Alla scoperta del Logos nel Vangelo di Giovanni
30 Giugno 2020
Questo breve commento al vangelo più teologico e spirituale è rivolto a un vasto pubblico.Senza attardarsi su questioni riservate agli specialisti, offre delle chiavi di lettura che accompagnano il lettore lungo tutto il racconto.Fra queste, vi è la via simbolica che qui tratteggio. Il verbo greco symbállõ si può tradurre con “medito”, nel senso di mettere as-sieme due realtà.Si tratta di un evento concreto e di un livello superiore che viene legato al primo.In Luca 2,19 “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Il contenuto della “custodia” e della “meditazione” di Maria riguarda tutto ciò che precede, dall’annuncio dell’angelo all’incontro con Elisabetta, alla nascita di Gesù con la visita dei pastori e la presenza di una moltitudine di angeli.Lei legava tutto questo a un significato superiore (meditando), ossia il disegno provvidenziale di Dio. Ebbene, la via simbolica è costantemente presente nel quarto vangelo. Lo vediamo, in particolare, nella successione dei “segni” (i miracoli) e dei discorsi che li interpretano, nella prima parte della narrazione evangelica (capitoli 1-12).Partendo dai “segni”, i discorsi vanno oltre aprendo nuovi orizzonti. È come se il “segno” contenesse in germe un significato ulteriore che solo il discorso renderà manifesto.Vi è così sovente un duplice livello di lettura che accompagna tutto il vangelo. Ciò vale per i “segni” e i discorsi e, più in generale, per quanto concerne il Logos (Verbo) incarnato. Il vangelo inizia il suo racconto proprio con la menzione del Logos che era in principio “presso Dio”, e per mezzo di cui tutto è stato fatto.È come se si volesse far intendere subito l’origine dall’alto, divina, di colui che poi si è incarnato. Al centro del prologo abbiamo proprio l’incarnazione del Logos (1,14). Ecco l’altra dimensione, propria della natura umana. Non si può così leggere il vangelo senza tenere sempre presenti e unite le due dimensioni del Logos incarnato: divina e umana.Ciò aiuta a capire quell’”oltre” cui rimanda sempre Gesù nei suoi discorsi. La seconda parte del vangelo (capitoli 13-21) comincia, dopo i fatti dell’ultima cena, con dei discorsi e una preghiera, che svelano ai discepoli le ultime verità.La narrazione della passione, morte e resurrezione (capitoli 18-21) determina, infine, il compiersi dell’”ora” della glorificazione.L’innalzamento del Figlio dell’uomo sulla croce, è letto come l’avvio di tale glorificazione, perché l’amore “fino alla fine” (13,1) si manifesta al mondo, con la passione e morte di Gesù.La Sua glorificazione è tale rivelazione dell’amore ma è, anche, la potenza divina che farà risorgere Gesù al terzo giorno, e che determinerà l’invio del Paraclito sui discepoli e sulla Chiesa. Attraverso i “segni” Gesù rivela la gloria (potenza e amore divini), così come nella passione, morte e resurrezione vi è un compimento.La via simbolica legge nei fatti della realtà terrena (propria della “carne”), qualcosa d’altro che li lega a quella divina.In realtà, il miracolo di per sé rimanda alla potenza di Dio, ma è co-me se la narrazione evangelica volesse gradualmente condurre il lettore ad un’ascesa interiore verso Dio.Nei termini adoperati dal vangelo, sono la “fede” e la “conoscenza” che innalzano l’uomo, nello Spirito, aiutandolo a comprendere e a vivere la parola insegnata da Gesù. In questo scenario, entrano in campo i grandi temi teologici del vangelo, dalla cristologia alla teologia trinitaria, dall’escatologia all’ecclesiologia e al sacramentalismo, dall’itinerario di fede dei discepoli all’incredulità dei Giudei e del mondo.Essi ci guidano nel percorso di fede e conoscenza di Gesù, che prima di noi hanno fatto i discepoli e i cristiani di questi venti secoli.Tutti i temi hanno un nesso con la cristologia. E questa, a sua volta, non si può ben capire senza il riferimento al Padre. Gesù è la via, la verità e la vita, tuttavia egli non fa nulla se non ciò che piace al Padre e che da Lui ha udito.Analogamente, anche lo Spirito sarà mandato dal Padre nel nome di Gesù, o sarà Gesù a mandarlo, ma dal Padre. Grazie al dono dello Spirito, Gesù è riconosciuto non solo in quanto Messia, ma come lo stesso Figlio di Dio, e l’uomo può entrare nella comunione d’amore che lo lega al Padre. Molte pericopi di questo vangelo si aprono con una parola che gli interlocutori di Gesù potevano accogliere secondo le loro conoscenze e le loro attese.La spiegazione successiva era un annuncio nuovo, appartenente ad una fase in cui la Pasqua e la luce dello Spirito Santo erano già avvenuti. Uno spunto attualizzante: cosa può suggerire questo vangelo, all’uomo del no-stro tempo? Di certo può aiutarlo a recuperare una dimensione umana essenziale, che è definibile come “vita spirituale”. In ogni tempo questo tratto dell’esperienza umana è stato più o meno ricercato e sviluppato, ma nella nostra epoca i cristiani ed ogni uomo hanno bisogno, forse più che mai, di ritrovare la via che porta a Dio.Il vangelo secondo Giovanni, in tal senso, può accompagnare e illuminare alla scoperta del Logos disceso sulla terra, che innalza con sé gli uomini allo stato di “figli di Dio” (1,12). Può guidare alla conoscenza (nella Bibbia non è mai solo un aspetto teorico) di Dio, il Padre, e di colui ch’egli ha inviato, Gesù Cristo. Tale conoscenza, affiancandosi al cammino di fede, non si raggiunge mai una volta per tutte, è bensì un avanzamento graduale verso stadi sempre più alti, che la contemplazione rende possibili.Il vangelo secondo Giovanni, spiritualmente e teologicamente così mirabile, è allora come una finestra aperta per l’uomo che desidera accogliere la rivelazione del Figlio unigenito, incarnatosi e venuto a piantare la “tenda in mezzo a noi” (1,14).Questo auspicio rivolgo al lettore, affinché possa rispondere all’appello del Signore.
don Fabio La Gioia, “Giovanni – Chiavi di lettura del quarto Vangelo”, Tau Editrice
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