L’omaggio della città a padre Marco d’Aviano

“Gorizia ricorda”. Questo lo slogan scelto dal Comitato Beato Marco, che promuove da Pordenone le iniziative a sostegno della causa di canonizzazione del grande cappuccino, per l’evento che si celebra domenica 8 aprile presso la chiesa del Sacro Cuore. La cerimonia celebrativa dell’intitolazione a padre Marco d’Aviano, disposta dall’Amministrazione Comunale, della scalinata affiancante la chiesa e che divide questa dall’edificio del Centro “Stella Matutina” per scendere poi sulla via Leopardi, vuole essere come il suggello delle molte cose che dalla nostra città sono state fatte negli anni in memoria dell’”apostolo dei popoli d’Europa”. Quest’ultima definizione campeggia nelle tre lingue della storia e anima di Gorizia – italiano, sloveno, tedesco – in un pieghevole che il Comitato diffonde per questa occasione. Con essa viene ribadita la grandezza storica e la forte valenza per il nostro territorio ponte fra le due europe della figura del cappuccino friulano, consigliere dell’imperatore Leopoldo I (quello che visitò Gorizia nel 1660 e al quale è dedicata la porta del castello detta “leopoldina”), artefice dell’accordo dei capi cristiani, divisi da rivalità, a fronte dell’incombente pericolo di capitolazione di Vienna assediata dagli Ottomani nel 1683 e intercessore della liberazione del 12 settembre di quell’anno della capitale. A Gorizia il frate fu di casa prima ancora di diventare padre Marco: era un giovinetto già acceso di ideali forti di fede e amore anche civile quando, dodicenne, da Aviano venne a Gorizia (1643) e per quattro anni fu studente del celebre Collegium: vogliamo immaginare che venne a studiare anche Europa e qui si formò a una mens europea infusa dai Padri Gesuiti ai loro ben quattrocento alunni, provenienti dalle varie parti dell’impero transnazionale che quello degli Asburgo fu.Padre Marco chiama dunque Gorizia anche oggi a credere alla sua naturale vocazione: che non è sul confine d’Europa (un confine presente da soli settant’anni) ma, da secoli, all’amalgama, e alla sintesi, delle diverse sensibilità culturali che hanno fatto e devono continuare a fare l’Europa, il cui processo di integrazione è irreversibile, anche a beneficio della pace, ma deve riempirsi di dialoghi culturali che rafforzino i vincoli di amicizia e anche inverino il confronto politico e lo innalzino al di là dei parametri dell’economia. I grandi ideali, anche e specialmente spirituali, che furono di Marco d’Aviano tre secoli e più fa siano la molla che permetta oggi a Gorizia, nel Friuli Venezia Giulia, di rilanciarsi ed essere, e fare da, laboratorio dell’unione fra i popoli d’Europa: terra di ricchezze – Gorizia – se saprà ancor più vederle nelle diversità dei doni che la storia e la geografia le hanno elargito.L’inserimento del nome di padre Marco d’Aviano nella toponomastica della città avviene in un luogo non casuale perché richiama – al Sacro Cuore e allo “Stella Matutina” – l’operosa presenza dei Gesuiti formatori di coscienze anche nel Novecento goriziano e sinceri credenti fra noi, nel difficile secondo dopoguerra, nella costruzione di ponti fra etnie. Essi già nel Seicento di padre Marco nobilitarono il panorama culturale e religioso della città sull’Isonzo riconoscendo di essa i distintivi cromosomi in quella bella convivenza che solo i nazionalismi scatenatisi in guerra cent’anni fa intaccarono: ma senza distruggerli, perché il caracter di un popolo è indelebile. E proprio Marco d’Aviano, che qui lo acquisì, qui lo ripropone con la “patente” della santità, cioè con l’espressione più alta di quella universalità e comunione che è propria e definisce la fede e la Chiesa cattolica: di e per tutti i popoli, oltre ogni confine o steccato.La celebrazione in cui Gorizia ricorda di nuovo padre Marco si tiene significativamente nella Domenica della Divina Misericordia, a quindici anni dal riconoscimento del cappuccino come beato: un evento, voluto in quella stessa domenica e presieduto dal papa “europeo” Giovanni Paolo II (confidò di conoscere la storia di Marco “d’Europa” dai banchi della scuola), cui l’arcidiocesi partecipò a Roma ricca dei convincimenti recati a lei dalla bellissima figura religiosa di padre Venanzio Renier e accolti e rilanciati con ardore dall’arcivescovo padre Antonio Vitale Bommarco. Questi, vent’anni fa esatti, volle anche la raccolta in volume degli studi e documenti sulle presenze di Marco d’Aviano a Gorizia e Gradisca (ma anche nel castello di Duino) e nel 1999 promosse la visita di tutti i vescovi e di settecento fedeli delle diocesi della regione a Vienna, presso il sepolcro di padre Marco, nel terzo centenario della sua morte in quella capitale che già nel 1912 cinquecento goriziani avevano raggiunto con l’omaggio tributato al cappuccino da personalità di spicco come l’onorevole Bugatto e i monsignori Faidutti e Zamparo.Ai padri Vitale arcivescovo e Venanzio postulatore si deve l’imput anche dell’intitolazione odierna. Essa vede, domenica 8 aprile, la messa celebrata da don Sergio Ambrosi al Sacro Cuore alle ore 10 con la presenza della reliquia e la recita dell’Atto di dolore perfetto divulgato in Europa dal Beato Marco (“profeta disarmato della misericordia divina” lo definì papa Wojtyla alla beatificazione); a seguire, presso il sagrato adiacente la scalinata, il discorso del sindaco Ziberna, la scopertura e benedizione della tabella indicativa e la rievocazione a cura del Comitato con consegna ai presenti della pubblicazione sintetica sul Beato Marco, Gorizia e l’Isontino.Alle 17,30 al Kulturni Dom, il Gruppo Teatro di Corva di Azzano Decimo, composto da quaranta attori in erba, offrirà alla città (ingresso gratuito) uno spettacolo su vita e gesta di padre Marco d’Aviano che ha avuto negli ultimi dodici mesi seguito in tredici altre località di Friuli e Veneto. Merita di essere visto per capire di più perché Gorizia ora ricorda, e deve ricordare il Beato Marco.