“Un largo debito di riconoscenza”/2
12 Gennaio 2021
Concludiamo su questo numero di Voce Isontina il ricordo degli anni scolastici di Guido Marziani iniziato due settimane or sono: un ricordo sollecitato da tanti dei nostri lettori che ci hanno scritto per raccontarci di avere conosciuto personalmente insegnanti e compagni di scuola di cui si parla nel testo. In tanti ci hanno richiesto di rendere più frequente la pubblicazione di questi ricordi che aprono uno spaccato davvero unico (ed inedito) sulla Gorizia degli anni Quaranta del secolo scorso: purtroppo gli spazi a disposizione non ci permettono di dare periodicità a questi testi ma ci impegnamo ad ospitarli ogni volta che ci sarà possibile. E grazie a Guido Marziani per l’attenzione con cui ci segue dalla città di Rimini dove oggi vive.Conclusa la media, mi venne consigliato di continuare gli studi al ginnasio, lo avrei frequentato ancora dai Salesiani. Incominciava un nuovo ciclo scolastico, nel mio caso nell’indirizzo classico e ciò non mi dispiaceva.Qui ebbi come insegnante un sacerdote del tutto speciale, colui che diventerà il “famoso” don Chistè! Risulterà per noi importante non solo per il sapere che ci offerse, ma anche per le doti umane che manifestò, da insegnante comprensivo ed affettuoso. Sapeva stare con noi in modo sempre costruttivo, sia nelle ore di lezione che negli altri momenti passati assieme a passeggiare, a chiacchierare, a discutere. Possedeva la parola pronta, ironizzando in modo leggero e piacevole su tutto, le sue lezioni non annoiavano, punteggiate sempre da improvvise e frizzanti battute. Una volta che lo avevamo incontrato per la strada e non lo avevamo salutato, disse, riferendosi a noi, che si era imbattuto in alcuni “pali di ferro”. Fu lui che c’insegnò che “naturalia non sunt turpia”, in occasione di un suo momento critico con il raffreddore che lo affliggeva. In quinta ginnasio, ci tormentò, in vista dell’esame finale, citandoci l’ammonimento biblico di Giona agli abitanti di Ninive… nella speranza che pensassimo a ciò che ci attendeva e ci preparassimo adeguatamente all’evento. Con lui la scuola diventava un momento familiare, vissuto in un’atmosfera di serenità, anche nei momenti più impegnativi. Ciò non toglie che il suo insegnamento risultasse serio e rigoroso. A proposito della sua bonaria ironia, un giorno, dopo aver corretto un mio tema svolto a casa, con un’aria un po’ sorniona mi disse che era da… futuro scrittore. Aveva capito che non era stato scritto da me! A parte il tema artefatto, è con lui che mi allenai bene alla scrittura, imparando a dominarla con una certa sicurezza. Gli anni passati con Don Chistè furono eccezionali, rimarranno memorabili nella nostra storia scolastica: li avevamo trascorsi con una persona inimitabile ed unica. Alla fine, uscimmo dal ginnasio più sicuri di noi stessi, consapevoli di aver realizzato una personalità più ricca in umanità e sapere. Finiva anche il periodo scolastico dai Salesiani, in modo positivo nella scuola, ma anche sul piano religioso. Con loro avevo incontrato un modo di vivere la religione giovanile e gioioso, ero cresciuto nell’apprendimento delle verità cristiane, mi ero rinforzato nella fede. Dopo aver superato l’esame finale del ginnasio, fummo ammessi al liceo, questa volta una scuola statale, il prestigioso “Dante Alighieri” di Gorizia! Noi ex studenti del San Luigi ci ritrovammo per fortuna tutti assieme in una stessa classe. Nella nuova sistemazione avemmo anche la sorpresa di trovare un gruppo di ragazze: era la prima volta che mi succedeva a scuola! Per quanto riguarda l’insieme dei docenti che ci accolse, ci accorgemmo che erano di alta qualità; alcuni di loro c’introdurranno a materie nuove come scienze, filosofia e storia dell’arte. Nel gruppo docente c’intratteneva con più ore l’insegnante di italiano e latino, che ben presto ci conquistò con la sua spiccata personalità e un prestigioso insegnamento. Ci condurrà durante tutti e tre gli anni del liceo, impartendoci lezioni di sicuro pregio, nelle quali spiccava la finezza nella presentazione degli autori latini e l’incanto nella spiegazione delle opere della letteratura italiana. Indimenticabile il modo ispirato e suggestivo col quale ci avvicinò al mondo dantesco. Il professore ci diede davvero tanto, ci fece maturare e crescere, ci rese più consapevoli di noi e della ricchezza del patrimonio culturale ed umano dal quale veniamo.Da parte loro, ci diedero altri momenti di significativo sapere e di esempio educativo gli altri docenti. Innanzitutto l’insegnante di storia e filosofia, il prof. Tuzet, che oltre a condurci nei misteri del pensiero filosofico, c’insegnò come la cultura debba aprirsi al mondo sociale per arricchirlo ed animarlo. E lui personalmente ne diede un esempio: nelle imminenti elezioni si presentò candidato per il Partito Liberale. I miei amici ed io, che volevamo conoscerlo nella sua veste di uomo politico, andammo ad ascoltare un suo intervento al Teatro Verdi. Dal suo discorso capimmo così meglio quale fosse la sua impostazione ideologica e ne discutemmo, da cattolici desiderosi di occuparsi anche di cose politiche. Oltre a lui, ricordo bene anche il professor Scuz, il docente di greco. Nel nostro rapporto con lui, ci considerava tanto amici che tra una lezione e l’altra ci raccontava delle sue vicende durante il tempo di guerra, quando era un ufficiale dell’esercito. In particolare ricordo che ci rievocò alcuni momenti critici passati dal suo reparto nel momento di un attacco avversario. Così conoscemmo non solo la lingua e il mondo greco del passato, ma anche qualche aspetto di vicende più recenti. Le sue rievocazioni inoltre, servirono a farcelo sentire più vicino e a farci conoscere meglio il lato umano della sua personalità. La parte scientifica della nostra preparazione venne a sua volta curata da un bravissimo professore di scienze e da un indimenticabile insegnante di matematica. Grazie al prof. Leonardi conoscemmo i prodigiosi misteri della chimica, con il prof. Grignaschi penetrammo il miracoloso mondo dei numeri. Il nostro carissimo docente di matematica era non udente, per ascoltare si serviva di un apparecchio acustico, ma ciò non gl’impediva di esprimere in modo adeguato le proprie conoscenze e le sue capacità didattiche. Da lui apprendemmo anche quel po’ che sappiamo di fisica, nell’unico anno, in seconda, nel quale viene insegnata la materia. Curarono invece la nostra sensibilità artistica, nel primo anno un professore, negli anni successivi una giovane insegnante, entrambi capaci di avvicinarci ai prodigi dell’arte, con quel gusto e quella sensibilità che ci permettono ancora oggi di apprezzare le bellezze artistiche. Completava le nostre conoscenze l’insegnamento religioso, che venne impartito, nei primi due anni, da un bravo gesuita, padre Colpo. Il sacerdote si dimostrò subito capace di seguirci con un aggiornato e aperto dialogo, accompagnato da un’amichevole ed accattivante simpatia. Ricordo che ci seppe parlare anche del comportamento sessuale che avremmo dovuto tenere dal punto di vista della morale cattolica. Una serie d’indicazioni date con la dovuta cautela e in modo appropriato, da noi accolte volentieri e con particolare attenzione. La sua personalità ci conquistò tanto che diversi di noi si aprirono ad una personale direzione spiritale da parte sua. In terza invece, di religione ci parlò don Italo Brandolin, sacerdote e teologo. Il suo insegnamento si dispiegò nei piani alti della cultura e non solo teologica. Le lezioni che ci teneva si avvalevano di citazioni e letture di opere di poeti, scrittori e filosofi. La sua ispirata presentazione degli argomenti ci affascinava e ci esaltava, ci faceva intravedere ormai un livello di studio superiore al nostro. Ciò non toglie che sapesse mantenere con noi un atteggiamento di ascolto, di dialogo e di amichevole disponibilità.Nell’ultimo giorno del liceo il professore di lettere, il prof. Menghini, ci impartì una sua speciale lezione, memorabile! ascoltata in assoluto silenzio e con la massima attenzione. Con accorate parole ci rievocò “l’intima gioia” per ciò che aveva fatto per noi e riassunse l’anima di ciò che ci aveva insegnato. Ci ricordò l’”umanesimo” che avevamo “assorbito” e che ci doveva in futuro servire alla costruzione, non dai “secondi posti”, di una civiltà di più “autentico e alto umanesimo”. Le sue parole ci colpirono molto, ci commossero, aprirono il nostro animo ad una grande speranza, ci proiettarono nel futuro, non mancheranno di rimanere presenti nella nostra vita.Il liceo naturalmente si concluse con l’esame di maturità, l’estremo momento del nostro impegno scolastico, affrontato con ansia e trepidazione, vissuto con piena consapevolezza e la massima serietà. Si trattava della prima grande prova della nostra vita, una volta superata ci riempì di soddisfazione e di gioia, ci fece sentire più sicuri e pronti ad affrontare qualsiasi domani. Con la fine del liceo potevamo considerare conclusa la storia di una normale carriera scolastica, ora ci si apriva ad un tipo nuovo di studi, quello universitario. Se ci sentivamo in grado di guardare avanti nella preparazione culturale, ciò lo si doveva proprio a quella lunga corsa che era partita dalla scuola dell’infanzia. Anche se la nostra maturazione non era certo avvenuta solo nell’ambiente scolastico, l’esperienza che in esso avevamo vissuto rimaneva fondamentale nella nostra vita. Non per niente coloro che mi hanno fatto da maestri mi sono ancora ben presenti, uno per uno. Li ho ricordati perciò, ma non basta: a ciascuno di loro deve andare tutta la nostra riconoscenza. Li dobbiamo ringraziare tutti, dal momento che, come educatori della gioventù, ricoprono un ruolo di fondamentali operatori culturali, senza i quali la società nei suoi umani valori non potrebbe né vivere né crescere.
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