Profumi e sapori nel carcere
16 Gennaio 2020
Tra tutti molteplici problemi riscontrabili all’interno della Casa Circondariale di Gorizia, quello della cucina pare essere il più sottovalutato e trascurato, a tal punto da trascinarsì da oltre quindici anni. Addentrandosi nel seminterrato della struttura, sede tutt’altro che pratica nella quale si trova i“’incriminata” cucina, il personale impegnato era costretto, nonostante i disguidi tecnici e organizzativi dettati dalle condizioni del posto, a preparare ogni giorno i pasti. I problemi per la cottura erano dovuti principalmente al cessato funzionamento del piano cottura a gas e del forno, ai danni di due delle quattro piastre elettriche e all’elevato rischio di provocare corto circuiti.Si era così obbligati alla cottura del solito vitto, incasellato in rigidi menù come soluzione precaria alle condizioni citate. Una situazione che oltre a demarcare un fenomeno di prolungata trascuratezza, costringeva i detenuti economicamente più deboli a mangiare quanto forniva il carcere, mentre quelli che potevano permetterselo acquistavano all’esterno o si facevano portare dai familiari prodotti alimentari permessi, per cuocerli nelle celle. Un incessante meccanismo di spreco si univa dunque alle precarie condizioni di sicurezza e dignità.Il personale addetto alla cucina, composto da detenuti, è infatti costretto a percorrere le rampe di scale e i corridoi trasportando il pesante, ingombrante pentolame da distribuire nelle tre sezioni. Certo, la presenza anche solo di un piccolo montacarichi favorirebbe il lavoro di tutti, abbattendo il rischio di infortuni. Negli anni passati, alcuni ristoratori dell’Associazione “Gorizia a tavola” e alcuni operatori della Cooperativa “”Hanna House” hanno organizzato per i detenuti dei pranzi speciali come hanno fatto per tutte le domeniche d’Avvento e Natale del 2018. In ognuno di questi giorni le varie specialità hanno sempre portato una delizia spesso dimenticata tra i commensali. Questo gesto di solidarietà è stato valutato e discusso anche negli assidui incontri del sabato pomeriggio, tenuti da chi scrive e da don Alberto De Nadai, dedicati alla formazione dei detenuti per avviarli ad un inserimentosociale e lavorativo. È infatti nato all’interno di questi incontri progettuali il desiderio di avere in cucina almeno un forno “adeguato” che potesse non solo permettere una maggiore varietà di menù ma anche il concretizzarsi di uno o più Corsi formativi di cucina. Questo stimolo, presentato all’istituzione carceraria e stato messo in disparte dalla frase “Non ci sono i soldi”. Eppure, nonostante le difficoltà amministrative, la sensibilità di tanti cittadini che conoscono l’impegno più che decennale di don Alberto sui problemi deicarcerati, ha permesso anche con le loro offerte, l’acquisto di un nuovo forno. I benefattori accompagnano il loro gesto sempre con la frase “Lei sa dove metterli” e infatti uno di questi, venuto a conoscenza del progetto si è dedicato spassionatamente alla causa. Questa persona che, a suo tempo ha vissuto l’esperienza del carcere, e pienamente riuscito a riprendere in mano la propria vita. Con volontà e umanità, non trascurando i suoi impegni lavorativi, ha cercato, trovato, trasportato e infine installato a dovere il forno, superando vari ostacoli burocratici. Il Direttore ha ringraziato con una lettera don Alberto, consapevole che aprirsi a nuove esperienze non può che migliorare la qualità della vita della persona, ma può anche produrre un ambiente di vita più creativo e libero. In questo recente Natale 2019 i profumi della “pasta pasticciata”, del pollo arrosto e delle patate al forno, hanno invaso , dopo molti anni, celle e corridoi, e tutti, compreso l’Arcivescovo Carlo, don Paolo, don Alberto e il sottoscritto abbiamo potuto gustare un ottimo pranzo, felici per il primo obiettivo raggiunto. La festa è continuata con la tombola dell’ultimo dell’anno che ha permesso ai più fortunati di vincere indumenti e alimenti che sono stati molto graditi. La disponibilità dei benefattori è da considerarsi segnale molto positivo, nonché investimento di grande intelligenza per la gratuità dei loro gesti capaci di coinvolgere il Territorio sui problemi del carcere.Grazie al dono offerto, tutti i detenuti hanno recuperato un nuovo legame con la “cucina”, non solo per chi ci lavora ma per la dignità di tutti.
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