L’apertura verso l’altro costruisce la pace

Giovedì scorso, 17 marzo, l’arcivescovo di Maribor, mons. Alojzij Cvikl S.J. ha partecipato ad un confronto (cfr. pagina 18) con l’arcivescovo Redaelli al Kulturni Center Bratuz nell’ambito delle iniziative per la festa dei Santi Patroni della città, i santi Ilario e Taziano.Quale rettore in passato del Pontificio Collegio Russo, mons. Cvikl ha maturato anche una notevole conoscenza della realtà dell’area balcanica e dei rapporti fra le Chiese che in essa convivono.

Eccellenza, Lei è stato a lungo rettore del Russicum. Un luogo dove nella quotidianità si vive un’esperienza di convivenza fra ortodossi e cattolici nella quotidianità e nella preghiera. Ci da una lettura di quanto sta avvenendo in queste settimane in Ucraina?Sono stato rettore per nove anni, dal 2001 al 2010, del Pontificio Collegio Russo: lì vivevano insieme ortodossi, greco-cattolici e latini provenienti da Russia, Ucraina e Slovacchia ed alcuni anche da Serbia e Grecia.In questa esperienza era particolarmente significativa e bella l’apertura che ciascuno aveva verso l’altro: io mi posso arricchire della tradizione dell’altro se sono aperto.Questo stato d’animo segnava la quotidianità nella vita del Russicum. Il rispetto verso chi viveva nel Collegio era palese anche nel momento della preghiera. Ciascuno aveva la propria cappella ma quando gli ortodossi, ad esempio, celebravano le loro feste religiose più importanti accoglievano nel loro luogo di culto anche i latini ed i greco-cattolici ed a propria volta divenivano ospiti nelle ricorrenze delle altre Chiese… Imparare a condividere le esperienze dell’altro, pregando ed operando insieme, è proprio l’atteggiamento che contraddistingue la ricerca della pace.Se adesso guardiamo all’Ucraina, vediamo che sul suo territorio c’è la presenza di quattro Chiese: quella latina, quella greco-cattolica, quella ortodossa-ucraina e quella ortodossa-russa. Sino allo scoppio della guerra queste Chiese hanno convissuto insieme anche se non sempre quello fra loro è stato un dialogo facile.Mi ha colpito che nei momenti di preghiera che gli inviati di papa Francesco, i cardinali Konrad Krajewski, elemosiniere, e Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, hanno avuto la scorsa settimana al confine fra Polonia ed Ucraina ed in Ungheria hanno avuto accanto anche i rappresentanti delle altre Chiese cristiane. E quando il Santissimo sacramento è stato prelevato dalla cattedrale di Kiev per essere spostato in un luogo più sicuro, al suo passaggio si inginocchiavano tutti, non solo i cattolici.La preghiera è l’elemento che unisce: la speranza è che essa possa vincere l’odio e quanto di brutto la guerra porta con sè. E questo diventa ancora più importante se ricordiamo che quando le armi tacciono lasciano comunque aperte ferite che potranno guarire solo dopo molti anni.E così, personalmente, da una parte guardo alla situazione in Ucraina con molta tristezza perchè vedo le persone e le Chiese soffrire ma dall’altra la preghiera che tutti stanno elevando al Signore per la pace mi offre una speranza. La speranza che alla fine questo odio e questa guerra termineranno e si cercherà un dialogo per trovare un compromesso per un domani dove ci si rispetti l’un l’altro vivendo in pace.

Fatta salva la forza della preghiera, cui Lei poco fa accennava, che spazio può avere il dialogo fra le Chiese nella ricerca di una pace duratura per l’Ucraina? La guerra in corso rischia di rallentare o addirittura interrompere il dialogo fra il Patriarcato di Mosca ed il Papato di Roma?Temo che ciò possa avvenire! E per questo sono stato ancora più felice quando martedì scorso papa Francesco ed il patriarca russo Kirill si sono visti e sentiti in videoconferenza: è stato davvero una segno di speranza!Papa Francesco continua a cercare iniziative – pur in questo momento di crisi – che evitino la rottura del dialogo e dell’amicizia avviati in passato con il patriarca. Certamente non è un percorso facile ma sono convinto sia questa il cammino da continuare a percorrere. Il Papa continua a ripeterci che si troverà la strada perchè la guerra finisca e ritorni la pace e questa sua fiducia è anche per noi un segno di speranza nel futuro!