Quando i Cappuccini osteggiavano i Domenicani
10 Settembre 2021
Il Settecento è stato per la Contea di Gorizia e Gradisca un secolo ricco di fermenti in vari campi, da quello economico a quello culturale, a quello religioso sotto lo stimolo di importanti riforme volute in particolare dall’imperatrice Maria Teresa. Si pensi solo alle innovazioni in campo agricolo per migliorare le colture e gli allevamenti, all’introduzione dell’obbligo scolastico, all’istituzione del Tavolare e alla nascita dell’Arcidiocesi di Gorizia sulle ceneri del disciolto Patriarcato di Aquileia.Di questo vento di cambiamento ne beneficiò anche Cormons che nel campo religioso vide l’apertura di due nuovi conventi grazie all’arrivo dei Domenicani e alla nascita delle Consorelle della Carità e della Dottrina cristiana, che andarono ad aggiungersi ai Cappuccini, presenti nel centro collinare già da quasi un secolo. Di questa nuova vitalità religiosa, che portò alla costruzione delle attuali tre maggiori chiese, tratta il libro “Domenicani a Cormons – Storie e personaggi del Settecento e Ottocento” di Franco Femia, con prefazione di mons. Mauro Belletti, edito dalla Società Cormonese Austria, che con la presentazione fissata per il prossimo 23 settembre sarà disponibile nelle librerie.Si tratta di un’agile pubblicazione di 120 pagine che racconta, avvalendosi d’inediti documenti dell’Archivio dei Domenicani di Bologna, l’arrivo dei Padri predicatori grazie al lascito testamentario del barone Andrea Locatelli, morto nel 1701. Ma anche del fallito progetto dell’arcidiacono mons. Luca Del Mestri, che 50 anni prima aveva tentato di insediare i Domenicani a Cormons affidando loro la chiesa della Beata Vergine del Soccorso sul Quarin.Sono pagine di storia cormonese poco conosciuta, mai fino ad oggi oggetto di organici studi e di pubblicazioni. Nella memoria collettiva il convento e la chiesa di San Leopoldo – originariamente era dedicata anche a San Domenico di cui quest’anno ricorre l’800.mo anniversario della morte – sono legate alla presenza dei Francescani della Provincia veneta, che vi risiedettero dal 1928 al 2007 e di cui sono ancora proprietari del convento e della braida. Poco nota è invece la storia precedente. E Femia con questo libro intende coprire questa lacuna legando le vicende dei Domenicani a quelle delle Consorelle della Carità, di cui sostennero la nascita. L’arrivo dei Domenicani a Cormons non fu salutato da squilli di tromba. Anzi dovettero combattere su più fronti per avere il via libera. La cospicua eredità lasciata da Locatelli ai frati predicatori innescò una serie di contenziosi che videro in prima istanza l’opposizione dei parenti del barone, che mai si sarebbero aspettati un testamento che li privasse di tutte le sostanze e poi tacitati grazie a una transizione stipulata con i Domenicani, desiderosi quanto mai di chiudere alla svelta ogni diatriba. Premeva loro di entrare in possesso di quanto spettava ed esaudire così le volontà del loro benefattore che in cambio dell’eredità obbligava loro di costruire una chiesa con annesso convento e aprire una scuola per i ragazzi del paese.Gli oppositori più tenaci all’insediamento furono i Cappuccini che percorsero tutte le strade, fino a chiedere l’intervento della Congregazione dei vescovi, per impedire la venuta dei Domenicani temendo di perdere parte dei proventi derivanti dalla questua. L’autore del libro percorre, con dovizia di particolari, quegli anni che infiammarono la comunità cormonese perché, oltre ai Cappuccini, sulla vicenda intervennero più volte il Consiglio dei Dodici e il clero locale. Emerge così uno spaccato non solo della realtà religiosa ma anche sociale che si viveva a Cormons in quei primi anni del Settecento.Il libro non si limita a raccontare le vicende dei Domenicani a Cormons, ma spazia a quanto accadeva nella Contea perché in quegli anni un’identica polemica era sorta nel Gradiscano perché, pure ad Aiello si stavano insediando i Domenicani, favoriti ancora da un lascito di un nobile del posto. E anche in questa occasione i Cappuccini, spalleggiati in un primo tempo dagli Eggenberg, signori di Gradisca, diedero battaglia arrivando a coinvolgere la Nunziatura di Vienna. I Domenicani la spuntarono sia a Cormons sia ad Aiello, aprendo i loro conventi che dipendevano da quello principale di Farra sorto già nel 1646 per volontà di padre Basilio Pica, una delle colonne della riforma dell’Ordine dei predicatori legata alla figura del beato Giacomo Salomoni che prendeva vita a Venezia.I Domenicani rimasero a Cormons per 110 anni, dal 1702 al 1812 anno in cui il convento fu soppresso dal Regno italico di Napoleone. I beni dei frati vennero confiscano e messi in vendita, la chiesa venne incamerata tra le proprietà del Comune. I domenicani comunque hanno lasciato una testimonianza storica, che ancor oggi è visibile nel convento e nella chiesa di San Leopoldo, in Borgo dei Frati, da loro eretti. La chiesa conserva il settecentesco coro ligneo scolpito che per bellezza e conservazione non ha confronti uguali in regione. Nello stesso tempio è possibile ammirare un Transito di San Giuseppe di autore sconosciuto e risalente presumibilmente ai primi anni del Settecento. I Domenicani poi avevano commissionato ad Antonio Paroli e Francesco Pavona dei quadri raffiguranti beati e santi della loro congregazione. Sei di queste pitture a olio, restaurate alcuni anni fa a Villa Manin, sono conservate nel museo di arte sacra della parrocchia. Le Suore della Provvidenza possiedono invece una pala d’altare raffigurante la Madonna del Rosario con Bambino e i santi Domenico e Caterina, opera attribuita a Pietro Bainville, che si trovava nella prima chiesuola realizzata dai Domenicani in Villa e poi ceduta nel 1714 alle Consorelle della Carità.Tutte questi dipinti sono stati riprodotti nel libro, la cui iconografia è stata curata da Giovanni Battista Panzera. Ma ci sono anche alcune fotografie inedite del convento. Proprio durante la stesura del testo, sono venute alla luce grazie alla disponibilità di Hannes Glavinsching, un cittadino austriaco, possessore di un album con immagini scattate a Cormons nel 1918 durante la prima guerra mondiali e ora donato alla Società Cormonese Austria. Alcune di queste immagini sono state scattate nel cortile del convento di San Leopoldo, adibito a ospedale-lazzaretto e la cui esistenza fino ad ora non era nota.
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