È la preghiera della comunità che sorregge ogni sacerdote
2 Luglio 2018
Che bella l’accoglienza in seminario a Castellerio! Ad attendere le zelatrici, per la visitaannuale di fine anno pastorale, oltre all’assistente diocesano don Nicola Ban e i due nostri seminaristi, Manuel e Matteo, anche il rettore ed il vice rettore.Come da programma, una volta accomodati in sala riunioni, dopo il saluto del rettore,don Loris, che ci ha ringraziato in particolare per l’attenzione che rivolgiamo nella preghiera al seminario e ai seminaristi, la parola è passata a don Michele, seminarista di 24 anni della diocesi di Udine, ordinato sacerdote nel pomeriggio di domenica 24 giugno assieme ad altri cinque giovani. Don Michele ha, quindi, richiamato la nostra attenzione sulla preghiera per i giovani sacerdoti e i seminaristi, perché come una barca a vela senza vento è ogni prete che non è sorretto dalla preghiera della sua comunità. Ed è facile capire che senza vento nessuna barca a vela può andare avanti!A prendere la parola è stato poi don Sergio, vice rettore, che ha definito ogni comunità concreta “mamma delle vocazioni” perché, nel momento in cui essa prega per le vocazioni, ne diventa grembo. La vocazione è una chiamata che nasce da un incontro concreto con il Signore. Evidentemente quelli che sono stati chiamati hanno visto il Signore nei volti delle persone concrete di una comunità concreta che li ha generati alla vita, ha trasmesso loro la fede e voluto bene.Come dice papa Francesco: La vocazione al ministero e alla vita consacrata è una chiamata ad essere uomini e donne dell’incontro, persone di relazione, persone di comunione”. È nell’incontro, nelle relazioni, nella comunione con le persone che ognuno di noi può coltivare meglio la propria vocazione, in una concreta comunità che accompagna, prega e sostiene tutte le vocazioni. Ogni vocazione è una grazia del Signore che ci raggiunge attraverso uno e tanti incontri di persone che ci cambiano la vita. Il Signore Gesù lo incontriamo attraverso qualcuno che ce lo fa conoscere, lo testimonia e ci fa scoprire che è bella la vita che si conforma ed è sempre più simile a quella di Gesù. La vocazione significa rendere concreti nella propria vita i sentimenti di Gesù.“Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi” (papa Francesco).I ragazzi che si preparano a diventare ministri ordinati possono essere sostenuti ed aiutati a diventare uomini che sanno incontrare le persone e in questo non sono aiutati solo dagli studi e dalla preghiera, ma anche dall’incontro di persone concrete come le zelatrici. La comunità delle zelatrici può essere la “mamma” che educa ad incontrare Gesù. Certo, ciascuno vive la propria esperienza di Gesù Cristo nel proprio cuore, ma questo avviene proprio perché qualcuno ci ha fatto gustare e vedere quanto è bello incontrare concretamente Gesù. È in una comunità concreta che il seminarista fa esperienza significativa di fede e può incontrare chi dà senso e direzione alla sua vita, anche attraverso le relazioni e gli incontri. La famiglia e la parrocchia dovrebbero poi sostenere ed alimentare la vocazione lungo tutta la sua vita. Una vocazione non è mai solo per sé stessi e non è mai vissuta solo da sé stessi.Ha detto don Loris: “Coloro che stanno per diventare preti escono dalle comunità e ciascuno di loro porta con sé la storia, il vissuto, la bellezza di essere Chiesa e comunità cristiana all’interno di paesi anche piccoli della nostra regione; giovani che stanno rispondendo alla chiamata del Signore e che già prestano servizio sul territorio. Nella ricchezza dell’esperienza si comprendono e si condividono fatiche, progettazioni, gioie, ansie e dubbi della vita pastorale in questo tempo. Ciascuno è chiamato a portare il proprio contributo e la propria personale ricchezza alla nostra Chiesa, ma questi giovani sono chiamati innanzitutto ad imparare dalla storia e dal vissuto della comunità in cui stanno prestando servizio, oltre che dai parroci che le guidano”.Le zelatrici sono un punto di riferimento per la formazione dei seminaristi. Colui che si prepara al ministero ordinato ha bisogno di apprezzare i diversi carismi di ciascuno nella Chiesa, perché uno dei suoi compiti da prete sarà proprio quello di cogliere e valorizzare i doni e le vocazioni all’interno della comunità in cui si trova.Bella è anche la presenza dei consacrati/e nella vita dei seminaristi e di coloro che si preparano al ministero ordinato. I consacrati/e sono il segno di una radicalità evangelica e di una disponibilità gratuita al servizio, testimonianze di coerenza e di scelte di vita secondo il Vangelo. C’è bisogno di tutte le vocazioni per crescere perché ogni vocazione aiuta l’altra a vivere il Vangelo. È preziosa inoltre la presenza delle donne nel cammino di formazione di uomini che si preparano a diventare preti perché, fin dalla creazione, siamo con “l’altra” e quindi ognuno deve imparare a riconoscere e ad apprezzare questa presenza femminile con la quale sarà chiamato a collaborare corresponsabilmente. Va considerato poi che anche nel modo di vivere la spiritualità la donna si differenzia dall’uomo. La Chiesa è donna, madre e si fa anche sorella.“L’attesa nei confronti dei nuovi sacerdoti è elevata, guai ad accoglierli però come se fossero dei funzionari, degli operatori in più, degli specialisti del sacro. Sono invece degli uomini giovani che dicono sì al Signore, pronti a lavorare nella sua vigna, ciascuno di loro lo farà con le proprie qualità e le proprie possibilità, sbaglieranno come accade per tutti gli uomini su questa terra, ma avranno soprattutto bisogno della preghiera, del conforto e del sostegno delle nostre comunità” (don Loris).Ringraziamo don Sergio che ci ha fatto una sintesi della teologia della vocazione, parlandoci anche della prospettiva di integrazione tra la dimensione comunitaria e quella della vocazione personale. Interessante anche la chiosa di don Nicola: “Ciascuno di noi ha bisogno del Vangelo e anche i preti ed i seminaristi hanno bisogno del Vangelo e non è detto che un altro prete debba annunciare il Vangelo ad un prete. Qualche volta abbiamo bisogno che la comunità cristiana, qualcuno dei fedeli laici testimoni ed annunci il Vangelo ai preti. Dopo aver frequentato il seminario, il prete non è che riesce a donare il Vangelo a tutti, non è automatico. Anche noi preti abbiamo bisogno di essere evangelizzati. La comunità ha un ruolo importantissimo. Per esempio se un prete ha qualche difficoltà domandiamoci chi, all’interno della sua comunità, gli parla, gli annuncia il Vangelo e gli dona speranza. L’annuncio del Vangelo non è a senso unico”.Ringraziamo il nostro seminarista Matteo che ci ha raccontato come è scandita la sua settimana in seminario, tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della lotteria, la cuoca del seminario per la preparazione dei dolci squisiti e tutti i seminaristi per la preghiera comunitaria del S. Rosario. Arrivederci al prossimo anno!
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