Quarant’anni fa la morte del vescovo Pietro

Quaranta anni fa, l’11 gennaio 1982, ci lasciava monsignor Pietro Cocolin. Era un lunedì sera e nella cattedrale i fedeli si stavano preparando a una Messa di preghiere officiata dall’allora preposito capitolare mons. Giusto Soranzo, quando giunse la notizia che il generoso cuore del vescovo aveva cessato di battere dopo due giorni di agonia. E tutta la Diocesi si sciolse in pianto per il suo pastore che l’aveva guidata per 15 anni, anni d’intensa pastorale spinta da un vento del Concilio. che era da poco terminato e aveva pervaso la Chiesa.Sono passati 40 anni e oggi la figura di mons Cocolin appare un po’ offuscata, dimenticata. Lo scorrere del tempo è inesorabile, ma per chi lo ha conosciuto e ha vissuto quella stagione, il ricordo di Cocolin è rimasto intatto. Sembra ieri, e sebbene siano passati 40 anni è giusto, doveroso, importante rievocare quegli anni vissuti con intensità dalla Chiesa goriziana.Mons. Cocolin – don Rino come la gente lo chiamava affettuosamente – era l’uomo, il prete di questa terra, ricco di quella saggezza contadina che lo ha aiutato a capire e vivere il tempo e la storia della sua gente fin da quando nel 1944 ha iniziato il suo ministero sacerdotale a Cormons. Ha lasciato poi la sua impronta nella Bassa, a Terzo e ad Aquileia per confrontarsi poi con il mondo del lavoro a Monfalcone. E del mondo del lavoro, delle sue fatiche e durezze, ha avuto sempre grande attenzione e premura anche da vescovo: senza essere tirato per la tonaca, si è schierato dalla parte dei lavoratori, è sceso in piazza, soprattutto quando la crisi attanagliava le fabbriche, dal Cotonificio ai Cantieri, e gli operai finivano in cassa integrazione se non addirittura licenziati. Ha interpretato il momento forte della Chiesa locale emerso dal Concilio, ma ha avuto la lungimiranza di guardare oltre i confini della diocesi mettere in pratica l’idea di una Chiesa missionaria. Ed è nato così nel 1973 l’impegno di andare con i propri missionari – sacerdoti, religiosi e laici . ad aiutare i fratelli africani nella diocesi di Bouakè, in Costa d’Avorio. Un impegno che dura tuttora.Era l’uomo del buonsenso e del dialogo, con i suoi confratelli, con i politici. Con tutti. Parlava il friulano o lo sloveno per mettersi in sintonia con la sua gente, verso la quale ha sempre mostrato un amore incrollabile, incrollabile come la fede nata in famiglia e rafforzata poi negli anni.Mons. Cocolin è stato un grande vescovo, figlio di questa terra, che seppure siano passati alcuni decenni non solo non va dimenticato, ma va riscoperto per quell’esempio di vita, come uomo, prete e vescovo, che ci ha lasciato.