L’alba che verrà

“Non sapendo quando l’alba verrà, tengo aperta ogni porta”.È questo verso  della poetessa Emily Dickinson a guidare alcune riflessioni sul nostro tempo.Nel confine tanto formale quanto fittizio del Capodanno, tra un 2021 ormai passato ed un 2022 che si apre, scavalliamo da prese di posizione di politica interna sui problemi della povertà, dell’esclusione e della  perdita di lavoro al riaccendersi di venti di guerra europei (“l’assordante rumore di guerre e conflitti” citato da Papa Francesco), dal rinforzarsi di nuovi muri antimigranti all’aggravarsi degli effetti della crisi climatica. Clicchiamo su un fermo immagine che segna tempo di tempesta – perfino da codice rosso in campo sanitario per l’irruzione delle nuove varianti del Covid – senza fermarci alla ritualità augurale di “Buona Fine / Buon Principio” d’uso in questo periodo. Ma com’è questo nuovo tempo? Certo è cambiato davvero tanto, come riporta il sociologo Ilvo Diamanti commentando i dati del Rapporto curato da LaPolis dell’Università di Urbino e da Demos: “Due anni di pandemia hanno cambiato il nostro sguardo sulla società. Sul mondo. E naturalmente sulle istituzioni e lo Stato. Tanto da rendere difficile il guardarsi attorno ed in avanti, perché è arduo prevedere quanto durerà la pandemia. Il disagio di pensare a cosa avverrà domani riguarda più di tre italiani su quattro e l’incertezza si è allargata dagli anziani ai giovani.”La partecipazione alla vita sociale, espressa nelle manifestazioni pubbliche e nelle attività condivise, azzerate prima dal lockdown e poi limitate per l’opportunità di mantenere un adeguato distanziamento fisico, ha cambiato direzione e intensità incidendo sulle stesse relazioni interpersonali. Ne sono derivate importanti ricadute negative in tutti i settori: culturali, sportivi, ricreativi e nello stesso volontariato. Non significa che la democrazia è sospesa, ma certo è diverso il prenderne parte. Sono da ri-pensarne altre modalità espressive, per continuare a mostrare, come ha ricordato il Presidente Mattarella nel suo discorso del 31 dicembre, “il volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale”. Quello stesso volto che il professor Carmina, morto nella recente tragedia di Ravanusa, ha inteso prospettare ai suoi studenti come lascito al momento del suo pensionamento: “Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordete la vita, non adattatevi, impegnatevi… caricatevi sulle spalle chi non ce la  fa. Non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare. Voi non siete il futuro, siete il presente”.