Monsignor Pietro Cocolin, fra la gente e per la gente
31 Luglio 2020
Cent’anni fa nella piccola Saciletto di Ruda nasceva in una numerosa famiglia di agricoltori il quinto figlio dei coniugi Francesco Cocolin ed Elisa Cepellotti, che al battesimo venne chiamato Pietro. A dodici anni entrò al seminario minore per proseguire poi al teologico centrale di Gorizia, uno degli ultimi corsi composti da alunni friulani, italiani, sloveni e croati. Il 3 giugno del 1944 venne ordinato sacerdote nella chiesa del Sacro Cuore di Gorizia. Inizio il ministero sacerdotale a Cormons, dove nell’immediato dopo guerra fondò il gruppo Scout. Nel 1951 venne nominato parroco di Terzo d’Aquileia, organizzando i campeggi estivi in Valmarzon e nel 1955 venne trasferito come decano ad Aquileia. Ad Aquileia si adoperò per la fondazione della Banda san Paolino, avviò assieme d altri una scuola di orientamento politico cristiano per la nascente regione autonoma Friuli Venezia Giulia, costruì la casa delle associazioni.Nel 1966 venne nominato decano di Monfalcone, la città dei cantieri, ma passò come una meteore, considerato che il 26 giugno 1967 venne nominato arcivescovo di Gorizia.La nomina ad arcivescovo, appena concluso il concilio Vaticano II, suscitò un grande giubilo ed entusiasmo per tutta la diocesi. Uno dei nostri veniva elevato a guida della nostra Chiesa, un sacerdote di immensa e calda umanità , con il costante sorriso sulle labbra, dall’ incontro facile con tutti ed in ogni circostanza, una saggia guida per una nuova stagione della Società (= contestazioni, crisi di lavoro 1975 e 1981, lotte sindacali, i referendum sul divorzio e l’interruzione della gravidanza, gli anni di piombo) e della Chiesa (= rinnovamento conciliare: introduzione delle lingue parlate, la partecipazione attiva dei fedeli nei consigli pastorali, l’ascolto delle assemblea parrocchiali durante la visita pastorale, l’apertura della diocesi al mondo missionario con l’invio di sacerdoti, religiose e laici in Costa d’Avorio, la vicinanza al mondo operaio, specie dei cantieri, le frequenti visite al mondo della sofferenza e dei diversamente abili (la vecchia villa Ostende a Grado, pellegrinaggi a Lourdes e a Re).I frequenti contatti con la realtà vicina dell’allora Jugoslavia, gli procurarono la nomina nel giugno 1975 ad “amministratore apostolico della diocesi di Trieste e Capodistria” fino all’attuazione del trattato di Osimo (11 ottobre 1977), periodo d’intenso lavoro e di grandi tensioni sociali e religiose.Come persona, sacerdote e vescovo ha sempre vissuto in mezzo alla gente e per la gente, essendo facilitato dalla conoscenza delle nostre parlate e delle nostre usanze e tradizioni. Ha saputo coltivare amicizie di qualsiasi provenienza sociale ed anche nei momenti di critiche per le diverse aperture ecclesiali e sociali, mai ha agito d’impulso, ma con pazienza, a mio avviso infinita, rifuggendo sempre di escludere qualcuno, e ricercando il dialogo in ogni frangente. L’arcivescovado, grazie alle buone e riservate suore di san Vincenzo, è stata una casa costantemente aperta a tutti., La cassa personale, da me amministrata, era spesso al limite, tanto da dirmi, “Posso prendermi un paio di scarpe? Prepara una busta, che andiamo a visitare quella situazione”. A fine giornata si recitava il rosario, ora in latino, ora in sloveno o italiano e premetteva ” desso affidiamoci alla nostra Barbanuta, intendendo la Madonna di Barbana”.Molti di noi siamo debitori al vescovo Pietro per l’esempio di umanità cordiale, di una fede semplice ed incarnata, tanto d’aver scelto il motto episcopale “nel nome di Cristo”. Al caro vescovo Pietro, che improvvisamente ha chiuso il suo servizio a soli sessantadue anni l’11 gennaio 1982, va la nostra riconoscenza, manifestata da un’immensa folla di gente venuta a salutare “il pastore buono” in arcivescovado come alle esequie funebri. Caro vescovo Pietro, ancora tanti ti ricordano e rendono grazie per averti conosciuto , ma anche tu, dalla luce amorosa di Dio, intercedi perché benedica ancora questa nostra e Sua Chiesa isontina. Con affetto e commossa gratitudine al maestro esperto in umanità
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