Mossa nell’arte

La monografia intitolata “Mossa nell’arte”, scritta dal professore Giulio Tavian su invito dell’amministrazione comunale rappresentata dal sindaco Elisabetta Feresin ed edita dall’Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia, si pone quale continuazione ideale dei due volumi precedenti. Formata da circa duecento pagine, suddivise in 9 parti, si propone come un “viaggio attraverso il patrimonio di un paese del territorio goriziano che ha fatto dell’espressione artistica il simbolo di una comunità e dei suoi valori” (chiosa alla quarta di copertina). Giulio Tavian, il cui lavoro non lascia mai indifferenti, ha saputo anche in questo caso rileggere con gli occhi dello storico e dello storico dell’arte la realtà multiforme e complessa del paese di Mossa che, però, racchiude grandi storie, grandi personaggi, grande interesse per il bene e per il bello, con particolare attenzione anche per il bene comune. L’autore coinvolge il lettore, lo studioso, il curioso nella sua narrazione fluente, leggera e sempre competente e lo fa attraverso il commento alle tantissime opere d’arte sparse nel territorio del paese: è una vera passeggiata nella storia dell’arte di un luogo ben preciso con significativi collegamenti a vicende, luoghi, artisti della storia europea.  Le introduzioni sono curate dal sindaco Elisabetta Feresin, dall’assessore alla cultura Andrea Bullitta, dal presidente dell’Istituto di Storia Sociale e Religiosa Ivan Portelli, dall’arciprete di Mossa don Moris Tonso e da don Maurizio Qualizza che, da sempre, è impegnato nel recupero e nella valorizzazione della storia e delle tradizioni del suo paese natale, che è Mossa, ma anche dei tanti luoghi dove è stato protagonista della vita pastorale.Come scrive il sindaco Elisabetta Feresin nella sua introduzione: “l’impostazione che abbiamo voluto imprimere al libro è quella di un viaggio attraverso la storia della nostra Comunità, con gli occhi degli artisti che hanno dato testimonianza della loro opera”. Mentre l’assessore alla cultura aggiunge che “il libro vuole rappresentare un’ideale prosecuzione nella ricerca delle particolarità della nostra Comunità che si materializzano nelle bellezze artistiche ed architettoniche che arricchiscono il paese, lo contraddistinguono e lo rendono unico all’interno del contesto globale”. Certamente il lavoro di Giulio Tavian va ad indagare in profondità l’arte e il contesto storico del paese e Ivan Portelli dell’Istituto di Storia Sociale e Religiosa ne sottolinea alcuni passaggi: “le produzioni artistiche e le opere nelle quali riconosciamo un particolare contenuto estetico fanno parte del patrimonio di una comunità e, in particolare, quelle realizzate per arricchire gli spazi pubblici diventano anche testimonianza della vita sociale, economica e religiosa. Non deve stupire che la maggior parte di queste opere sia legata al momento del culto o della devozione religiosa. Ambito privilegiato a cui la comunità e i suoi maggiorenti hanno dedicato importanti risorse, arricchendo così il territorio di tanti preziosi tesori, che oltre per il valore estetico intrinseco sono significativi per essere documento della realtà in cui sono stati commissionati o realizzati”. Don Moris Tonso, neo arciprete, aggiunge una riflessione ecclesiale al lavoro di Giulio Tavian: “architetture, immagini nonché alcune suppellettili religiose non sono solo meri accessori, ma veri e proprio canali che vogliono aiutare l’uomo ad avvicinarsi a Dio: invito, pertanto, a non considerare questo libro come il catalogo di un museo, ma come uno strumento capace di suscitare interesse e meraviglia per ciò che vi è mostrato e descritto”. Anche don Maurizio Qualizza dà un suo personale contributo all’interno delle introduzioni ricordando che “questo libro è stato pensato alcuni anni fa, e oggi da esperti in materia, realizzato in modo articolato e approfondito, per far conoscere ad un pubblico più vasto, ma in primis agli stessi mossesi, i segni sacri e preziosi che la comunità possiede, insieme a quelli esterni sul territorio e, nello stesso tempo, lanciare a tutti un appassionato invito a custodire, valorizzare e apprezzare qualcosa di infinitamente bello, un patrimonio che ci è stato affidato e che siamo chiamati a custodire e trasmettere”.Un lavoro quello di Giulio Tavian che trova proprio nelle parole “custodire” e “trasmettere” il suo fondamento maggiore. L’autore, molto noto nel territorio dell’Arcidiocesi di Gorizia, ha già avuto modo di dimostrare le sue notevoli doti di ricercatore e studioso di storia e storia dell’arte, certamente per la formazione umanistica, ma anche la sua innata sensibilità artistica e musicale. Non si possono dimenticare le monografie sul pittore Giulio Justolin e sulle chiese parrocchiali di Tapogliano e Crauglio, la raccolta e trascrizione del repertorio patriarchino di Marano Lagunare o l’immenso lavoro che sta operando da molti anni sul pittore goriziano Clemente Costantino Del Neri. Nel volume “Mossa nell’arte” la sua perizia e le conoscenze artistiche hanno reso un servizio encomiabile alla comunità di Mossa. Come precisa lo stesso autore: “non si tratterà, se non in breve, la storia del territorio, realtà ampiamente studiata nel 2009 in una pubblicazione a cui si rimanda per ogni approfondimento [Mossa nella storia, a cura di Liliana Ferrari e Donata Degrassi]”; infatti, l’opera è un ulteriore approfondimento dal punto di vista prettamente artistico e, grazie al reperimento di molti documenti inediti, va ad ampliare le conoscenze e, in un certo senso, completa il lavoro di ricerca iniziato anni fa ma da un altro punto di vista dà molti spunti per ulteriori riflessioni future, basti consultare l’apparato di note e bibliografico.Nel 2017 la parrocchia ha celebrato i novant’anni dalla consacrazione della chiesa arcipretale di Sant’Andrea di Mossa alla quale, fino ad oggi, non era mai stata dedicata una pubblicazione monografica e le cui linee architettoniche, progettate da Silvano Barich, sono state scelte per decorare la copertina. La sua storia però non può prescindere da quella delle chiese sorte sull’altura della Zenta dove, fino alla prima guerra mondiale, trovavano sede le radici più profonde e antiche della comunità cristiana. L’itinerario di studio prosegue con la chiesa di Santa Maria Regina dei Popoli in Preval, già oggetto di un volume nel 2014, vertice religioso al quale confluiscono non solo i fedeli di Mossa, ma anche le popolazioni slovene e friulane che rappresentano il fulcro della sua recente intitolazione concessa dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Precisa Giulio Tavian nella sua introduzione che il libro tocca e analizza anche le “chiese di Santa Maria Assunta a villa Codelli e di San Carlo sul colle Blanchis, costruzioni che testimoniano, unitamente alle residenze che affiancano, la fede genuina e fiera dei nobili goriziani che amministrarono il territorio”. Vengono poi raccontate le vicende legate alle ancone votive, alle statue e alle icone che in varie forme e titoli, in particolar modo quello dedicato alla Madonna del Preval, sono dislocate nel territorio e sono strettamente legate alla devozione popolare, “testimonianze di un affetto permeato della fede e trasfigurato dall’arte dell’uomo” che si fa creazione profana nelle quattro opere che Tino Piazza ha voluto regalare ai giovani mossesi. Non mancano significativi racconti sulla vita e le opere straordinarie dei parroci che, in una visione salvifica che sapeva guardare al futuro, si sono dedicati ad accrescere i loro templi di importanti simboli di fede: allora, come non citare la grande pala d’altare di Sant’Andrea di Durante Alberti, meraviglia artistica del XVI secolo.Giulio Tavian opera una ricerca ad ampio spettro e indaga con gli occhi attenti dello studioso consumato in una molteplicità di luoghi di conservazione, a partire dagli archivi regionali e, primo fra tutti, proprio dall’Archivio storico della parrocchia di Mossa che però presenta lacune notevoli proprio a causa degli spaventosi danni subiti durante il primo conflitto mondiale. I documenti presenti nella monografia sono riportati così come sono stati redatti, compresi refusi e i modi di dire dell’epoca, con inserimenti opportuni, tra parentesi quadre, per un maggiore comprensibilità del testo. Una ricerca attenta e puntuale che è andata a scandagliare in profondità, che non ha tralasciato l’analisi delle sopravvivenze archeologiche e fotografiche che hanno permesso di leggere i monumenti con maggiore accuratezza, cercando di illustrarli, per quanto sia possibile, nella loro complessità storica e artistica.Il libro presenta una grafica eccellente e accattivante che sa valorizzare in modo sublime la storia dell’arte di Mossa. Non si può in questo frangente dimenticare quanta importanza sia stata affidata proprio all’apparato fotografico: infatti, ad alcune opere d’arte è stato dato volutamente rilievo attraverso la pubblicazione, in grande formato, delle immagini relative, permettendo di osservarle con agio e nella loro integrità. Ciò è valso anche per il ricchissimo apparato di suppellettili liturgiche che vengono descritte e riportate interamente nella loro fattura artigianale e preziosità artistica nell’ultima parte della pubblicazione.Questa monografia rende merito a una comunità che nei secoli ha voluto e saputo crescere spiritualmente e culturalmente, e anche oggi continua su questa strada valorizzando un patrimonio antico, prezioso che racchiude tanta fatica e tanta fede, lasciato in eredità dai suoi antenati. Un plauso all’amministrazione comunale, alla parrocchia e all’Istituto di Storia Sociale che hanno reso possibile la pubblicazione di questa opera così bella e ricca, colma di significati, che dovrebbe essere presente in tutte le biblioteche private e pubbliche del paese, in quanto ogni abitante possa comprendere che al suo interno c’è anche una parte della propria storia familiare. Un grande plauso va all’autore, il professore Giulio Tavian, che in questa sua ultima fatica ha dato ancora prova di ciò che significa essere uno storico competente, un ricercatore appassionato ma soprattutto un giovane ricercatore che sa mettere a disposizione del territorio le proprie competenze scientifiche affinché la memoria di una comunità non si disperda.