Una realtà doppiamente penalizzata
22 Novembre 2018
Tra le voci locali del mondo dell’informazione, un ruolo particolare visite il “Novi Glas”, il settimanale diffuso fra i cattolici di lingua e cultura slovena delle diocesi di Gorizia e Trieste, diffuso largamente anche oltre confine.Con il direttore, Jurij Paljk, abbiamo fatto il punto sull’attuale momento che il mondo dell’informazione nazionale e locale, cattolico ma non solo, sta vivendo.
In un mondo di notizie veicolate rapidamente (e a volte senza le dovute verifiche), che ruolo spetta e gioca la stampa locale?Noi, parlo di settimanali e giornali locali, abbiamo il dovere di stare vicino alla gente, di dare voce anche e soprattutto a quelli che non hanno la voce in questa società dove, come disse il Santo Padre Francesco domenica scorsa, celebrando la Messa della Giornata mondiale dei poveri: “Il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi.” Questo frastuono non vale solo per i ricchi ma anche per tutta la nostra società dove non si ascolta più la gente cosiddetta normale, ma tutto deve essere urlato. No, noi settimanali scriviamo ancora delle nostre terre e della nostra gente, degli emarginati, della nostra Chiesa che oggi è molto diversa da quella di dieci anni fa, più piccola ma sempre la nostra Chiesa. La stampa locale, ed anche i settimanali cattolici, deve essere legata alla gente, al territorio, alla Chiesa locale, all’uomo.
All’interno di questo genere di informazione, come si colloca oggi la stampa cattolica e qual è, a tuo avviso, il suo “stato di salute”?La stampa cattolica è doppiamente penalizzata. A differenza degli altri noi dobbiamo scrivere soprattutto di valori cristiani, di quelle cose che oggi non sono di moda, non sono urlate e perciò non sentite da quelli che non vogliono sentire. Dobbiamo andare controcorrente, ecco, come si deve andare controcorrente se si vuole essere cristiani in questa società malata di successo, di visibilità, di soldi. La carta stampata è tutta in crisi, si sa, specialmente i giovani non si abbonano più ai nostri giornali, preferiscono l’immediatezza e la rapidità superficiale ed anche pericolosa del web, dove tutto è subito, tutto leggero, ma tutto anche superficiale. Eppure dico che abbiamo il dovere di continuare a scrivere, a stampare, ad essere vicini alla nostra gente, al nostro territorio, alla nostra Chiesa locale. Al collega che mi chiedeva, in Veneto, come la vedo per i giornali oggi, viste le minacce di tagliare i fondi (veramente esigui poi) dell’editoria anche per noi, ho risposto che sono del parere che i nostri giornali devono uscire anche solo per dare fastidio, con la sola presenza stanno dando fastidio a taluni. La democrazia è santa, almeno così dovrebbe essere e chi non ha sempre parlato della libertà, democrazia, fratellanza se non la Chiesa? Oggi ci si dimentica che le tre parole della Rivoluzione francese, capisaldi laici della nostra società, non sono altro che i capisaldi del Vangelo. Penso che proprio in questo momento i giornali debbano resistere, dobbiamo rimanere in prima linea a difendere, e soprattutto diffondere, i valori cristiani della libertà e democrazia. E questo anche e soprattutto nella periferia, come ci dice il Papa: “Il territorio non è un semplice confine geografico, è qualcosa di più: indica l’esistenza delle persone che lo abitano. Sulla scia dei settimanali diocesani, fatevi voce di chi non ha voce. Continuate ad accendere i vostri fari informativi su tutte le periferie. Fatevi carico comunicativo delle storie che raccontate. Appassionatevi sempre di più alla verità. Siate custodi delle notizie”. Il giornalista, “nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone”.
Proprio in questi giorni si parla molto delle dichiarazioni di alcuni membri del Governo nei confronti dei giornalisti e della stampa. Da giornalisti e nello specifico da giornalisti della stampa cattolica, come porsi nella maniera più adeguata nei confronti di queste (offensive) generalizzazioni?Penso che dobbiamo rimanere calmi, decisi a continuare sulla nostra strada, forse però dobbiamo anche dire, pubblicamente, chiaramente e con orgoglio, a questi uomini politici che noi siamo stati prima di loro qui e che ci saremo ancora quando loro non ci saranno più. Dobbiamo continuare a fare il nostro lavoro ancora meglio. Tutto qui. Le offese nei nostri confronti sono gravi e parlano chiaramente soprattutto di come è realmente chi le ha lanciate contro di noi e non di noi giornalisti.
Pensando al prossimo futuro e ai paventati tagli all’editoria, che mosse compiere e come “evolverci”?Se sapessi cara amica, se lo sapessi! Come ho già detto sopra, bisogna continuare, noi, sia Novi glas che Voce Isontina, lo facciamo su due fronti oramai, sulla carta stampata e sul web. Certo, è un impegno non da poco, ma va fatto. Dobbiamo rimanere fedeli ai nostri abbonati e cercare di parlare e coinvolgere i giovani e soprattutto rimanere sempre fedeli al Vangelo.
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