Madonna di strada: ricordo riparatore
1 Marzo 2019
Rosari, messe, preghiera, promosse dal parroco don Federico Basso. Ha celebrato anche il l’Arcivescovo Carlo Maria Redaelli. Conclusione sabato 23, con la processione che ha riportato la statua della Madonna dalla chiesa di Viscone a S. M. di Strada. L’ hanno accompagnata gli stendardi e i gonfaloni delle comunità dell’ U. P. “Campanili riuniti”e di quella di Medeuzza. Presenti il parroco don Federico Basso, don Moris Tonso, gli ex parroci di Chiopris Viscone don Nino Comar e don Chino Raugna, il cappellano militare don Sigismondo Schiavone, e il parroco di Medeuzza don Carlo Dorlig. Messa presieduta da p. Salvatore Cimino, generale degli Ardorini (fondati da don Gaetano Mauro). Il Sindaco di Chiopris Viscone, arch. Raffaella Perusin, ha donato al Santuario, una lampada che arderà sull’altare della Madonna, in segno di protezione per la comunità civile, e che è stata portata dalla persona più anziana della comunità (Jolanda Bergamasco Coceani, ved. Formica) e dal più giovane (Marco Vittor). Conclusione con una cena insieme e un grazie per la collaborazione Al Gruppo Alpini, alla Protezione Civile, al Gruppo del Pignarûl, al Coro di Chiopris Viscone e Medeuzza, al Consiglio Pastorale, e a tante donne e uomini “di buona volontà”.
Nelle piene del Torre, la chiesa, leggermente rilevata sul piano stradale, sembra la barca di Pietro. Le guide tacciono. Solo qualcosa, al di fuori del catapan di Chiopris.L’essere accanto a una strada che saliva da Aquileia (poco lungi si rinvenne una tomba romana) parla di una costruzione sorta su resti di quell’epoca.Emerge nel tempo allo spirare del Trecento: 1390 possiede un campo nella non lontana Percoto; 1413, un documento la dice dipendere dalla pieve di Trivignano insieme con S. Michele di Chiopris, S. Margherita (Medeuzza) e S. Andrea (Nogaredo).Una sentenza del Capitolo di Aquileia (19 dicembre 1455) ordina che “il Comune e gli uomini di Viscone debbano amministrare e lavorare i beni della chiesa di S. M. di Strada e tenerla in ordine e quei di Mediuzza debbano seppellirsi presso questa e ricevere una candela e l’incenso secondo antica consuetudine e paghino una certa quantità di biada al campanaro e che il sacerdote di Santa Maria di Strada serva quei di Mediuzza come per il passato”; sicché, pur esistendo almeno un’altra chiesa nei due paesi, qui venivano per il servizio divino, la sepoltura; la chiesa doveva esistere già ab antiquo. Conferma da un elenco dei beni posseduti dalla chiesa nel secolo dopo quando entrò nella pieve di Chiopris, staccatasi da Trivignano.Una delle più vive testimonianze d’affetto e devozione: lasciare i beni alla chiesa e alla confraternita, per ottenere preghiera e suffragio.Testimoniato Nicolò de Strata: fa pensare a uno dei non pochi paesi scomparsi, come la vicina Muris, fra Trivignano e Percoto.Nel ’500 ci dev’essere stata grande attenzione delle comunità circostanti per la chiesa: l’ hanno raccontato i muri privi di intonaco nell restauro, mostrando altre immagini dell’edificio, certo un pronao, poi tamponato per allungare la navata. Poi gli affreschi, in luce parzialmente, con S. Fabiano emerso col suo bel volto, e la realistica rappresentazione di qualche squarcio di S. Sebastiano, sanguinante per le frecce. Protettori contro le pestilenze, a loro è probabile fosse aggiunto S. Rocco. Affreschi pregevoli rimangono sopra la volta dell’abside, non visibili, perché nel sottotetto; rappresentano due cavalieri.Ma i santi della chiesa possono indicare altre ipotesi: la Madonna (Assunta detta nell’ ’800), Giovanni Battista e Stefano richiamano una forte ascendenza aquileiese; oppure anche di età longobarda, inseriti in un pullulare di altri titoli “longobardi” nei dintorni (si pensi ai S. Michele e S. Martino), o al S. Zenone di Viscone.S. Stefano era pure Santo di carità, assistenza lungo le vie e, insieme col Battista, difensore dalla furia delle acque.C’era anche un pozzo di là della via per sollevare la fatica dei viaggiatori. Una tradizione popolare allude a frati, o monaci che vi avrebbero avuto dimora, i templari, ma, per ora, non c’è traccia nei documenti. Leggende raccontano di anime notturne nella chiesa; di pericoli turchi; di sotterranei misteriosi, di alberi fioriti fuori stagione…Il ’600 vede la chiesa arricchirsi di stucchi sull’arco trionfale e probabilmente della statua della Vergine. Si voleva offrire sempre il meglio come, nel secolo dopo, gli eleganti altari laterali e il maestoso e scenografico altar maggiore.Quando (1712) tutta la pieve fece voto di solennizzare come festa di precetto quella di S. Ignazio, per scampare a una desolatoria epidemia tra i bovini, qui si promise di celebrare una messa cantata e una “schietta”.Nell’ ’800 aumenta la funzione di santuario, e alla festa d’agosto, sul prato accanto accorreva una moltitudine di persone (scrisse Caterina Percoto), attratta dalla pietà, dalla bellezza del luogo, dai banchi con frutta e ciambelle.Da Viscone venivano, per la merenda del lunedì di Pasqua e la processione del perdòn, il 15 di agosto, che prosegue (poi si mangiava l’anguria).Nogaredo continua la tradizione della messa votiva il 5 agosto (Madonna della Neve) per ringraziare di una cessata pestilenza.L’affetto della gente pel santuario spinse il rettore a chiedere (1822) a Papa Pio VII la concessione di un’indulgenza plenaria; fu accordata dal Papa con l’impegno, per chi la desiderasse, di pregare secondo le sue intenzioni.C’era un’entrata anteriore che immetteva nello spazio della chiesa, con una grata per scoraggiare gli animali, e due entrate laterali per i funerali da Medeuzza e da Viscone (fino al 1866). “Veneti e Illirici, riuniti almeno dalla morte vi dormivano indistintamente, e confondevano insieme le loro ossa in quella terra consacrata dalla pietà dei loro padri” (ancora Caterina Percoto); questo fino al 1866.Poco prima (6 aprile del 1915) della grande guerra, don Luigi Pinat, vicario di Viscone, lanciò un appello a fedeli e confratelli per venirvi a pregar pace: ci fu la processione teoforica “con uno straordinario concorso di fedeli” (l’Austria era già in guerra) e il discorso di don Giuseppe Viola.Il paese di Viscone, dopo il conflitto, sciolse un voto; poco più tardi (gennaio 1919), mano sacrilega mutilò la statua, che fu restaurata a Lavariano (pare da Luigi Piccini, intagliatore di rango) e ritornò trionfalmente nel febbraio, accompagnata dalla gente con i carriIl 28 febbraio 1919 il reggente militare di Viscone, don Gaetano Mauro (vicario foraneo di Montalto Uffugo Cosenza), nel giorno in cui Madonna di Strada viene riaperta al culto, le dedica l’inno, come “Ricordo alla diletta popolazione di Viscone con la quale per due anni divisi le ansie e i dolori dell’orribile guerra”. Le parole sono originali; la musica è identica a quello della Madonna della Serra presso Montalto di Uffugo (Mauro Belletti)Gli anni più vicini a noi hanno visto una costante attenzione alla chiesa: nel 1930 è stata affrescata la facciata (Giulio Justolin diede qui i suoi ultimi colpi di pennello); più recentemente, è stata restaurata (arch. Mario Chinese) ed è stato allargato e sistemato il recinto del cimitero (arch. Ivo Scagliarini).Particolare attenzione ebbe anche dai ladri, che ne spolparono le suppellettili, perfino il Bambinello, poi rifatto dall’intagliatore Giorgio BagolinOra questa bella chiesa, oasi di spiritualità, appena appartata dalla frenesia del traffico, emerge dalla campagna accanto alla via e, metafora della vita, più che chiamare, sembra venire incontro a chi passa, per dire insieme una preghiera…
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