Monfalcone: favorire incontri e interazioni

Come a Gorizia, anche a Monfalcone nei prossimi mesi i cittadini saranno chiamati alle urne.Quali sono in questo momento le priorità in città? Quali necessità emerse dopo i due anni terribili che hanno causato un vero terremoto a tutti i livelli? Quali prospettive per una città che già si caratterizza per la sua multietnicità?Ne abbiamo parlato con i due responsabili delle Unità pastorali della città di Monfalcone, don Flavio Zanetti e don Paolo Zuttion.

Don Flavio, don Paolo, come vedete vivere nelle comunità questo periodo di pandemia?don Flavio: Questo tempo ha accelerato una serie di processi che già c’erano e fatto emergere più chiaramente dei punti di forza e di debolezza delle nostre comunità. Si è evidenziato che, anche se abbiamo certi cristiani ben saldi nella fede, le nostre comunità sono molto frammentate, “sfilacciate”: abbiamo soprattutto assemblee liturgiche che non sempre raccolgono delle persone che condividono lo stesso senso di appartenenza e che non si rinnovano. E’ un dato sociologico che a Monfalcone vi siano molti anziani e pochi giovani e che molti di questi ultimi vengano da paesi, con altre tradizioni religiose; vi sono ancora un certo numero di persone che si rivolgono alle parrocchie per i sacramenti ma le nostre comunità sono sterili, non generano alla fede. E’ stata fatta la scelta prudenziale di ridurre al massimo le riunioni extra liturgiche per adulti e buona parte delle decisioni sono state prese dall’équipe pastorale. Questo ha trovato la gratitudine e l’apprezzamento di alcuni e il malcontento di altri. Certamente la difficoltà negli incontri ha creato qualche incomprensione.Diversi cristiani soffrono ripensando ai “bei tempi passati” che vorrebbero veder riprodotti, la maggior parte fa difficoltà ad accettare una realtà che è cambiata e non vivono questo tempo come un’occasione favorevole per rinnovarsi.don Paolo: Questa domanda mi porta alla mente il vangelo della V domenica del Tempo Ordinario, Mc 5,1-11, la pesca miracolosa e la chiamata dei primi apostoli.Hanno pescato tutta la notte e si ritrovano con le reti vuote, vivono un momento di totale  sconforto. Una situazione in cui provano la loro fragilità ed impotenza. Questa scena del vangelo rispecchia la nostra realtà di Chiesa oggi.Un commento di padre Silvano Fausti a questo brano ipotizzava che, molto probabilmente, Marco scrive questo passaggio per una comunità delusa ed in crisi.Questa pandemia ha messo a nudo la realtà di comunità cristiane estremamente fragili; pensiamo, per fare un esempio al crollo delle presenze alla messa domenicale, dove il problema non è la solita mania clericale di vedere le chiese piene ma, essendo l’eucarestia la fonte e il culmine della vita della Chiesa, dobbiamo chiederci: come si nutrono i nostri cristiani senza la celebrazione della Pasqua domenicale? Quello citato è l’esempio più evidente, ce ne sono molti altri di una situazione che ci spinge a guardare con verità la realtà.Il vangelo, come ben sappiamo, non finisce con le reti vuote ma accade, proprio in questo momento di estrema fragilità, che gli apostoli fanno l’esperienza di chi è Gesù e, obbedendo e fidandosi della sua parola, vanno al largo, cambiano strategia e riempiono le barche di pesci. Quello che viviamo è quindi un tempo favorevole, dove tutto muta, un cambio d’epoca nel quale siamo chiamati come singoli e come comunità ad incontrare e conoscere più radicalmente Cristo. Alcuni segni che ci invitano ad andare più al largo, ad essere una “Chiesa in uscita” si sono, a mio avviso, mostrati con evidenza in questa pandemia che ha prodotto grandi sofferenze e ha fatto emergere in diverse persone domande latenti sul senso della vita, sul senso del dolore, sulla morte. Questi anni ci hanno fatto comprendere la centralità della famiglia nella comunità e penso alle liturgie famigliari nei momenti di chiusura totale.Sono sempre più convinto che la nuova evangelizzazione dovrà partire dalla comunità famigliare per vincere anche quel mostro così presente nella nostra società e che ha mostrato il suo volto più becero in questa pandemia: la solitudine cui sono state condannate soprattutto le persone anziane. Dobbiamo ricostruire relazioni di vicinato e questo si può intraprendere a partire dalla famiglia.Volendo infine esprimere un mio desiderio, è che questo tempo possano viverlo le nostre comunità, tutti noi, cominciando da me, come un tempo di grazia dove lo Spirito che guida la Chiesa ci sta portando a superare i vecchi schemi di una Chiesa che non riesce più a rendere presente nel mondo d’oggi la bellezza della vita cristiana, credo che questo sia anche il desiderio del papa, che in questa prospettiva ha indetto questo sinodo.  Mi auguro che questa crisi non sia successa invano perchè, come dice il papa,”Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”.Alla luce di ciò, dal vostro particolare “osservatorio” sulla città e sulla società, quali ritenete dovrebbero essere le priorità per la futura amministrazione comunale?don Paolo: Monfalcone è una realtà molto complessa, io la definisco un laboratorio che prepara  e anticipa l’Italia di un futuro che è già presente. Amministrare questa citta è quindi un compito molto articolato. Fondamentale per me è partire dal principio di realtà, ovvero una città multietnica con oltre il 28,6 % di stranieri provenienti da più di ottanta nazioni, dove i bambini italiani che nascono sono minoritari.Questi pochi dati ci mostrano la complessità della città e il primo obiettivo dell’amministrazione comunale è l’integrazione di queste persone, che non vanno considerate come un peso che la nostra società deve sopportare, ma come una presenza di cui le nostre vecchie società dell’Europa hanno bisogno, anche tenendo conto dell’inverno demografico di cui la nostra regione è un esempio tra i più evidenti. In un ipotetico venir meno, ad esempio, delle badanti sul nostro territorio, domandiamoci quali conseguenze ci sarebbero.Integrare non è un processo facile perché richiede un incontro tra varie culture che si rispettano e non si guardano dall’alto in basso L’amministrazione comunale deve mettere in atto ogni sua possibilità per favorire questo processo. Non percorrendo questa strada si rischia quanto accaduto in Belgio o in Francia, che hanno vissuto questo problema prima di noi, senza uscire dalla logica del ghetto da entrambe le parti e con le conseguenze che tutti conosciamo.Questa mi sembra la priorità specifica per Monfalcone, senza dimenticare le altre realtà: gli anziani, il problema della solitudine, i giovani e le problematiche riguardanti le dipendenze, il problema degli alloggi, realtà molto presente in città.Certamente l’elenco sarebbe ancora lungo, vista la complessità del tempo che viviamo; amministrare la città, quindi, è un’opera complessa, che richiede una visione politica alta, con prospettive lungimiranti, essendo soprattutto coscienti che stiamo gettando le basi per una società nuova.don Flavio: E’ evidente che l’amministrazione comunale è chiamata ad aiutare la convivenza di tante persone diverse per provenienza e mentalità, aiutando tutti a sentirsi “a casa loro” e in particolare gli autoctoni a non sentirsi “stranieri a casa loro”. Per questo trovo importante:- trovare strumenti per aiutare le persone a conoscersi e ad avere relazioni cordiali (uno importantissimo è permettere a tutti di utilizzare la lingua italiana: vale per i bengalesi, ma anche per tanti serbi, croati, rumeni);- aiutare gli uni e gli altri al senso del rispetto delle regole (non evidente nemmeno per tanti italiani) con indicazioni, sensibilizzazioni e controlli;- incoraggiare  gli italiani a rimanere a vivere a Monfalcone con reali misure anche economiche;- migliorare ulteriormente la qualità della vita (servizi, salute non solo ospedale ma servizi domiciliari, assistenza agli anziani i servizi ai cittadini);- offrire per i giovani spazi sicuri di gioco, di sport e di crescita e occasioni di “aggancio” per chi rischia di prendere strade pericolose;- aiutare il mondo del lavoro offrendo opportunità, prospettive (dal porto alle varie attività produttive, sia quelle industriali ma anche il commercio, anche quello minuto) e garanzie sia per i lavoratori che per la popolazione tutta (in termini di occupazione ma soprattutto in termini di salute);- favorire i luoghi e le occasioni di incontro;- rendere la città ancora più bella e vivibile, ove ci si possa sentire a proprio agio.

Monfalcone, ormai da tempo, si caratterizza per essere appunto una città dalla società multietnica. Anche in questo caso, quali sono le esigenze primarie, i passi da compiere, per far sì che la cittadina, come suggerivate, possa essere sempre più luogo di integrazione e interscambio?don Flavio: E’ importante favorire incontri e interazioni, offrendo accoglienza, informazioni e formazione. E per incoraggiare questo, pensare a dei “premi”, vantaggi, opportunità.Per questo uno strumento essenziale è la lingua comune, che qui è quella italiana, che va insegnata, promossa, diffusa, premiando chi la usa. Tanti non sanno esprimersi, tanti non capiscono quel che si dice, soprattutto donne (ma anche uomini, sia del Bangladesh sia da paesi balcanici). Che ciascuno a casa sua usi pure la sua lingua materna, che i vari gruppi comunichino come meglio credono ma che tutti abbiano uno strumento per comunicare efficacemente tra di loro, per approfondire effettivamente la conoscenza reciproca e le relazioni.Un’altra attenzione è quella del poter spiegare come “funzionano le cose” qui : la società italiana, l’Italia con i suoi valori, Monfalcone, alcune leggi fondamentali, alcuni modi di vivere… Sapere dove ci si trova e come ci si comporta aiuta a vivere meglio.don Paolo: A tal proposito vorrei citare il Papa: è illuminante questo passaggio che dice: “L’integrazione, che non è né assimilazione né incorporazione, è un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell’altro. Per quanto riguarda le popolazioni autoctone, esse vanno aiutate, sensibilizzandole adeguatamente e disponendole positivamente ai processi integrativi, non sempre semplici e immediati, ma sempre essenziali e per l’avvenire imprescindibili. Per questo occorrono anche programmi specifici, che favoriscano l’incontro significativo con l’altro”.Rivolgendosi alle comunità Cristiane il Papa continua: ” per la comunità cristiana l’integrazione pacifica di persone di varie culture è, in qualche modo, anche un riflesso della sua cattolicità, giacché l’unità che non annulla le diversità etniche e culturali costituisce una dimensione della vita della Chiesa, che nello Spirito della Pentecoste a tutti è aperta e tutti desidera abbracciare”.Ritengo importante seguire, come cristiani, soprattutto a Monfalcone quanto papa Francesco afferma, perché c’è una tendenza numerosa, anche all’interno della Chiesa a seguire altre logiche, opposte a quelle del Santo Padre.La comunità cristiana, soprattutto in questo tempo deve essere luce per mostrare, soprattutto con la testimonianza della vita, che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre.

Monfalcone è caratterizzata inoltre per la presenza del grande cantiere navale. Funge ancora da attrattiva per i lavoratori? Credete che in futuro cambierà qualcosa – o magari sarà necessario cambiare qualcosa -?don Paolo: Grazie a Dio il cantiere sta attraversando un momento dove le attività hanno il vento in poppa. Ci sono commesse di navi da crociera per ancora diversi anni e spesso c’è carenza di manodopera soprattutto specializzata.Il cantiere ha presentato nei bilanci cifre da record, in questi ultimi anni, alimentando un indotto presente sul territorio di dimensioni enormi. Il cantiere è il motore principale dell’economia isontina e di una parte del basso Friuli. La stragrande maggioranza degli immigrati in città arrivano perché lavorano alla costruzione delle navi.Il cantiere è una risorsa enorme dove però costante è il rischio, visti il sistema degli appalti e subappalti, che non vengano adempiutii basilari criteri di rispetto delle norme di sicurezza e di equità dal punto di vista salariale e di giustizia verso i lavoratori, rispettando gli orari di lavoro, i tempi di riposo, ecc., evitando lo sfruttamento senza cedere alla logica del mero profitto.Questa attenzione la ritengo un’opera costante soprattutto educativa in una realtà multiculturale dove ci sono visioni molto diverse sul lavoro, sulla sicurezza, sui diritti dei lavoratori, sulla giusta retribuzione a chi lavora. Se non ci sono un costante controllo ed educazione, questa enorme risorsa può rischiare di tollerare nel suo seno delle realtà che calpestano la dignità della persona.don Flavio: Il cantiere è molto cambiato in pochi anni, rimane un’attrattiva per tantissime persone. I dipendenti della Fincantieri sono relativamente pochi, la maggior parte delle lavorazioni sono affidate a ditte in appalto. Oggi si lavora così, è vero, ma possiamo far evolvere ulteriormente questo sistema per migliorare la qualità della vita dei lavoratori e l’economia locali. Un elemento che può certamente aiutare in questo senso è il fatto che il cantiere ha commesse che assicurano lavoro per diversi anni: questo può permettere studi, programmazioni e azioni precise e lungimiranti.

Per finire, descrivendo ora Monfalcone attraverso un’immagine, quale sarebbe?don Paolo: Quella di un mosaico in costruzione, dove ci sono tante tessere di diversi colori che attendono di essere collocate per formare un armonioso e bel mosaico.don Flavio: E’ una tavolozza su cui tanti stanno dipingendo: o ci coordineremo almeno un po’ e ne uscirà un bellissimo quadro, o ci metteremo gli uni i pennelli negli occhi degli altri e non avremo nulla di bello.