“Spero ancora nel Rinascimento che segue il Medioevo”
19 Giugno 2020
Proprio all’inizio lockdown avevamo intervistato la dottoressa Roberta Chersevani – radiologa, già presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri e presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e odontoiatri della provincia di Gorizia – su quelle che erano le prospettive e i timori legati alla crescente pandemia. A tre mesi di distanza l’abbiamo rincontrata, per fare con lei il punto della situazione e trovare alcuni suggerimenti per vivere in sicurezza.
Dottoressa, quando c’eravamo sentite l’ultima volta, circa tre mesi fa nel pieno dell’emergenza Covid – 19, le avevo chiesto cosa ci avrebbe “insegnato” quello che ci stava succedendo. A due mesi di distanza, cosa si sente di dire a riguardo?Sono andata a rivedere l’intervista del 21 Marzo 2020 per capire se anch’io come i molti, troppi, che in questo periodo si sono esposti mediaticamente, mi sono contraddetta. In realtà condivido ancora e sottoscrivo ciò che avevo detto. Speravo e credevo che un momento così difficile e impegnativo facesse emergere la parte migliore di noi. Ci credo ancora, anche se il passare dei giorni in “normalità” rischia di attenuare questo processo e di farci ritornare inevitabilmente a come eravamo prima dell’arrivo del virus. Le incertezze politiche, la scarsità di programmi costruttivi per il Paese, le difficoltà economiche rischiano di riportarci alla situazione pre-COVID, e a far riemergere reazioni negative, perdendo ciò che di positivo abbiamo apprezzato in quel rallentamento forzato. Spero ancora nel Rinascimento che segue il Medioevo.
Ormai ci siamo avviati a grandi passi in quella che è la riapertura totale. Questo però non significa “sciogliete le righe”. Da medico, quali sono secondo lei delle buone abitudini che tutti dobbiamo non solo interiorizzare ma anche mantenere nel tempo?Come per tutte le malattie trasmissibili l’igiene è fondamentale. Abbiamo imparato a lavarci le mani, a lungo, con metodo, fino ai polsi; il virus ha un involucro fatto di lipidi che il sapone può sciogliere, inattivandolo. Abbiamo imparato a lavarle spesso. Abbiamo capito che bocca, naso occhi non vanno mai toccati. Le informazioni sull’uso delle mascherine sono state spesso non chiare e contradditorie, ma servono a rallentare la trasmissione, in luoghi chiusi e in cui siamo più vicini. Abbiamo imparato a non tossire e a non starnutire sulle mani. Abbiamo forse imparato che la distanza fisica tra le persone non interferisce su comprensione, empatia e socialità.
Si parla di “convivenza” con il virus, parola che, onestamente, fa un po’ paura. Ma cosa significa davvero ciò? Cosa dobbiamo attenderci?Non abbiamo detto con sufficiente chiarezza che questo virus è nuovo e sconosciuto, nonostante appartenga alla famiglia dei virus del raffreddore. Tutto ciò che sappiamo nasce dalle esperienze di questo periodo che stiamo cercando di raccogliere, confrontare, e pubblicare perché l’informazione venga diffusa e condivisa.I virus non scompaiono. L’esperienza di queste ultime settimane fa pensare ad una forma più attenuata, con meno casi gravi, meno pazienti ricoverati in terapia intensiva. Ma ci sono casi nuovi ogni giorno, e non sono pochi. I dati aggiornati sulla sorveglianza COVID-19 in Italia presenti sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci ricordano inoltre che una grande percentuale di persone positive al tampone non hanno sintomi o ne hanno pochi. Le misure di igiene e distanziamento sociale sono pertanto essenziali, in attesa di una possibile difesa che potrebbe derivare da un vaccino al quale stanno lavorando diversi laboratori.
In ultima analisi, quali sono gli atteggiamenti che la preoccupano di più e sui quali personalmente vorrebbe un po’ “tirare le orecchie” a chi li mette in atto?Vedo riprendere la tendenza alle aggregazioni, agli assembramenti, forse come segno di passato pericolo, o di riduzione dell’ansia dopo un periodo di particolare tensione. Misure troppo severe rischiano di suscitare una reazione contraria. Informazioni poco precise o contradditorie possono portare al negazionismo. Ho sentito persone negare la gravità degli eventi che abbiamo vissuto. Non vanno dimenticati i 34000 morti nel nostro Paese. Non vanno dimenticati che quasi 240.000 persone si sono ammalate, e 28000 sono operatori sanitari, che abbiamo visto in azione con grande senso di abnegazione e professionalità. E con tanti morti tra medici e operatori sanitari. Nel periodo pre COVID abbiamo assistito nel nostro Paese a molti episodi di violenza contro operatori sanitari, in aumento, tanto da portare a disegni di legge severi verso chi agisce con violenza verso medici e infermieri. Ne hanno parlato abbondantemente le fonti di informazione. Forse il ruolo che gli operatori sanitari hanno avuto in questa grave emergenza servirà a difenderli da possibili violenze che non sono giustificate nemmeno dalla paura – talora fonte di reazioni aggressive – che una persona ammalata o presunta tale può provare. Il nostro Servizio Sanitario è riuscito a reggere l’emergenza, grazie ai suoi operatori sul campo, cui va tutta la nostra riconoscenza.
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