Langoris, storie di vini e cavalieri

Din don! Din don! Din don! Erano le cinque del mattino a Gorizia, ma per la superiora delle Orsoline era consuetudine alzarsi all’alba, per pregare assieme alle consorelle. Quel giorno, però, Marianna Locatelli doveva rispondere alla lettera del vescovo di Trieste Antonio Leonardis, datata Natale 1822. L’anno nuovo era giunto ormai: giovedì 2 gennaio 1823 le campane proseguivano a svegliare le suore e i vicini. I pensieri di Marianna andavano alle chiesette di famiglia, quella di città e quella di campagna. Ad Angoris, nell’ala destra della villa c’è la cappella di Santa Cecilia, in precedenza intitolata a San Giorgio. Era dedicata a tutti i Santi officiati contro le tempeste e le avversità. Perciò, fino a pochi anni fa, da Angoris partiva il segnale di inizio e di fine dello sparo dei razzi antigrandine all’avvicinarsi delle pericolose nubi”. Così inizia il capitolo intitolato “Le chiese” del nuovo libro di Stefano Cosma: “Langoris – Storie di vini e di cavalieri”, LEG edizioni. Presentato a Pordenonelegge lo scorso 20 settembre, da Alessandro Marzo Magno e da Marta Locatelli, la cui famiglia ha acquistato la tenuta di Angoris nel 1968, è un libro dal rigoroso contenuto storico che utilizza l’espediente narrativo del romanzo. Sono tanti i riferimenti al mondo ecclesiastico, dagli edifici di culto realizzati dai primi Locatelli, quelli fatti baroni nel 1647, alla nascita del Monte di pietà di Gradisca d’Isonzo. Per la prima volta viene pubblicata la pergamena con l’autorizzazione imperiale all’erezione del Convento dei Domenicani a Farra, a seguito del lascito testamentario di Andrea Locatelli, datata 1702. Inedite sono anche le molte foto scattate durante la Grande Guerra, quando la villa Locatelli di Langoris era l’Ospedale da campo n. 230. Provengono dall’archivio delle Suore Cappuccine Terziarie di Roma, nove delle quali prestarono servizio, assistendo migliaia di soldati colerosi. Stefano Cosma, giornalista e autore di diversi libri di storia locale, mette in risalto anche l’opera di monsignor Luigi Faidutti, deputato al Parlamento di Vienna che tenne la funzione religiosa per l’inaugurazione del monumento a Massimiliano, il 14 giugno 1903, a Cormons.È la storia un piccolo mondo agricolo, che dal ’600 è stato in continua evoluzione, all’avanguardia nelle tecniche di coltivazione, dalla frutticoltura alla viticoltura del Collio. “Un territorio di confine, dove da sempre si sono incrociati popoli e culture. La storia è passata di qui e non smette di scorrerci. Il vino è un elisir di lunga vita”, scrive nella prefazione Marzo Magno.