Lettere in redazione: la vicinanza a don Sinuhe
29 Agosto 2018
“Gorizia sia città piena di speranza”Caro don Sinuhe,le Sue “Riflessioni” dopo le polemiche maturate a Gorizia in seguito alle ultime assegnazioni di case Ater e i successivi interventi di amministratori e donne e uomini della politica mi hanno indotto a prendere carta e penna e chiedere ospitalità su queste colonne che rappresentano, da sempre, un luogo di civile confronto per la comunità della nostra Arcidiocesi.Ed eccomi qua -da vecchio parrocchiano del Duomo (in sequenza Battesimo, Comunione e Cresima nonché chierichetto e Fiamma con tanto di medagliette a testimoniare il mio impegno) – pronto a condividere le Sue preoccupazioni e, se mi permette, anche parte del Suo dolore per il clima che da tempo si sta respirando in città. E non soltanto per i fumi della Livarna, o quelli di quei bestioni dei Tir che continuano a scorrazzare imperterriti per le nostre vie o, ancora, per le centrali a biomasse che stanno “avvelenando l’aria” ancora prima di entrare in funzione.Ma sono qui anche per ricordare ,a chi ha mal digerito la Sua esternazione, che per fortuna esistono nella nostra Costituzione dei capisaldi che garantiscono pari diritti a tutti i cittadini. Sacerdoti compresi, tanto per essere chiari. Ebbene sul metodo di assegnazione delle case Ater non c’è dubbio che ci sia qualcosa da rivedere. A Roma, qualche anno fa ,era esploso lo scandalo dei ” furbetti del quartierino”. Nulla a che vedere con le gli alloggi popolari perché si trattava di presunta grande finanza. Ma evidentemente questa “pratica ” deve aver contagiato anche le periferie con varie declinazioni. Lei cita nel suo intervento i “furbetti delle assegnazioni” ( e pare ci siano in giro), ma io potrei citarle – per par condicio – i furbetti del cartellino che sono stati “pizzicati” recentemente proprio qui da noi con indignazione collettiva che non si è manifestata in modo eclatante.E, ancora, i furbetti dell’Isee (una quarantina un paio d’anni fa in città) presi con le mani nella marmellata dal Comune.Ma c’è un altro aspetto che Lei richiama fortemente nella Sua riflessione. Ed è il tema della solidarietà. Lo aveva esplicitato il nostro arcivescovo i occasione della festa dei Patroni: “Gorizia sia una città accogliente, gioiosa e piena di speranza” . Un auspicio, quello di monsignor Redaelli, di straordinaria attualità e che cadeva in una stagione di grande emergenza alla quale la città aveva risposto con tante persone” di fede e buona volontà”. Sul futuro di Gorizia, sulla sua dimensione multietnica, multiculturale, sulle sue prospettive di “rigenerazione” dopo la caduta dei confini con tutti gli annessi e connessi, e chiaro che ci sarebbe molto da discutere. Spero si inizi a farlo presto e a carte scoperte come Lei non manca di sottolineare. E ripartendo proprio da quella “Lettera al cristiano della domenica” con la quale due anni fa l’Arcivescovo aveva fotografato la nostra realtà diocesana delineando, al tempo stesso, lucide prospettive di azione. Ma si sa, questa e una società che sta diventando sempre più refrattaria alle lettere; vive di like, tweet, e selfie salvo poi scoprire all’improvviso che che la realtà virtuale non corrisponde a quella…reale.Le auguro un buon lavoro anche a Cervignano.Roberto Collini
Solidarietà e condivisione per una fede veramente adultaPartiamo da un esempio. Molti anni fa, una madre, davanti all’impegnativo compito di rispondere alla domanda del figlio in merito alla mancata assegnazione della casa popolare, commentò con queste parole: “Non avremo quest’anno la casa per noi perché c’è qualcuno che è più bisognoso di noi!” Quella madre, dovette giustificare anche altre situazioni… : sempre, perché c’era qualcuno che era in una condizione più grande di povertà. Certo, non gli venne in mente di dire “prima gli italiani” perché – oltre ad essere falso – sarebbe stata una scelta che faceva a pugni con la sua moralità ed umanità. In quel delicato frangente storico, fra di noi sul nostro territorio, per quanto riguarda il lavoro, la casa e anche altro, venivano prima gli esuli.Giustamente, anche se alcuni non capivano.Non sono numerose le situazioni nelle quali è doveroso manifestare un corposo ringraziamento per coraggiose prese di distanza o di consenso da parte di alcune persone. Il clero della Chiesa e città di Gorizia, nelle sue diverse sensibilità e pur in una condizione del tutto nuova di cambiamenti, in questi giorni di fine agosto ha dato prova di una schietta e convinta testimonianza di unità e di comunione, con un gesto deciso: manifestando, cioè, solidarietà e consenso per la presa di posizione di un parroco che, in tema di diritti e di doveri (in specifico su quello della casa), ha ricordato a sé ed agli altri le esigenze evangeliche della fede cristiana, non mancando di evidenziare le conseguenze dell’ingiustizia e della discutibile amministrazione.In definitiva, si è trattato di una valutazione sopra le parti in nome della persona e, a parità di condizioni, di una protesta contro minacciate prevaricazioni: il diritto alla casa, come tutti i diritti, non consente differenze in nome di appartenenze o provenienze. Al buon amministratore spetta di agire rispettando le leggi riguardo alle condizioni per conseguire il diritto alla casa (stato di famiglia, numero di figli, risorse a disposizione….); ma, anche di agire per ampliare e rafforzare tale diritto a partire proprio da chi si trova nella condizione di bisogno.Questa è politica. Per chi crede, poi, la luce del vangelo non opera in modo miracolistico, né può sottostare a pregiudiziali; anzi, è stimolo forte a cogliere meglio le esigenze delle persone del soddisfacimento delle quali non può mai considerarsi completamente soddisfatto. Di più, è indotto ad aumentare l’impegno per debellare ogni ingiustizia, vincendo la tentazione di mettere tutti sullo stesso piano perchè sarebbe vera ingiustizia in quanto non riconosce le differenze che, poi, impediscono di essere uguali. Stare dalla parte degli ultimi è una scelta precisa e diventa discriminante per ogni scelta anche politica. Tutti possono e debbono collaborare; a nessuno -dunque, nemmeno ai sacerdoti- deve essere tolta la parola, magari accampando motivi di presunta invasione di campo.Anche i sacerdoti e i credenti del nostro decanato -non poche volte sottoposti a giudizi sommari perché non in linea con alcune scelte populiste o con la pretesa di insegnare loro cosa devono fare e dire – si uniscono alle numerose voci di consenso verso la scelta del confratello; ribadiscono pacificamente il dovere di partecipare anche criticamente e respingono ogni giudizio di presunta ingerenza. Troppi silenzi paurosi fanno le chiese vuote e, nella libertà secondo il vangelo di domenica (“Volete andarvene anche voi?”) preferiscono scegliere e praticare con fiducia la strada difficile della responsabilità.È la strada della fede adulta.don Lorenzo Boscarol, decano di Duino-Monfalcone e Ronchi
Chiamati ad intervenire sui temi socialiI partecipanti al Corso di Aggiornamento per Insegnanti di Religione Cattolica, svoltosi ad Assisi la scorsa settimana, esprimono la loro vicinanza e solidarietà a don Sinuhe Marotta, in seguito alle critiche ricevuto per un suo intervento pubblicato sul settimanale diocesano, ribadendo la libertà di un sacerdote di poter offrire una sua riflessione sui temi sociali. La dottrina sociale della Chiesa riconosce alla Chiesa e quindi ai suoi membri, il compito di intervenire sui temi sociali senza schierarsi con nessuno schieramento politico, come si evince dalla lettura integrale dell’intervento. Gli insegnanti di IRC della diocesi di Gorizia partecipanti al corso di Assisi
Quel principio laico di solidarietàI sottoscritti laici impegnati in alcuni organismi e uffici dell’Arcidiocesi, con la presente esprimono la loro solidarietà al Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione e i Sacramenti e attuale parroco del Duomo di Gorizia, don Sinuhe Marotta, criticato da alcuni esponenti politici riguardo al suo intervento sul settimanale diocesano Voce Isontina, pubblicato sull’ultimo numero prima della pausa estiva. L’accusa di “intromissioni” nella sfera amministrativa e politica appare priva di qualsiasi fondamento, non solo perché la Costituzione italiana, all’art. 7, sancisce che “lo Stato e La Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” e quindi un presbitero ha piena libertà di offrire una sua riflessione alla luce della Parola e della Dottrina sociale della Chiesa, ma anche con riferimento ai principi ispiratori dell’intera Costituzione che, nel garantire “i diritti inviolabili dell’uomo” (non solo del cittadino), “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Risulta piuttosto singolare inoltre che un sindaco ritenga esclusa dai suoi compiti l’assistenza, affidata dalla legge proprio ai servizi sociali degli Enti Locali. Lo stesso principio laico di solidarietà viene indicato come unica soluzione possibile da uno dei più grandi intellettuali contemporanei, Z. Bauman, che, nel suo libro intitolato”Stranieri alle porte” scrive: “Noi siamo un solo pianeta, una sola umanità. Quali che siano gli ostacoli, e quale che sia la loro apparente enormità, la conoscenza reciproca e la fusione di orizzonti rimangono la via maestra per arrivare alla convivenza pacifica e vantaggiosa per tutti, collaborativa e solidale. Non ci sono alternative praticabili”. Anche la sua un’intromissione?Michela Becci, Fulvio Gaggioli, Michele Bressan, Gabriella Burba, Simon Peter Leban, Adalberto Chimera, Andrea Michelutti, Olga Tav¤ar, Martina Valentincic, Carla Cabrini
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