Un viaggio nella memoria dell’ebraismo goriziano

La giornata della Memoria, istituita nel 2000 per ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte (art. 1- legge 221), ha ormai assunto grandissima visibilità: le amministrazioni locali e le associazioni culturali offrono ormai regolarmente un’ampia serie di manifestazioni, dirette specialmente al mondo della scuola.In questo strano periodo, costretti a rinunciare alla socialità consueta, possiamo certamente riflettere meglio su quegli avvenimenti tanto lontani dal nostro vissuto e chiederci quale significato possono trasmetterci, lontani dal frastuono mediatico e dalle manifestazioni pubbliche, diventate spesso un rito.Possiamo quindi riflettere in modo ragionato sulla storia locale (rimandando alle mie tante pubblicazioni per approfondimenti), visto che Gorizia ha ospitato stabilmente fin dal 1500 una piccola, ma vivace comunità ebraica, perfettamente integrata nella vita cittadina. Intenzionalmente trascuro Carlo Michelstaedter che mi par quasi ormai diventato un simbolo trasgressivo di chi non ha la forza di trasgredire, ma ricordo invece suo padre Alberto, socio della Società Filologica Friulana, fondata a Gorizia nel 1919, che in friulano goriziano saluta gli altri soci convenuti a Gorizia da tutto il Friuli alla fine degli anni Venti, friulano parlato all’epoca da buona parte dei goriziani. Mi piace ricordare anche il lascito testamentario di Rachele Pincherle (1826), con il quale la dama lascia in eredità parte delle proprie sostanze ai poveri cristiani, ma anche Aronne Luzzatto (1839-1908), attivissimo “protomedico” (ufficiale sanitario di Gorizia), sensibilissimo alle conquiste della scienza medica e sempre attento ai bisogni dei più deboli, spendendosi spesso gratuitamente per il benessere dei cittadini. Dai racconti di mia nonna paterna si è materializzata la famiglia di Attilio Morpurgo, l’ultimo presidente della comunità ebraica goriziana, dirimpettaio dei miei nonni in via Goldoni.Le leggi razziali emanate dal governo italiano il 17 novembre1938 e successivamente integrate nel corso del 1939 colpiscono profondamente l’ebraismo italiano, riducendolo a una situazione molto simile a quella della reclusione nei ghetti. Davanti a queste improvvise ed inaspettate misure estreme della politica razziale del regime l’animo umano non reagisce certo in modo compatto. Se nessun notaio goriziano è disposto a rogare l’arianizzazione della ditta di Attilio Morpurgo, un suo concorrente goriziano lamenta i suoi privilegi economici e risulta addirittura aver aizzato la popolazione contro di lui “… perché presenta con troppa evidenza caratteri somatici e spirituali della razza cui appartiene”.  Da una relazione di polizia del 1 dicembre 1938 si legge come la popolazione cristiana continui a mostrare un buon atteggiamento nei confronti dei concittadini di razza ebraica, anche se gradualmente inizia ad evitarli, gli ebrei poi non si raggruppano più in pubblico. Attilio Morpurgo, trasferitosi a Ostra Vetere (Ancona), immediatamente prima dell’arrivo delle truppe tedesche a Gorizia nel settembre 1943, subisce la delazione per mani di altri italiani ed il figlio minore, Gaddo, ucciso dalle SS dopo 10 mesi di prigionia nelle Marche, trova sepoltura in una fossa comune, solo in seguito le sue spoglie vengono trasferite assieme ad altri resti nell’ossario del cimitero monumentale di Forlì. Per un lungo periodo la famiglia non sa nulla della fine del figlio, detenuto in carceri fasciste.A Gorizia però il monastero delle Orsoline offre rifugio ad un’ebrea di origine russa, originaria di Odessa, sposata ad un udinese, per l’intero periodo dell’occupazione tedesca, nonostante la villa delle educande ospiti parte del comando tedesco della città.La Giornata della Memoria può rappresentare quindi l’occasione di un viaggio nella storia dell’ebraismo goriziano, la Gorizia di ieri, ma anche una riflessione sull’atteggiamento della Chiesa. Rimando all’ottimo libro di Giovanni Miccoli I dilemmi e i silenzi di Pio XII, uscito nel 2000, per la situazione del Cattolicesimo di quegli anni e ricordo che nel 1959 è stata rivista la formula liturgica “perfidi giudei” ed eliminata dalla preghiera del venerdì santo e dal rito del battesimo. Risale al 1965 la dichiarazione Nostra Aetate, dove si ribadisce il legame spirituale del Cattolicesimo con l’Ebraismo e si nega qualsiasi responsabilità degli ebrei per l’uccisione di Cristo, uno dei tradizionali cavalli di battaglia dell’Antisemitismo.A questo punto però mi par giusto anche sottolineare l’importantissimo ruolo dei nonni (gli anziani sono sempre più estromessi dal mondo attuale, in un mondo dove solo giovane è bello e quindi degno di attenzioni) nella trasmissione della memoria, e quindi delle proprie radici, indispensabili per la costruzione di un’identità solida. Nel mio caso è stato essenziale il ruolo di mia nonna paterna, Romana Francovig Alt, diventata a partire dalla fine degli anni Venti Romana Franco Altieri, nel caso dell’arch. Andrea Morpurgo, attivo tra Bologna e Madrid, membro del direttivo della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e incaricato del restauro del cimitero ebraico di Valdirose, cimitero che ha giocato un ruolo non certo trascurabile nella scelta di Nova Gorica- Gorizia a capitale culturale europea 2025, suo nonno Giulio, fratello di Gaddo, (Gorizia 1913-Bologna 2006) che ha saputo trasmettere i valori dell’ebraismo e di salde radici goriziane.