Inviati dalla Parola del Risorto
1 Giugno 2018
Prima però ricordiamo che è il Signore stesso che suggerisce questo modo di fare di fronte alle obiezioni che gli venivano rivolte a causa del cambiamento di stile rispetto al suo tessuto religioso: accoglienza verso i peccatori e libertà nei confronti delle norme sul digiuno. C’è qualche cosa di nuovo ormai, sembra dire il Signore Gesù, lasciando chiaramente intendere che lo Sposo atteso si identificava ormai nella sua persona. E questa radicale novità comportava una trasformazione dei tradizionali modi di fare.Se potessimo cercare un’analogia, ora, con lo “stile pastorale” del Signore, ammesso che questo paragone valga qualche cosa, potremmo soffermarci sulla spinta che la realtà dei fatti – sotto gli occhi di tutti, anche se non tutti vogliamo vederlo – sta imprimendo alle nostre comunità perché collaborino assieme, al fine di meglio offrire il Vangelo nel territorio diocesano. Questa nuova ed ineludibile necessità è “vino nuovo” o “otre nuovo”? Come Chiesa di Gorizia, senza considerare le numerose occasioni precedenti, abbiamo affrontato già nel 2014 un anno intero di formazione per i consigli sulle “collaborazioni pastorali”, scrutando le esperienze di altre diocesi come Treviso e ascoltando riflessioni importanti, come ad esempio quella di mons. Luca Bressan. Siamo poi nel 2015, con il censimento della trentina di parrocchie che già collaborano assieme e il confronto tra loro in una serata dedicata, a Cormons. Lavoro riproposto alla diocesi l’anno successivo sia grazie al Consiglio Pastorale Diocesano, con la sintesi del percorso a cura della dott.ssa Valentincic, sia soprattutto con la relazione propositiva dell’Arcivescovo, affidata ai decanati con la richiesta esplicita di indicare al Successore dell’Apostolo quali parrocchie avrebbero potuto prevedere ragionevolmente di collaborare assieme. Cosa fatta nel 2016, con cinque importanti schede inviate dai Decanati al Vescovo e al Centro Pastorale.Nell’anno pastorale corrente 2017-2018, l’Arcivescovo ha incontrato e sta incontrando ancora i presbiteri e i Consigli Pastorali Parrocchiali dei diversi decanati, per valutare assieme o comunicare le – ineludibili ormai – scelte da compiere.Che cosa c’entra a questo punto l’Assemblea diocesana con il cammino verso collaborazioni pastorali più intense? È presto detto. Tutti noi, in particolare i presbiteri, ci rendiamo conto che per molti fedeli avere un parroco residente in altro luogo potrebbe rappresentare simbolicamente una apparente “perdita” di punti di riferimento per la propria appartenenza religiosa. E stare in una “parrocchia” più grande come una “unità pastorale” (suonerebbe meglio, a dire il vero, “comunità pastorale”), per chi non frequenta neppure la propria potrebbe rappresentare un taglio definitivo con una appartenenza di per sé già debolissima.C’è bisogno allora di “otri nuovi”, di nuovi luoghi di identificazione e di appartenenza per le persone che vogliono vivere il proprio cristianesimo o, magari e auspicabilmente, riscoprirlo. Perché non provare allora a ricuperare il “piccolo gruppo”, a misura di persona e di quartiere, che per vivere e funzionare non necessita di figure esclusivamente consacrate o ad “alta specializzazione” ecclesiale? Un buon esempio di questa modalità di approccio al cristianesimo l’abbiamo vista nei diversi gruppi della Parola nati attorno alle Lettere Pastorali del Vescovo. Questo ci insegnano, ad esempio, i nostri missionari nelle giovani Chiese in espansione, dove i piccoli gruppi di villaggio o di quartiere sono decisivi per avvicinare alla e accompagnare nella vita cristiana. Questo è accaduto probabilmente con l’associazionismo – penso in particolare all’Azione Cattolica – sotto la dittatura: luoghi diffusi di crescita cristiana e di identificazione che hanno saputo formare persone in ambienti culturalmente ostili o lontani.Riflettendo su questi cambiamenti, un confratello ha suggerito con saggezza pastorale un’ottima indicazione: ogni parrocchia garantisca un gruppo fisso di preghiera, consistente e motivato, per le lodi, i vespri, il S. Rosario. Come altresì un gruppo e un referente per l’ascolto comunitario della Parola da tenersi ogni settimana. E infine un gruppo di famiglie che si ritrova più o meno mensilmente. Potranno essere gli “otri nuovi” ai quali ci invia il Risorto e nei quali il vino sempre nuovo del Vangelo potrà scorrere, pian piano?
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