impegno alla vita cittadina. Uomo di vasta cultura, grazie anche ai suoi studi classici, è stato tra gli animatori del Cineforum che veniva organizzato negli anni Sessanta nella sala cinematografica del Ricreatorio. Da buon alpino ha risposto “presente” quando gli hanno chiesto di dare il suo contributo alla vita politico-amministrativa del suo paese ed è stato per alcuni anni consigliere comunale. Una vita politica interrotta per intraprendere la luminosa carriera di telecronista alla Rai, per raccontare con la sua voca calda, pacata ma non per questo meno passionale, gli anni più belli del nostro calcio. Se è vero che il grido “campioni del mondo” gli è rimasto strozzato in gola, ha raccontato le gesta di quello che negli anni Ottanta e Novanta era considerato il campionato più bello del mondo. Tanti campioni. E poi c’erano Bearzot e Zoff con cui parlare in friulano, sentirsi un po’ a casa e gustare un buon bicchiere di vino, rigorosamente bianco per Bruno e rosso per Dino.Aveva già messo su famiglia quando è arrivato a Milano e nella città meneghina è giunto il terzo figlio; ha anche 11 nipoti, una bella famiglia allargata come se ne vedono poche oggi. La lunga permanenza a Milano dove, dice, si è trovato benissimo e ha coltivato numerose amicizie, non gli ha impedito di mantenere forti i legami con la sua terra. Lo sanno i cormonesi che magari seguivano la sua telecronaca e il giorno dopo lo vedevano girare con la sua inseparabile bicicletta per le strade del paese. Il richiamo della sua terra è sempre stato forte tanto che ora è diventato definitivo. È tornato ad abitare nella sua casa, dove, ha confidato, può sentire il canto degli uccelli sugli alberi del giardino ma anche assaporare il cambiamento delle stagioni. Una vita da pensionato? Macché! Lo si incrocia ancora su varie televisioni e non sempre come ospite. Alcuni anni fa, tornando dall’Abbazia di Rosazzo, dove si erano festeggiati i 100 di Livio Felluga, il patriarca del vino friulano, mi confidò che lavorava di più di quando era alla Rai. Il merito è di una indiscussa professionalità ma anche del suo stile, lo stile di una persona per bene che si è sempre fatta apprezzare anche per la sua simpatia e giovialità. E se c’era bisogno di una conferma questa è venuta proprio dalla festa per i suoi 80 anni, che ha richiamato a Cormons diverse emittenti televisive, personaggi del mondo del calcio tra ex giocatori, allenatori e giornalisti. E una vera folla che il Teatro Comunale non è riuscito a contenere.Ad multos annos, Bruno!