Soggetto, non oggetto, dell’azione pastorale
25 Giugno 2018
Non smettere di sognare, dove quel verbo non significa uscire dalla realtà, ma darle una prospettiva e dei contenuti degni di essere vissuti. È sulla scia di quanto detto da Papa Francesco alle famiglie cristiane, che si è mosso l’incontro promosso dall’Azione Cattolica e dalla Pastorale famigliare della Diocesi con il significativo tema “La fedeltà dell’aver cura – la famiglia oggi”. Dopo l’introduzione della presidente Maria Luisa Giusti e la relazione della sociologa Gabriella Burba, della quale riferiamo a parte, Giuseppina De Simone, docente di etica generale e filosofia della religione della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, ha portato i presenti all’incontro gradiscano, la sera dell’otto giugno scorso, lungo il percorso che conduce al significato profondo della vita della famiglia cristiana.L’ottica non è stata quindi quella della discussione su cosa sia la famiglia o su come oggi questa vada difesa, ma su quali siano le caratteristiche in grado di renderla testimonianza concreta di vita cristiana. In una situazione generale che vede la Chiesa, anche quella locale, interrogarsi sul suo modo di essere testimonianza del Cristo risorto nei contenuti e nelle sue stesse strutture istituzionali, Giuseppina De Simone parla di un rovesciamento di prospettive sulla famiglia: riconoscerla come soggetto invece che oggetto dell’azione pastorale. Del resto è proprio nella famiglia che si trovano concentrati valori ed esperienze fondamentali della fede cristiana. Solitamente ci si interessa della famiglia a seconda dei momenti: come colei che porta al battesimo, alla prima comunione, che accompagna alla cresima, che educa i figli e li accompagna al matrimonio; famiglia che poi riappare quando il ciclo delle generazioni porta alla ribalta le necessità della persona anziana. Ci si interessa della famiglia in alcuni momenti, rischiando di non valorizzarne la dignità e la missione di ’chiesa domestica’. La teologa, che ha anche collaborato al recente sinodo sulla famiglia, ha guardato a temi e parole, che solitamente sono avvertiti come una norma e quindi qualcosa di pesante, rileggendoli come traccia di un percorso liberante il più profondo senso della vita umana. Così, l’unicità del rapporto, il legame tra i coniugi, la fedeltà reciproca, l’apertura alla vita sono stati posti dalla teologa come risorse e capacità di progetto. Per cui il “sì” del giorno del matrimonio non è limite ma risorsa e la fedeltà ci coniuga come un progetto di vita condiviso. Giuseppina De Simone è ben consapevole che la vita non è solo ’dolcezza’, che comporta anche momenti difficili, ma proprio in questo si vede la forza della famiglia cristiana aperta alla vita e quindi anche ad affrontare cambiamenti e novità che inevitabilmente ne segnano il percorso. La stessa famiglia, ha ricordato, non è una realtà statica, fissa, ma dinamica perché si evolve al suo interno e nel confronto del contesto in cui vive. Basti pensare alle stagioni della vita e all’esperienza dei legami tra le generazioni per renderci conto che si vive all’interno della famiglia un tessuto di relazioni che costituiscono poi un paradigma di quello che si presenta nella società. Della famiglia però è necessario “avere cura”, non basta farla nascere e riconoscerla in alcuni momenti della sua vita. Occorre educarsi a viverla quotidianamente, così come l’amore non è fermo ed immutabile ma ha bisogno di trovare ogni giorno ed in ogni stagione della vita i modi più adeguati per esprimersi.In questo contesto, ha indicato Giuseppina De Simone, la famiglia diventa luogo in cui si fa esperienza di criteri e modelli di vita “cristiani”, ben diversi da quelli che la società propone con dovizia di mezzi.Pur con tutta la consapevolezza dei limiti propri delle persone e della coppia, ha sottolineato alcuni punti che fanno crescere la famiglia: la capacità di accoglienza delle diverse condizioni (nella gioventù, nella maturità, nella vecchiaia, nell’essere diversamente abile); il permettere all’altro di essere se stesso e di accettare il cambiamento; il saper pregare assieme; il realizzare un significato di educazione che rispetta la persona, ma non nasconde la proposta di valori ed offre chiavi di lettura per le esperienze ed i fatti della vita; la capacità di valutare senza aver paura dei conflitti. Nelle parole della teologa abbiamo avuto la sensazione di cogliere una nuova centralità della famiglia, punto di sintesi dell’annuncio e della pastorale nelle nostre comunità.Un percorso da riscoprire partendo dalla consapevolezza che “senza la famiglia non possiamo vivere”. La sintesi del pensiero di una persona è sempre riduttiva e quindi per un approfondimento di questo tema è interessante leggere il volumetto di Giuseppina De Simone, edito da Ave, con il titolo “La fedeltà dell’aver cura. Essere famiglia oggi”.
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