“Più fecondità che risultati”
26 Aprile 2021
Costretta all’isolamento domestico per tre settimane in seguito a una lieve forma di corona virus, ho avuto la possibilità di riflettere sull’ultima, poderosa enciclica di Papa Francesco che tocca la vita sociale. E proprio della vita sociale sentiamo tutti la mancanza, in modo più o meno pronunciato, a seconda delle nostre abitudini, in questo periodo dove tutto quello che era ovvio fino al marzo 2020 è diventato un bene raro, talvolta irraggiungibile, o di difficile ottenimento. La scuola, tante attività lavorative, gli incontri di ogni tipo, persino quelli tra parenti lontani, si stanno avvalendo dello smart working, delle videoconferenze, supportati dalla tecnologia informatica che ha fatto diventare quasi patetico l’uso del vecchio telefono. Ma parlare con lo schermo del proprio computer toglie alla persona umana molto della sua autenticità, la priva della sua caratteristica fisicità, e trasmette un’immagine parziale. Cosa non da poco.Di questo si è perfettamente accorto Papa Francesco. Nell’ampio affresco dedicato alla politica (capitolo quinto) Papa tocca anche il problema della tecnocrazia, che mette a grave rischio il concetto di unicità dell’essere umano. La perfezione tecnica della società consumistica che avvolge l’uomo in una ragnatela conosce “le sue malattie per curarle, la sua mancanza di denaro per fornirglielo, il suo bisogno di casa per dargli un alloggio, il suo desiderio di svago e di distrazioni per organizzarli (n.193)”. Non ha alcun interesse a conoscere l’interiorità di quell’essere umano, “un individuo ben distinto, uno al quale è concessa un’unica occasione di vivere, con speranze e delusioni, dolori e timori, col desiderio di amare e il terrore della solitudine e del nulla” (Erich Fromm). Il punto 177 sottolinea come le leggi dell’economia e la tecnocrazia stiano entrando nel mondo della politica. E’ un tema di bruciante attualità per la vita politica italiana che ancora una volta vede un governo dove viene dato per ovvia la presenza di membri di grande spessore economico riconosciuto internazionalmente, ma non eletti dal popolo, cosa che dimostra quindi indirettamente il non valore della vita politica così come è.Il punto 193 evidenzia il rischio palpabile dell’emergere di un uomo passivo, dell’uomo “prevedibile” e senza creatività o sentimenti, qualità estremamente apprezzate dalla società consumistica che ha bisogno di un’umanità controllabile per poter ottimizzare la produzione e il consumo dei beni, ottenendone il massimo guadagno. Ci fa quasi pensare ai protagonisti del “Mondo Nuovo” di Huxley, uscito nel 1932, protagonisti programmati per una precisa funzione sociale, rasserenati da una sostanza chimica particolare ogniqualvolta ci fosse stato bisogno.Una riflessione estremamente approfondita sulle modalità dell’esistenza umana è sempre presente nella vastissima produzione di Erich Fromm. “Avere o essere”, uscito nel 1976, è il compendio delle riflessioni di tutta la sua vita su queste due possibili modalità dell’esistenza umana e le sue conseguenze sociali.Sta a noi scegliere.
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