“Qui non si consuma niente!”

Era un palazzo nobiliare, fu vittima del “furor delendi” d’ un’epoca. I poveri se ne fecero padroni, ma era lo Stato a tenere la proprietà.Prima di quelli “da fassina cul manarin”, l’OND: educativa e ricreativa; tener svegli mente e muscoli, poi mandare la gente a morire per deliri di onnipotenza. Fu spogliatoio per calcio; balera con “L’Arpa d’oro”, ed ENAL “colorato”: tempo diviso fra bianchi e rossi. La guerra, con strascichi e rancori, era finita da 9 anni. Da 7, Gorizia e un lembo di provincia, erano di nuovo coi destini in Italia, e la tivù iniziò a calamitare gli Italiani. C’era solo nei “bar”: il pacchiano aveva schiantato l’osteria.La società regionale si risolleva da prove terribili, e miseria generalizzata. Dall’agricoltura forze in massa all’edilizia, con emorragie di persone: cercavano fortuna da “Italiani all’estero”, o in altre zone d’Italia.I sarti, artisti nel riciclare, non dovevano neppure accarezzare scampoli di ricchezza, per cedere il posto alle ditte di confezioni. La tradizione artigiana si muoveva, con tradizioni tecniche di rispetto, soprattutto a Romans.La “scuola per tutti” era utopia.Dopo le elementari, le medie, corsi professionali, e avviamento, che fa sognare ancora quelli che mai ci avrebbero mandato i figli. Bici in aumento; prime vespe e lambrette, più su dei proletari mosquito, aquilotti, guzzini; moto solo per super raffinati. C’erano, ancora proletari, i “Motom”; fra essi, quello del gestore dell’Enal, Walter; Edo Calligaris lo descrive con magnifiche note veriste: penetrano gli atteggiamenti del corpo, i moti dell’anima.Ancora processioni, feste religiose con migliaia di partecipanti; comizi ruggenti per le elezioni.L’ENAL stava “a man zampa”, a sinistra: ambiente di operai, disoccupati, nullafacenti (cuoio del portafogli quasi vergine), nottambuli; sportivi, tifosi, ragazzi dalla tasche vedove; celebratori di riti di passaggio come la “renga” il mercoledì delle ceneri…Frequentatore più gradito chi si avvicinava al rosso cupo e trovava “il” giornale: “L’Unità”, compulsato fino ad assumere carattere vissuto. Qui è Romans protagonista; un tanto accadeva ovunque negli Enal  prevalesse il rosso. Piccolo mondo, si confrontava col grande (progresso civile; lavoro; diritti, senso del dovere; lotta per sgravarsi dalla miseria), è descritto da Calligaris: si coglie nel parlare dei clienti; nelle battute: dallo scipito, al salace; dal languido, al feroce. Vasta gamma di figure interpreta l’ambiente paesano, si amplia a scampoli di umanità, soprattutto maschile; le donne appena appena si affacciavano a quei locali.L’Autore ha scandagliato momenti di storia del paese per umili e potenti, portando il lettore a visitare palazzi e stamberghe; bellezze femminili locali, ed “esotiche”: cantastorie, schiere di maestri ed allievi. Ha parlato di gioiosi carnevali e impegnativi mestieri. Di opifici e magiche sale da ballo. Tanto sport, campioni locali e non, soprattutto nel pallone. Il lettore si accorgerà di questo libro; con esso, potrà pensare anche a cronache, a libri di ampio respiro. Ognuno gusterà aspetti diversi, a tutti non sfuggirà il rapporto di Walter, ENAL e fabbrica, coi fornaciai, che cominciavano la giornata vampireggiando la bottiglia di bianco, nero o misto gazzosa, a varie pezzature, infilata nella siepe fuoriosteria alle quattro di mattina. A quella povera gente (si allungava le braccia coi pesi; si friggeva il corpo col calore, a cuocere coppi e mattoni), sembrava di “racreâsi”, per prepararsi a fatica e calore. È un tocco di poesia del lavoro, intessuta di fatica, tragedia, amore per tirare avanti, e di tanta tanta umanità!

Edo Calligaris, “Qui non si consuma niente!” Storie nel “Bar Enal a Romans d’Isonzo”, Romans d’Isonzo, “I Scussons”, Circolo “Mario Fain” 2019, pp. 140, s.i.p.